Al Sindaco di Milano
Noi cittadini milanesi, italiani e del mondo ci rivolgiamo a Lei, signor Sindaco, nel rinnovato tentativo di fermare lo scempio del parcheggio di piazza Sant'Ambrogio.
Sarebbe, infatti, un danno irreversibile trasformare nel tetto di un silos sotterraneo di cinque piani una piazza storica, che di Milano è fulcro simbolico, paragonabile in dignità e significato, pur con le sue eccezionali peculiarità, a piazza del Duomo e a piazza San Pietro. Questo luogo, infatti, custodisce nelle sue fondazioni millenarie le memorie di quei martiri, in onore di cui Ambrogio eresse la prima basilica, in seguito a lui dedicata. E qui è ancora evocata la sacralità dei riti religiosi che nella basilica si svolgevano e trovavano in questo spazio, vissuto dai fedeli di ogni tempo come sacro e pubblico, una loro naturale continuazione di liturgia e devozione. Per questo, ben più recentemente, proprio qui, in questa piazza, è stato edificato il Sacrario dei Caduti, perché, considerandoli nuovi martiri, venisse data continuità a quella memoria sacra, da cui trae origine la più profonda identità cittadina.
E’ la stessa Costituzione italiana (art. 9) e il Codice dei beni culturali (art. 10 e 20) a vietare di per sé la distruzione di una piazza di questa importanza.
Basterebbero, signor Sindaco, per fermare l’obbrobrio, anche semplici considerazioni urbanistiche e viabilistiche: concepito nel 1985, oggi tale parcheggio non ha più senso, perché si troverebbe inserito in modo incongruo in un centro storico che si vuole sempre più chiudere al traffico privato. La zona è inoltre ottimamente servita dai mezzi pubblici e posti-macchina liberi nelle vicinanze non mancano, come nel parcheggio da poco messo in funzione (come da anni si chiedeva) in via Olona.
Che bisogno c'è allora per l’utilità pubblica di costruire un altro parcheggio? Sarebbe solo l'ennesimo esempio di privatizzazione dello spazio pubblico a beneficio di pochi.
In campagna elettorale abbiamo accolto come una promessa la Sua affermazione che avrebbe sospeso i parcheggi delle piazze Lavater e Sant'Ambrogio.
Sappiamo che le titubanze della nuova Amministrazione sono di ordine economico, motivate dagli svariati milioni di euro di penali -hanno riportato i quotidiani- che il Comune di Milano dovrebbe pagare all’impresa costruttrice in caso di cancellazione dell'opera. La cifra, dovuta dal Comune a titolo di rimborso delle spese ad oggi sostenute dall’impresa (danno emergente), merita, a nostro avviso, una seria verifica pubblica e l’esame di forme alternative di risarcimento, che valgano di compensazione. Vorremmo, infatti, che sull'altro piatto della bilancia venisse considerato in tutto il suo peso il danno risultante dalla profonda e definitiva modificazione e banalizzazione della piazza, conseguente alla realizzazione di un parcheggio sotterraneo (con pensiline, griglie di aerazione, scivoli di entrata e uscita e stenti alberelli a cosmesi del tutto): questa sì una penale di cui pagare perennemente il prezzo per quanti, nel mondo intero, riconoscono in piazza S. Ambrogio una risorsa impareggiabile di ricchezza storica e artistica.
Qualcuno ha cercato di dimostrare che il parcheggio, lungi dallo snaturare la piazza, migliorerebbe quello che appariva oggi come spazio informe, snaturato dalla sosta selvaggia, profondamente alterato e ricostruito nei secoli, soprattutto dopo i devastanti bombardamenti che colpirono Milano nel 1943. Ma far dipendere la tutela di un bene storico dalla sua integrità “originaria” farebbe escludere da ogni protezione qualunque testimonianza del passato, anche il Duomo di Milano (la cui facciata attuale risale al XIX secolo) o la stessa Scala (bombardata nel 1943), solo per citare degli esempi. La piazza si può ben migliorare, liberandola dalle auto in superficie, anche senza il parcheggio!
Ripetiamo che, se anche l'opera ha tutti i nullaosta necessari, a partire dalle Soprintendenze, la conversione a tetto di pubblica autorimessa di un bene culturale è destinazione distruttiva e incompatibile con il vincolo di tutela: l'autorizzazione della Soprintendenza, concessa con molte incertezze e piegata, a detta degli stessi responsabili, a decisioni politiche, non vale certo a legittimare l'intervento vietato dal Codice dei beni culturali.
Per questo, signor Sindaco, ricorriamo alla Sua autorità perché quanto è stato compiuto di sbagliato nel passato venga ora corretto, riaffermando quei principi di tutela che con vigore si devono far valere. Per un ripensamento, sospenda i lavori in corso.