Un grande patrimonio d'intelligenza e di consensi, di partecipazione e di speranze sprecato in un quinquennio che non lascia molta fiducia nel futuro. Ilmanifesto.info, 13 febbraio 2016
Da Moratti a Moratti: alla fine il bilancio della giunta Pisapia è questo. Pisapia era stato eletto sindaco nel maggio del 2011 sull’onda di una mobilitazione culminata nella vittoria dei referendum contro la privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici locali e contro il nucleare. La sua elezione poneva fine a venti anni di potere della destra e altrettanti di dominio craxiano ed era stata sostenuta da una straordinaria partecipazione di base alla campagna elettorale: comitati per Pisapia (poi comitati per Milano, ma subito rinsecchiti) in tutti i quartieri della città, intellighenzia (quel che ne resta), creativi, borghesia d’antan, parrocchie e persino centri sociali. Poi, contestualmente a quella dei referendum abrogativi nazionali, la vittoria in cinque referendum consultivi cittadini.
Che cosa ha prodotto quel cambio di rotta? Il profilo morale o intellettuale di Pisapia non è in discussione. Che però, due giorni dopo il suo insediamento è volato a Parigi, nella sede del BIE (Bureau Internationale de l’Exposition), per impegnarsi nella realizzazione di expò secondo il percorso avvelenato messo a punto dalla Moratti. Un percorso che abbandonava il progetto, già di per sé assurdo, di un orto da piantare sui terreni inquinati di Pero (per mostrare al mondo come “nutrire il pianeta” Milano disponeva del più vasto parco agricolo d’Europa da riconvertire a un’agricoltura sostenibile), per dedicarsi alla cementificazione del sito e alla speculazione edilizia in programma per il dopo expò (intento fallito per il successivo crollo del mercato edilizio).
Da allora tutte le energie della Giunta sono state incanalate prima a rimettere e poi a tenere in piedi expò, peraltro partito male e in ritardo perché i primi anni erano stati interamente dedicati – e si capisce il perché – alla spartizione degli incarichi. Che cosa abbia significato expò è chiaro da sempre a chi lo vuol vedere e oscuro per sempre a chi non vuol capire. Cemento e asfalto (anche a chilometri di distanza dal sito, e senza alcun collegamento con esso), opere inutili come le famigerate vie d’acqua, corruzione sistematica (arresti a go-go), infiltrazioni mafiose, deroghe alla normativa sul lavoro, lavoro nero, lavoro gratuito (expò è stato di fatto il laboratorio del Jobs-act), debiti, compresi quelli che devono ancora emergere e che Sala ha accuratamente nascosto nel non-bilancio che ha presentato, che graveranno sul Comune per anni.
Per un anno e più Milano è stato expò e niente altro che expò. Il “modello Milano” – che nessuno ha mai spiegato che cosa sia – era la gestione di expò. E di conseguenza il governo di Milano era nelle mani dell’amministratore delegato di expò: l’uomo di fiducia della Moratti e del suo clan. Non un “manager”, ma uno scemo che non si è accorto di niente; oppure il più mariuolo di tutti, che è riuscito a sfangarla. Comunque sia, nessuno stupore se alla fine della sindacatura Pisapia, quell’uomo sia venuto a prendere ufficialmente possesso del suo vero ruolo: e con l’investitura del PD. Contenderà quel posto a Stefano Parisi, l’uomo di fiducia di Albertini, il sindaco che aveva sgovernato Milano prima della Moratti. Non resta che l’imbarazzo della scelta.
C’è un’alternativa a questo scempio? No, non c’è. Perché tutto si svolge ormai all’interno del cerchio magico dell’expò. I due candidati che hanno conteso a Sala la nomina nelle primarie del PD – uno forte dell’impegno profuso senza soldi e senza mezzi nel sostegno alle situazioni di maggiore emarginazione della città e soprattutto agli 80mila profughi transitati per Milano verso più appetibili destinazioni europee; l’altra, una figura senza storia, chiamata per far entrare il bilancio della Città nella gabbia del patto di stabilità, quando Milano avrebbe invece dovuto mettersi alla testa della sua contestazione, e poi imposta dal sindaco in carica per far perdere Majorino e far vincere Sala – non hanno provato nemmeno a sottrarsi a quella stretta: expò e il suo successo di cartapesta traccia per tutti la strada da seguire nella prossima sindacatura.