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"Come difendere il piano di Renato Soru?"
26 Febbraio 2009
La Sardegna di Renato Soru
Omar Cau, studente sardo

Salve prof. Salzano, sono, ancor prima che studente di architettura nella facoltà di Firenze, un giovane ragazzo sardo. In quanto studente di architettura, ho avuto modo di conoscerla, senza interloquire, in una lezione frontale, di qualche anno fa, che tenne, nelle ore di lezione del prof. Morandi. In quegli anni ho avuto modo di conoscere lei e le sue opere, compreso la bellissima e sempre aggiornata pagina web. Poi, lei diventa protagonista della mia Terra, grazie alla sua collaborazione per la stesura del nostro PPR. Niente mi ha reso più orgoglioso in questi anni, ma sopratutto quando ho letto il suo nome, non ho avuto dubbi che il lavoro di quel Piano, fosse al di sopra di ogni sospetto. In questi giorni, lei, come noi sardi, avrà appreso della sconfitta del presidente Soru, il quale ha deciso di combattere all'opposizione, grazie all'appoggio dei molti giovani che lo hanno sostenuto in questi giorni drammatici. Ecco, questa mia mail, la scrivo, per iniziare a difendere il lavoro, di quella giunta che è stata appena bocciata, da quelle persone mal informate, sull'indispensabile e rivoluzionario PPR sardo. Avendo appreso, dai giornali, che uno dei primi provvedimenti, riguarderà proprio il PPR, le chiedo, in che modo potranno intervenire sul lavoro fatto finora. Cosa possiamo fare, quali azioni possiamo intraprendere, affinché quel Piano non venga toccato? Quali strumenti abbiamo, noi, gente comune, per difendere a spada tratta, l'operato del PPR? A livello universitario, si potrebbero creare dei comitati, a sostegno del vostro lavoro, affinchè la nuova giunta sarda, non possa agire liberamente a causa del disinteresse e l'ignoranza, totale degli abitanti? Chiedo consigli a Lei, in quanto penso, sia la persona più adatta ad indirizzarmi nelle strade più importanti e giuste, per difendere, ancor prima che il PPR sardo, quei principi fondamentali ed imprescindibili, alla base di quel lavoro. La ringrazio anticipatamente della sua collaborazione e posticipatamente per essere stato attore del nostro più importante strumento di governo del Territorio Sardo

Caro Omar, non sono protagonista del piano paesaggistico della Sardegna, ma solo uno dei membri del Comitato scientifico che ha aiutato il presidente Soru, la Giunta e, soprattutto, l’ufficio diretto dall’ingegner Paola Cannas a redigere il piano. È un lavoro al quale sono molto orgoglioso di aver collaborato, e che ritengo espressione di una politica di tutela del patrimonio comune eccezionale: vorrei dire unica in Italia. Ma il merito maggiore va indubbiamente a Renato Soru, alla sua determinata volontà e alla fedeltà all’impostazione di base che caratterizza la sua cultura. Devo dire che anche Soru ha i suoi difetti: per esempio, non ero affatto d’accordo con la legge urbanistica che la sua Giunta aveva predisposto, e non ho mancato di fargli conoscere le mie ragioni critiche. Ma non abbiamo bisogno di santi (seppure ce ne fossero), invece di parsone che sappiano fare ciò che i tempi e le occasioni chiedono loro, e che nel farlo siano migliori degli altri. Ora non ho dubbi sul fatto che, oggi, in Italia, per quel lavoro di tutela del patrimonio collettivo costituito dal paesaggio (e dalla cultura che esso esprime), Soru abbia fatto il meglio che si potesse fare.

Credo che dobbiamo domandarci perché il popolo sardo non lo abbia compreso. Le ragioni sono certamente molteplici: il “pensiero unico” che negli ultimi decenni ha pervaso tutte le teste, e che ha portato in primo piano l’illusione che difendendo i propri interessi economici immediati contro tutto e tutti si serve la propria felicità; la sterminata potenza di fuoco mediatico messo in campo di quel macroscopico “errore politico” che è Silvio Berlusconi; le piccole, meschine furberie autolesioniste nelle quali si è espresso il fastidio degli “alleati” di Soru per le asprezze del suo carattere e, soprattutto, per qualche “pulizia” che ha fatto. Ma io credo che ci siano stati anche errori suoi: forse ha lasciato appannare la forza del suo messaggio, ha cercato mediazioni che si sono rivelate illusorie, non ha saputo coniugare il carattere “aristocratico” del suo messaggio con la ricerca di una base popolare abbastanza larga, costruita sui principi che sono alla base del suo agire.

Scusami questo lungo sproloquio, ma la tua lettera mi spinge a riflettere su una vicenda che continua ad appassionarmi. Una vicenda che non è chiusa, a mio parere. Lo sarebbe stato se Soru, dopo la sconfitta, av esse abbandonato. Così fortunatamente non è. I voti che ha preso per la sua politica (che sono più di quelli che ha preso la coaliizione costruita per appoggiarlo) sono una ricchezza che va spesa: in primo luogo per accrescerla e farla diventare di nuovo maggioritaria e, nel frattempo, per difendere ciò che la Sardegna, grazie a lui, ha conquistato. Come? Tu lo chiedi, e dai alcune prime risposte.

Sarà certamente utile utilizzare le università, a condizione che i miei colleghi sappiano abbandonare gli atteggiamenti accademici, sappiano chinarsi sulle cose, comprendere e far comprendere, impegnarsi in una battaglia politica che deve consistere in primo luogo nel far condividere agli altri ciò che ci sembra giusto: al popolo, ai cittadini che non parlano né conoscono le parole difficili. E sarà utile aggregare tutti quei cittadini che hanno fiducia in Soru e, soprattutto, nei principi e nelle qualità del territorio che lui difende. Sarà utile rafforzare quei comuni che non pensano che il bene collettivo consista nello svendere i patrimoni che ci sono stati consegnati dagli avi, e conquistare i comuni oggi diretti da chi ha venduto l’anima pubblica al mercato immobiliare. Sarà utile coinvolgere tutti quegli intellettuali che hanno compreso che la politica avviata da Soru è quella necessaria, ma che non riescono se non con fatica a uscire dalle loro torri d’avorio. Sarà utile cercare i canali mediante i quali si possa allargare all’Italia, all’Eutropoa e al mondo la denuncia dei tentativi di distruggere ciò che nel quinquennio di Renato Soru si è costruito.

Eddyburg è pronto a fare la sua parte

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