Per i comitati è una doccia fredda: Il Tar ha detto no. Respinta la richiesta di sospensiva dei lavori per la base americana al Dal Molin. Tre le motivazioni: primo, la «insindacabilità» della decisione del governo; secondo, l'opera attiene «alle esigenze di difesa nazionale»; terzo, la base «al momento dell’avvio del procedimento» cioè «al 15 06 05» risultava sottoposta alla legislazione italiana in materia ambientale, che prevede deroghe alla Via nei casi, appunto, di opere per la difesa nazionale. La richiesta di stop ai lavori – avanzata da Legambiente, coordinamento comitati, Più Democrazia e con l'appoggio del Comune di Vicenza - era motivata con le ultime novità: l’inizio dei lavori, in una situazione di mancata Via e di assenza di un
progetto esecutivo.
«E’ allucinante: i giudici sono andati anche oltre le tesi dell’Avvocatura di Stato – è il commento a caldo di Giancarlo Albera del coordinamento dei comitati -. Affermano che il procedimento sia iniziato nel 2005, quando il Comipar diede il sì due anni dopo. Nel 2005 si parlava di una base ad est della pista, mentre ora i lavori sono iniziati ad ovest. E' tutta un'altra cosa». La contraddizione, secondo i comitati, è palese: «Il Tar nelle precedenti sentenze ha detto che non c'era un progetto definitivo, motivo per cui non si poteva pronunciare. Ora si pronuncia riferendosi a un fumoso “procedimento” di quattro anni fa. O è vera una cosa, o è vera l'altra – attacca Albera -. Non è finita. Mi consulterò con gli avvocati e con il Codacons».
Cinzia Bottene, consigliera comunale di Vicenza Libera, parla di «considerazioni non accettabili: non c'è nessun documento ufficiale che attesti che si tratti di opera nazionale. Poi parlano di insindacabilità della decisione politica, riferendosi alla sentenza del consiglio di Stato di ottobre che vietò il referendum. Nessuna decisione in democrazia è insindacabile». Nel futuro c'è un viaggio in terra americana: «In Italia i diritti della gente non trovano ascolto. Ci rivolgeremo alle autorità di Washington».
A Washington pensa anche Valentina Dovigo, presidente di Legambiente vicentina: «Se fossi Obama mi vergognerei di costruire una base militare in questo modo. Riescono a rigirare i regolamenti pur di giustificare l'assenza della Via, arrivando ai limiti dell'irrazionalità. E' uno schiaffo nei confronti di quello di buono che la cultura ambientalista ha aggiunto alla politica in tutti questi anni. Pensavamo che la compatibilità ambientale fosse un fattore acquisito, così come la cultura della legalità».