Fa discutere il sì della Camusso alla Tav – anche se è un sì che la stessa leader della Cgil ha precisato essere stato preso tempo fa durante il congresso del sindacato. Fa discutere soprattutto all'indomani della manifestazione della Fiom in cui sono state accolte le proteste del movimento anti alta velocità. E fa discutere anche a sinistra.
«L'opinione di merito sulla Tav non c'entra, ma sostenere come fa Susanna Camusso che una grande opera va realizzata non perché serve come infrastruttura ma perché porta lavoro significa attestarsi su una posizione archeologica». Lo affermano i senatori ecodem Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. «Il lavoro si costruisce promuovendo l'innovazione, liberando l'economia dal peso di lobby e immobilismi, puntando su ricerca, scuola e ambiente che per un Paese come il nostro sono le principali materie prime - proseguono - Invece le infrastrutture almeno nei Paesi avanzati si fanno se sono utili a migliorare la qualità dei servizi, per esempio dei servizi di trasporto, nell'interesse dei cittadini e delle imprese. Questo è l'unico criterio accettabile su cui decidere anche nel caso della Tav Torino-Lione: va fatta se serve a rendere più moderno e sostenibile il trasporto delle merci, altrimenti è soltanto uno spreco».
«In Italia nel corso degli ultimi decenni sono stati sperperati miliardi e miliardi di soldi pubblici per fare opere inutili giustificate appunto con il fatto che 'portavano lavoro': così ci ritroviamo con poli industriali senza senso e senza futuro, con moltissime autostrade e pochissimo trasporto pubblico locale - concludono - È preoccupante che il più grande sindacato italiano difenda ancora questa logica».
Del tutto condivisibile la critica dei due parlamentari del PD alle dichiarazioni di Camusso. Una sola osservazione. Quando Della Seta e Ferrante definiscono “archeologica” la posizione del segretario della Cgil intendono “arcaica”, “superata”. Ma in realtà essa è davvero “archeologica”: come l’archeologia, aiuta a guardare indietro e a imparare dal passato, dalla nostra storia, nella storia del movimento sindacale italiano. E allora si scopre che in altri tempi il sindacato seppe cogliere l’occasione del lavoro per proporre una “modernizzazione” che era alternativa a quella che l’indirizzo liberal-liberista proponeva. Mi riferisco al “piano del lavoro” di Giuseppe Di Vittorio, il cui significato abbiamo ricordato in un eddytoriale, sollecitato da una posizione espress (quella volta da Rossana Rossanda) su un tema analogo a quello che ha sollecitato la dichiarazione della dirigente della Cgil. L’obiettivo della crescita indefinita di una produzione sempre più lontana dalle reali esigenze dell’umanità è una un mito al quale una parte troppo larga della sinistra rimane ancora subalterno. Ne è largamente permeato, del resto, lo stessa formazione politica in cui militano i due autori della critica a Camusso.