La commissione Cultura rileva che «non c’è il necessario coordinamento con il Codice dei beni culturali del 2004». Chissà se qualcuno si accorge che per il consumo di suolo non serve a niente, ma anzi...Il Sole 24 Ore, 3 febbraio 2016
Roma. Rischia di impantanarsi di nuovo il Ddl sul consumo di suolo. La discussa riforma che punta a ridurre la realizzazione di nuove costruzioni e a incentivare la rigenerazione urbana, dopo l’approvazione in commissione a fine ottobre, pareva a un passo dal traguardo. Sulla sua strada, però, si è appena messo un durissimo parere della commissione Cultura di Montecitorio che, di fatto, chiede di riscrivere il provvedimento in una ventina di passaggi. I deputati, recependo indicazioni del ministero dei Beni culturali, sottolineano i «profili assai problematici» della legge: non è coordinata con le regole sui piani paesaggistici regionali ma, soprattutto, mette sulle spalle degli enti locali un carico organizzativo giudicato eccessivo. Per il testo, atteso in aula per il mese di marzo, pare profilarsi l’ennesima riscrittura.
Dopo il disco verde presso le commissioni Ambiente e Agricoltura di fine ottobre, la speranza dei relatori Chiara Braga e Massimo Fiorio era chiudere la partita subito, entro il 2015. Questi piani, però, sono saltati ben presto. Il provvedimento, infatti, è stato licenziato senza tutti i pareri parlamentari prescritti: in attesa del loro arrivo, è stato messo in lista di attesa. Nel frattempo, è partita la sessione dedicata alla legge di Stabilità 2016, che ha congelato tutto, allungando i tempi. Lentamente i pareri stanno arrivando. Al momento si sono espresse cinque commissioni che, in larga maggioranza, non hanno avuto nulla da ridire.
C’è però un’eccezione molto pesante: la commissione Cultura che, pronunciandosi sul testo, ha assestato un colpo piuttosto duro alla versione del provvedimento uscita dalla prima fase di lavori. Formalmente, si tratta di un parere favorevole. Anche se, a leggere con attenzione il testo, si trae un’impressione tutta differente. La commissione, infatti, spiega che nel Ddl«non mancano profili assai problematici». Nello specifico, non c’è il necessario coordinamento con il Codice dei beni culturali del 2004: tradotto in parole povere, vuol dire che la legge disegnata in questi mesi non tiene conto come dovrebbe delle regole sui piani paesaggistici regionali. Poi, le norme sui borghi rurali sono troppo permissive nei passaggi che riguardano la demolizione e ricostruzione. Ma è il rilievo finale quello più pesante. La riforma, secondo la commissione Cultura, pone un «eccessivo carico organizzativo e decisionale sugli enti locali».
Al di là del merito, però, pesa anche la fonte di queste osservazioni. Ne parla Gianna Malisani, relatrice del parere: «Abbiamo rispettato le indicazioni dell’Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio del ministero dei Beni culturali. È un organo costituito da direttori del ministero ed esperti del settore che si è espresso sottolineando problemi condivisi anche da me». Il parere della commissione non è vincolante, ma sarà difficile non tenerne conto. Anche se Fiorio esclude un nuovo passaggio in commissione: «Affronteremo le ultime questioni in Aula, dove il testo è già calendarizzato a marzo».
Riferimenti