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Franco Cordero
Dall’immunità al Quirinale
1 Luglio 2008
Articoli del 2008
I trucchi di Berlusconi per diventare compitamente Re d’Italia, comandando da solo i tre poteri pubblici (legislativo,esecutivo, giurisdizionale) oltre a quello economico e quello (in)formativo. La Repubblica, 1 luglio 2008

LA STASI generale dei processi è un espediente faute de mieux: B. vuole l’immunità, reiterata nell’ascesa al Quirinale; e che intanto il dibattimento milanese dorma. S‘è visto perdente nel giudizio a regola d’arte (ai bei tempi li affatturava): se no, quale migliore occasione d’un dibattimento trionfale?; così conclude chiunque, munito d’un cervello, non militi sotto bandiera blu (colore della nuova pirateria, epoca «Beautiful»). La sua difesa è l’abusato giuramento purgatorio sulla testa dei figli, quarta volta: tali messinscene valevano poco già otto secoli fa, quando un canone del IV Concilio Laterano, anno 1215, squalifica l’obsoleta macchina giudiziaria vietando ogni apporto ecclesiastico alle «purgationes vulgares» (ordalie e duelli); dalla crisi emergono i sistemi inquisitori (raziocinio empirico sulla questione storica, giudici professionisti, fonti romane, leggi imperiali, statuti). Nella consueta chiave paranoide mima il gesto delle manette davanti ai Confesercenti che lo fischiano: toghe sovversive l’hanno condannato in segreto, sei anni, ma lui non è un povero diavolo inerme; cambierà le regole nell’interesse collettivo, Robin Hood delle libertà; e honny soit chi insinua sospetti d’un profitto personale. A ogni costo deve impedire la decisione milanese. Il famigerato emendamento sulla sicurezza viene utile sotto due aspetti: gli blinda un anno; e mettono paura le centomila cause che manda al diavolo per bloccare la sua. Non è discorso da cavaliere immacolato: li preoccupa la routine sconvolta?; gli garantiscano l’immunità, legando nel frattempo lo scomodo tribunale. Così parlano gli estorsori (art. 629 c. p.): «chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da 5 a 10 anni»; e nessuno se ne stupisce, tanto poca notizia fa Tortuga emersa nell’Olona. Che batta bandiera nera, è già chiaro quando i networks nascenti invadono l’etere, protetti da governanti complici, finché una vergognosa legge ad divum Berlusconem, cosiddetta Mammì (Oscar, ministro delle Poste), consacra il duopolio, ed è niente rispetto al séguito. Cade Craxi premier: affogano i tre del Caf, Craxi, Andreotti, Forlani; il pirata delle tv salta in politica, condottiero forzaitaliota; raddoppiando ogni volta la posta, oltre ad arricchirsi smisuratamente insegue l’en plein assoluto; se il colpo riesce, l’Italia sarà una signoria berlusconiana.

Non ha perso tempo. Venerdì 27 giugno Palazzo Chigi vota un ddl. a beneficio dei quattro presidenti: lui viene modestamente ultimo, dopo Quirinale, Palazzo Madama, Montecitorio; saranno immuni dal processo. Avviene nelle migliori corti europee, spiegano al pubblico i soliti piccoli Goebbels: gli elettori hanno diritto a un governo stabile; come può adempiere l’alto compito chi abbia addosso dei persecutori? Fandonie. I premier d’Europa non godono d’alcuno scudo, salvo l’eventuale autorizzazione a procedere quando siano parlamentari (in Francia e Olanda non lo sono) e viga tale ormai incongrua tutela, qui abolita dall’art. 1 l. c. 29 ottobre 1993 n. 3 (come in Belgio: altrove non è mai esistita, vedi Usa, Inghilterra, Svezia): risaliva ai tempi in cui oppositori scomodi rischiassero pressioni da una magistratura lunga mano del potere esecutivo; nell’Italia attuale il fine sarebbe inverso, lasciare impuniti gli uomini del re-padrone. Qualcosa della nient’affatto riguardosa prassi statunitense sappiamo dal caso Clinton-Levinski. Insomma, B. sarà l’unico capo del governo immune in quanto tale.

Il clou sta nell’art. 5: i processi restano sospesi finché dura la carica e la sospensione «non è reiterabile»; parrebbe uno sbarramento equo ma in cauda venenum, «salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura». Undici parole, soppesiamole. Due casi sono chiari: Il governo è affondato: dopo Primus viene Secundus; affonda anche lui; riappare Primus e perdurando la legislatura, rivive l’immunità. La seconda conclusione sicura è che a tali fini non valgano uffici diversi in legislature distinte, altrimenti un presidente del consiglio planerebbe au dessus de la loi 22 anni se, avendo governato per 5, nei 10 seguenti presiedesse Camera alta e Camera bassa, scalando infine Monte Cavallo. L’art. 5 ammette il bis solo rispetto alla «nuova nomina» durante «la stessa legislatura»: ora, niente impedisce che l’ex premier guidi una Camera o tutt’e due o la Repubblica; nella quale ultima ipotesi verosimilmente cade il limite dell’immunità alla singola legislatura; eletto in termine, la conserva sette anni. Sappiamo dove miri B.: puntava al Colle già nel secondo governo; vuol salirvi con i poteri d’un De Gaulle o Bush, mettendo a Palazzo Chigi qualche commesso ubbidiente e revocabile; tale resta l’obiettivo ma c’è una deadline o termine finale, oltre cui l’Eldorado svanisce (metafora molto realistica perché nemmeno lui sa quanti miliardi gli pioverebbero in soprannumero politico); il tutto deve accadere nella XVI legislatura. I conti sono presto fatti: Camera e Senato durano 5 anni, prorogabili con una legge, «soltanto in caso di guerra» (art. 60 Cost., c. 2); evento improbabilissimo; il quinquennio spira nell’aprile 2013; poco dopo scadono i sette dell’attuale Presidente; il quale fissa l’elezione entro 15 giorni dalla riunione delle Camere nuove; l’art. 85. Cost, c. 3, gli proroga i poteri; idem qualora manchi meno di tre mesi allo scioglimento delle Camere.

Se tutto va secondo i suoi calcoli, dunque, B. diventa capo dello Stato, presiedendo il Csm: sono gesta da Nave dei folli (tema ricorrente nella pittura didascalica quattro-cinquecentesca), visto che animale da preda sia e cosa pensi dei magistrati (mestiere sporco, vi confluiscono gli affetti da turbe mentali; e progetta visite psichiatriche); saranno spettacoli d’una strabica Dike fescennina ma, svanita l’immunità, eccolo in tribunale sotto l’accusa d’avere pagato un testimone perché mentisse. Non può succedere: il suo mondo ha qualche aspetto psicotico, però Leviathan, alias Caimano, è azzannatore infallibile; molti deliri sono coerenti; e nelle psicosi «acted out» il delirante modifica l’ambiente adeguandolo a sé. Dovendo essere eletto in questa legislatura, presuppone l’esodo dell’attuale Presidente. I casi sono tre: morte (nessun precedente); impedimento da malattia (Antonio Segni); dimissioni (Giovanni Leone). In tal senso aveva accennato una mossa. Resta da dire che mostro sia in termini costituzionali il ddl. dei quattro presidenti (meglio denominabile «c’est Moi», maiuscolo), e l’argomento richiede discorsi terribilmente seri.

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