«L'ultimo atto di una sinistra anti-industrialista»: Luca Cordero di Montezemolo «teme» che in questo si traduca il decreto contro l'insicurezza sul lavoro varato ieri sera dal governo, nell'ultimo giorno disponibile prima di una scadenza-termini che avrebbe rimandato il tutto al prossimo governo. Detta a un ex presidente dell'Iri passato alla storia per le privatizzazioni dell'industria pubblica (una su tutte, la svendita a prezzo stracciato dell'Alfa Romeo alla Fiat), suona un po' grossa. Ma la riconoscenza e la memoria non sono di questo mondo.
«Con le sanzioni non si salvano le vite», ha chiosato acido il presidente di Confindustria. Chissà perché è un'affermazione che nessuno ha osato pronunciare a proposito di un altro decreto sicurezza, quello varato in poche ore e senza nessun travaglio dopo l'omicidio della signora Reggiani a Roma, a opera di un poveraccio. Un provvedimento, reiterato la scorsa settimana, che limita la libera circolazione dei cittadini comunitari e che secondo Amnesty international «mette a rischio i diritti umani». C'è sicurezza e sicurezza: poco importa che ogni giorno muoiano più persone lavorando di quante ne vengano assassinate per strada.
«Si punta solo sull'inasprimento delle pene». Sono ancora parole di Montezemolo. A Confindustria non basta che il governo abbia attutito le sanzioni per le imprese fuorilegge (quelle che, per esempio, trasgrediscono la direttiva Seveso sulle produzioni pericolose per chi lavora e per chi ci vive attorno), trasformando il carcere in multe. L'organizzazione degli industriali italiani considera la sicurezza un prezzo troppo alto, perché sa che la gran parte dei suoi affiliati trasgredisce regolarmente quelle norme per contenere il costo delle proprie produzioni. Cos'altro potrebbe sostenere un sistema industriale che compete principalmente sul costo del lavoro?
«Servirebbero più formazione, più prevenzione, più cultura della sicurezza». Su questo il presidente di Confindustria ha perfettamente ragione, meglio affrontare il problema alla radice. Ma chi dovrebbe fare formazione, prevenzione e cultura della sicurezza? Chi dovrebbe mettere i lavoratori nelle condizioni di sapere i rischi che corrono, di avere le conoscenze per evitarli, di non correre come dei pazzi accettando qualunque condizione? E non è forse la politica industriale prevalente in Italia a impedire tutto ciò? A Montezemolo gli antichi risponderebbero: de te fabula narratur.
Il decreto varato dal governo uscente di per sé non risolve il problema dell'insicurezza sul lavoro, può semplicemente limitare qualche danno, arriva persino tardi. Ma i padroni ne parlano come roba da Soviet e l'ostacoleranno con ogni mezzo: non si sono accorti che Walter Veltroni ha dichiarato finita la lotta di classe, ricomponendola in un'accogliente lista elettorale.