«Entro il 2020 le politiche comunitarie dovranno tenere conto dei loro impatti diretti e indiretti sull’uso del territorio, a scala europea e globale, e il trend del consumo di suolo dovrà essere sulla strada per raggiungere l’obiettivo del consumo netto di suolo zero nel 2050». Ma cominciare domani è già troppo tardi. Con postilla
La necessità dilimitare il consumo di suolo e in particolare di suolo agricolo (8 metriquadrati al secondo, secondo i dati di ISPRA) è ormai entrata a tutti glieffetti nell’agenda politica nazionale. Dopo il DDL Catania, presentatodall’omonimo Ministro del governo Monti e arrivato fino all’approvazione dellaConferenza Stato-Regioni, nell’attuale legislatura sono stati depositati tredisegni di legge di iniziativa parlamentare che hanno come obiettivo dichiaratola limitazione del consumo di suolo, a cui va aggiunto un ulteriore disegno dilegge promosso direttamente dal governo Letta.
Questi disegni dilegge hanno suscitato un acceso dibattito sui principali quotidiani trovandocritici e sostenitori. Senza entrare nel merito del dibattito, un datoabbastanza sorprendente è che nessuna delle quattro proposte pare prendere lemosse dagli indirizzi e dai principi espressi in tema di consumo di suolo alivello comunitario. Nella comunicazione della Commissione Europea “Tabella dimarcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” [COM(2011) 571]uno specifico capitolo viene dedicato a terra (Land) e suoli (Soils).Per queste risorse, considerate a un tempo strategiche e vitali, viene fissatoun obiettivo molto ambizioso e insieme di vasta portata per quanto comporta alivello urbanistico e territoriale: entro il 2020 le politiche comunitarie dovrannotenere conto dei loro impatti diretti e indiretti sull’uso del territorio, a scalaeuropea e globale, e il trend del consumo di suolo dovrà essere sulla stradaper raggiungere l’obiettivo del consumo netto di suolo zero nel 2050.
Purtroppo nellaversione italiana della Comunicazione questo fondamentale principio del consumonetto di suolo zero (no net landtake) non viene adeguatamente riportato e forse ciò può spiegare il suomancato richiamo nei disegni di legge citati. Manca infatti nella traduzioneitaliana la parola chiave “netto”, un aggettivo solo all’apparenza accessorioche è stato invece volutamente inserito per le profonde implicazioni chesottende.
Consumo nettodi suolo zero non significa infatti congelare l’infrastruttura urbana impedendoin assoluto di occupare nuovo territorio. Al contrario esso consentel’occupazione di spazi liberi purché questo avvenga a saldo zero, de-sigillandoo ripristinando ad usi agricoli o seminaturali aree di pari superficie inprecedenza urbanizzate e impermeabilizzate. E’ questa una specificazionefondamentale che introduce anche nella pianificazione urbanistica eterritoriale il principio del riciclo e dell’economia circolare, già espressonella strategia Europa 2020, con l’obiettivo finale di disaccoppiare losviluppo urbano dal consumo della risorsa suolo.
Conl’introduzione del termine “netto”, l’obiettivo del consumo di suolo zero davincolo di fatto impraticabile si trasforma in motore di una nuova stagione ditrasformazione urbana, fondata sulla riqualificazione dell’esistente e sulridisegno del territorio urbanizzato, che non deve essere più considerato comeun dato acquisito e irreversibile, ma come un corpo suscettibile di essereridisegnato e ricucito secondo nuove e più funzionali orditure in grado anchedi recuperare i guasti di uno sviluppo passato, di carattere spessoincontrollato e disperso, rivelatosi alla fine inefficiente ed anti-economico.
La sfida qui,più che fissare degli obiettivi quantitativi di consumo di suolo o enunciareprincipi generali di riuso che vengono poi sistematicamente disattesi, è quelladi trovare gli strumenti e i meccanismi regolativi che consentano di avviarequesto processo di rigenerazione urbana a consumo netto zero garantendo l’indispensabilesostenibilità economica degli interventi edilizi e infrastrutturali, sia pergli operatori immobiliari privati che per i soggetti pubblici.
E’ inquest’ottica, e come strumento di accompagnamento all’obiettivo fissato dallaComunicazione sull’uso efficiente delle risorse, che la Commissione Europea hasuccessivamente pubblicato le Linee guidasulle migliori pratiche per limitare, mitigare e compensarel’impermeabilizzazione del suolo [SWD (2012) 101].
Il documento sirivolge agli Stati membri, agli enti locali, agli operatori del settore e ingenerale ai cittadini e ha come fine quello di fornire informazioni sul livellodi impermeabilizzazione del suolo nell’Unione Europea, sulle cause e gliimpatti, nonché sugli esempi di buone pratiche per contrastarlo. L’impermeabilizzazionedel suolo è uno degli effetti del “consumo di suolo”, ma non coincide con quantousualmente si intende con questa espressione, che riguarda piuttostol’occupazione di aree agricole o semi-naturali per usi urbani (land take). In media circa la metà dellesuperfici urbanizzate risultano effettivamente impermeabilizzate con totaleperdita delle funzioni del suolo. Anche in questo caso l’ordine delle paroledel titolo non è casuale o secondario, ma stabilisce una precisa gerarchia dipriorità in vista del raggiungimento dell’obiettivo più generale di fermarel’incremento di superfici impermeabilizzate e quindi il consumo effettivo disuolo.
Limitare l’impermeabilizzazioneresta il principio di fondo che deve avere sempre la priorità su mitigare ecompensare gli impatti, in quanto la perdita di suolo è di fatto irreversibile .Ai fini della limitazione è importante fissare obiettivi quantitativi chedevono però essere accompagnati da adeguate misure di monitoraggio e controllo.La mitigazione interviene quando si occupano nuove aree per ridurre in situ le conseguenze negativedell’impermeabilizzazione del suolo, ad esempio utilizzando materiali dicopertura permeabili che garantiscano l’invarianza idraulica. La compensazionedovrebbe essere utilizzata solo quando non è possibile limitare e mitigare e sitraduce in interventi in aree diverse da quelle occupate per “compensare” suscala territoriale la perdita di funzioni dei suoli impermeabilizzati. Esempidi compensazione sono: il riutilizzo del suolo rimosso per ripristini in altriluoghi, la bonifica di siti contaminati, la rimozione o sostituzione dicoperture impermeabili (manti stradali, edifici) con ripristino a verde(de-sealing), l’imposizione di un extra onere da utilizzare per interventi ditutela e risanamento dei suoli. In Europa, in particolare in Olanda e Germania,la compensazione è già oggi obbligatoria sia per gli interventiinfrastrutturali che per le nuove lottizzazioni.
Sebbene lacompensazione venga ultima come ordine di priorità nella gerarchia delle lineeguida, essa agisce da rinforzo per limitare il consumo di suolo e può diventarela chiave per attuare la politica del consumo netto di suolo zero, soprattuttose intesa come ripristino di aree precedentemente occupate. E’ quello chesuccede in città come Dresda o Stoccarda dove sono stati introdotti regolamentiurbanistici che vincolano la costruzione sul terreno libero al recupero eripristino, da parte del soggetto attuatore, di altri spazi giàimpermeabilizzati presenti all’interno del Comune.
Si tratta di fatto di una sorta diperequazione che attribuisce crediti di impermeabilizzazione a spazi costruitirelitti o inutilizzati (edifici e strutture con relative pertinenze in disusoquali parcheggi, aree cortilizie, piazzali) che una volta acquisiti attraversoil ripristino preventivo possono essere sfruttati per nuova occupazione disuolo in altre aree individuate dalla pianificazione comunale. E’ un modoquesto di attivare un motore di riciclo delle aree urbane che consente di ridisegnarele città a parità di occupazione di suolo.
La priorità nelle politiche di contenimento del consumo disuolo rimane comunque quella di favorire la rigenerazione e riqualificazionedel tessuto urbano esistente intervenendo sulle aree dismesse e sul patrimonioedilizio. Questo si interseca con un altro pilastro della strategia di Europa2020 che è quello della de-carbonizzazione dell’economia e della transizioneenergetica. Un terzo dei consumi energetici, a livello nazionale comecomunitario, proviene dal settore domestico e abitativo. La stragrandemaggioranza degli immobili sono stati costruiti prima degli anni `90 epresentano pessime prestazioni energetiche (in molti casi consumi superiori di10 volte alla classe A), bassa qualitá abitativa, inadeguati accorgimentiantisismici. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi comunitari di riduzionedelle emissioni e del consumo di combustibili fossili è soprattutto lì chebisogna intervenire
La "grandeopera" del futuro deve quindi essere la riqualificazione edilizia promuovendoil riciclo delle aree e dei materiali di costruzione, nonché l`uso di tecnichedi bio-edilizia che valorizzino le filiere produttive locali. Per fare questobisogna approntare adeguate politiche regolative, fiscali e di facilitazione alcredito con l`obiettivo di rendere più conveniente il recupero dell`esistentepiuttosto che la costruzione del nuovo e orientare di conseguenza il mercatoimmobiliare. Tra queste azioni, oltre al vincolo del consumo netto di suolozero, si annoverano:
- defiscalizzazioni per interventi di ristrutturazione, di adeguamento sismico e di miglioramento energetico sulla base del modello già sperimentato con successo del 55 e ora 65%;
- esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione, riduzione di altri oneri (occupazione di suolo pubblico, permessi, conversioni di uso), possibilità di incentivi volumetrici per interventi di riqualificazione, recupero, ristrutturazione che comportano un significativo abbattimento dei consumi energetici e delle emissioni;
- forme agevolate di finanziamento e di ulteriore esenzione fiscali per condomini che deliberano di investire nella riqualificazione dell`immobile;
- promozione e facilitazione d interventi sullo schema ESCO (Energy Service Company) con rafforzamento dello strumento incentivante dei certificati bianchi e del conto termico;
- riforma della fiscalità comunale con disaccoppiamento delle entrate dal consumo di territorio e divieto di utilizzo degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente;
Ecco quindi chel’obiettivo comunitario del consumo netto di suolo zero va inteso non solo comeun vincolo di una politica ambientale tesa a tutelare una risorsa strategica evitale come il suolo, ma anche come stimolo e propulsore per avviare il grandecantiere della riqualificazione e del riassetto urbano in grado di rilanciareil settore delle costruzioni e di rendere al contempo più sostenibili e vivibilile nostre città.
E’ solo su queste basiche si può uscire dalla crisi e costruire un reale e duraturo sviluppo coniugandole esigenze di sostenibilità e di tutela ambientale con quelle altrettantostringenti di garantire lavoro e reddito di impresa.
postilla
Mi domando quale sarebbe il risultato di questa compensazione in Italia, dove l'unica legge rispettata dai forti è l'elusione della legge, deve la rendita e i "diritti edificatori"imperano, e dove la pubblica amministrazione è sempre meno motivata, autorevole, competente e attrezzata.