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Città della bicicletta e Mean Streets
27 Gennaio 2012
Milano
Due aspetti complementari delle politiche urbane si affiancano e virtualmente si scontrano nel dibattito pubblico. Articoli di Alessia Gallione e Isabella Bossi Fedrigotti. La Repubblica Milano e Corriere della Sera, 27 gennaio 2012, con postilla. (f.b.)

La Repubblica Milano

Le autostrade della bicicletta

di Alessia Gallione

Un tempo, a disegnare la Milano delle due ruote, c’erano i Raggi verdi: itinerari che, dal centro, avrebbero raggiunto la periferia. Una concezione «radiale», quella dei vecchi Raggi verdi, che il nuovo Pgt dice di voler superare. Progettando una rete di piste ciclabili capillare. Che assume anche altri colori, usati come nomi in codice per definire i tracciati immaginati: dai Raggi rossi come quelli destinati a nascere a Porta Venezia e lungo il Naviglio della Martesana, agli Anelli blu che correranno lungo le tre cerchie dei Bastioni, dei Navigli e della 90/91. fino alle Linee gialle, che dovranno cucire alcuni di questi percorsi principali e che si svilupperanno lungo strade come via Washington o i grandi viali come Corsica, Umbria o Tunisia. Con un obiettivo: far sì che la bicicletta venga utilizzata sempre più come un mezzo di trasporto alternativo e che i chilometri di piste salgano dagli attuali 130 ad almeno 200.

È un studio fatto da Amat, quello contenuto nel Pgt. La filosofia è spiegata nelle risposte del Comune ad alcune delle oltre 2mila osservazioni accolte, che hanno permesso all’amministrazione di modificare il documento urbanistico. Tra le maggiori richieste, infatti, accanto alle decine che invocavano la cancellazione del tunnel Expo-Linate, la diminuzione delle previsioni degli abitanti e delle volumetrie, ci sono anche le invocazioni ad aumentare i percorsi per le due ruote. Come a Porta Venezia, dove un cittadino chiede una pista che colleghi Loreto a San Babila: viene fatta propria dal Pgt anche in nome dei quesiti referendari. Proprio quel tracciato che i tecnici ormai definiscono come la nuova "autostrada" delle biciclette, visto che molti lo percorrono per arrivare in centro. Le future azioni immaginate da Palazzo Marino partono dall’analisi degli spostamenti attuali: in una città ancora dominata dall’auto, che rimane il mezzo di trasporto più utilizzato (copre il 42,4% dei tragitti), quelli in bici rappresentano il 3,8% del totale.

L’obiettivo, nella città del 2030, è di arrivare per quelli interni al 15%. Un traguardo che viene ritenuto raggiungibile visto che, è la premessa, anche i city users «hanno mostrato interesse e disponibilità a cambiare le proprie abitudini per recarsi al lavoro o sul luogo di studio». Ed è proprio per migliorare la mobilità «casa-lavoro» e «casa-scuola», che la rete delle piste è stata ridisegnata in modo più puntuale. Con collegamenti definiti «diretti» e, soprattutto, non soltanto pensati lungo i vecchi Raggi verdi. Certo, le vie radiali rimangono. Anche se, ormai, sono stati riviste e, a definire i nuovi percorsi meglio definiti, adesso ci sono i "Raggi rossi": sono le direttrici che dal centro collegano la periferia. E, solo per citare alcuni esempi, correranno lungo Melchiorre Gioia-Naviglio della Martesana, lungo il Naviglio Grande, lungo Zara-Testi o, appunto, Porta Venezia.

Per capire la nuova programmazione, però, bisogna immaginare anche altre piste, quelle che si svilupperanno lungo le direttrici rappresentate dalle tre cerchie concentriche. Sono definite Anelli blu, come quello che seguirà i Bastioni. Per coprire il più possibile la città, vengono aggiunte le Linee gialle, che serviranno a realizzare diversi punti di interesse. La mappa prevede, tra le altre, la linea che seguirà i viali che portano il nome dell’Umbria o della Corsica, e un’altra direttrice come via Washington. Ma dove verranno trovati i soldi? I tracciati, si dice, potranno essere finanziati anche con gli oneri di urbanizzazione dei vari progetti in corso. In una città che pedala, il Comune promette anche di aumentare il numero delle rastrelliere, costruire «grandi bicistazioni dove gli utenti possano trovare - in corrispondenza delle stazioni ferroviarie - un parcheggio più sicuro, assistenza, informazione e noleggio». Infine, nel regolamento edilizio si propone di affrontare il capitolo degli spazi per parcheggiare bici nei palazzi che verranno costruiti e dell’accessibilità negli spazi pubblici.

Corriere della Sera

Se pedalare a Milano diventa un pericolo per le donne

di Isabella Bossi Fedrigotti

Le signore di Milano, quelle che in numero sempre crescente e in grande maggioranza rispetto agli uomini vanno in bicicletta per fare la spesa, portare i bambini a scuola o raggiungere il lavoro, e che pedalano perché l'automobile la usa l'uomo di casa, perché sulle due ruote si arriva più in fretta senza l'incubo del parcheggio, perché un po' di moto fa bene o perché sono del tipo doverista e vorrebbero che Milano diventasse una città meno trafficata e meno inquinata, non sono più sicure di poter restare fedeli al loro mezzo di trasporto.

Gli incidenti già c'erano, con cadenza quasi regolare, che han visto falciare ciclisti giovani e meno giovani, e la colpa era quasi sempre del traffico troppo intenso e della corrispondente assenza di piste ciclabili. Ora è arrivato anche lo scippo in pieno centro grazie al quale una di queste signore che, con un certo disprezzo, vengono spesso definite (da chi di solito va in automobile) «sciure» o, peggio «sciurete», sta tra la vita e la morte. Non che scippare le cicliste sia una novità: è, anzi, lunghissima la lista di chi si è vista sottrarre la borsetta dal cestino mentre pedalava, ma l'incidente dell'altro ieri sera in piazza della Repubblica fa la differenza perché evidenzia il fatto che pedalando si è comunque in pericolo e che vita o morte dipendono da quasi nulla, da un abbordaggio un po' più brutale, da un gesto dello scippatore più o meno brusco.

Né i tempi promettono, purtroppo, meno violenza nell'immediato futuro. La crisi economica eventualmente scatena, infatti, anche i principianti, nuovi malviventi senza curriculum, senza esperienza, incapaci di misurare i rischi che comporta uno «strappo» in motorino ai danni di un pedone o di un ciclista e, dunque, precipitosi e rozzi, con le conseguenze che abbiamo visto l'altra sera. Ma si è anche visto, ancora una volta, che, dopo gli anziani, sono le donne che nelle strade e nelle piazze corrono i rischi maggiori. Ed è ovvio che, più sono coraggiose, più sono decise, più lavorano sodo fuori casa, anche di sera tardi, più sono in pericolo. L'ex sesso debole, insomma, quello che, almeno in teoria, fa così tanta paura agli uomini, che fa loro dura concorrenza in sempre più numerosi campi, assai più di loro resta comunque vulnerabile.

Perché non è soltanto una questione di bicicletta. Anche le signore meno coraggiose, che mai pedalerebbero la sera nel traffico, che, quando vanno a piedi, rasentano i muri lungo i marciapiedi, o che viaggiano sui mezzi pubblici, non possono stare così tranquille. Passino il tram oppure l'autobus, dove per lo meno c'è un autista, ma perché una ragazza o signora si decida a scendere nei corridoi della metropolitana dopo una certa ora, deve proprio non avere altra scelta. Paradossalmente, il mezzo che fa sentire le donne più protette resta l'automobile, della quale gli amministratori vorrebbero il più possibile liberarsi. Conviene forse che lo tengano presente nelle loro politiche tese a disincentivarne l'uso, perché la sicurezza passa prima dei problemi di traffico e molto prima di quello delle polveri sottili.

postilla

C’è un aspetto che qui voglio deliberatamente trascurare, ed è quello pur essenziale dei comportamenti: la signora violentemente scippata di cui parla Isabella Bossi Fedrigotti, teneva in bella vista sul cestino la borsetta, e in quanto ciclista urbana abituale probabilmente si rendeva conto di correre un rischio, sino a che punto? Sino a che punto, cioè, nella metropoli contemporanea sono leciti e praticabili (chiedendo poi a gran voce interventi sulla sicurezza) comportamenti come quelli di chi ad esempio attraversa certi quartieri ostentando auto di lusso e orologi d’oro massiccio penzolanti dal finestrino aperto?

Si tratta però, appunto, di tema di per sé complicatissimo, e accantoniamolo momentaneamente. Resta il rapporto fra la scelta apparentemente “minimalista” degli interventi sulla ciclabilità, e l’idea complessiva di spazio urbano, sicurezza, composizione funzionale, e conseguenti scelte urbanistiche (quelle relative alle regole generali sullo spazio fisico, per distinguerle dal resto). Ci si muove per andare da un posto all’altro, attraversando altri spazi: cosa c’è là dentro? Perché e come ci si muove? Non sono domande banali, perché esistono differenze radicali fra lo spazio di un quartiere misto, quello di una zona ad elevata specializzazione, la classica zona a monocoltura residenziale, e poi il momento della giornata in cui avviene lo spostamento.

Sta nella consapevolezza reale di tutte questa varianti, l’idea di città condivisa, e non nei confusi aneliti alla metropoli “a misura d’uomo” che quasi sempre nasconde stereotipi campati per aria, che siano gli spazi di eccellenza per pochi super protetti (la declinazione preferita del centrodestra securitario) o l’impraticabile caricatura del centro storico che fu, cara a tanti che ahimè si credono progressisti e di sinistra. Tanto per fare un piccolo esempio: che spazio può avere in questo contesto la deregolamentazione, o profonda riorganizzazione qualsivoglia, degli orari di commercio e servizi? Lo sa anche un bambino tonto, che ci sono solo due modi per garantire la sicurezza urbana e una buona qualità spaziale, il primo è un uso continuo degli spazi, il secondo è la loro graduale militarizzazione, in un modo o nell’altro.

In definitiva, e da un punto di vista che vorrebbe stare ad anni luce di distanza da certe tragicomiche idee ampiamente praticate dal centrodestra, immaginare che la città giusta e equa, sostenibile, ciclabile, “a misura d’uomo”, possa assomigliare al piccolo borgo felice campato in aria di certi spot pubblicitari, fa venire qualche brivido. Non per paura di finire in quel modello, ma perché si tratta, che piaccia o meno, di un vicolo cieco. E che come tale, richiede … ehm, una certa vigilanza (f.b.)

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