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Konrad Lorenz
Città antica e sobborghi moderni
24 Dicembre 2013
Città quale futuro
Una pagina indimenticabile dal libro del fondatore dell’etologia scientifica,

Una pagina indimenticabile dal libro del fondatore dell’etologia scientifica, Gli otto peccati capitali della nostra civiltà, (Adelphi, Milano 1974). Con postilla

Basta confrontare con occhi spassionati il vecchio centro di una qualsiasi città tedesca con la sua periferia moderna, oppure quest’ultima, vera lebbra che aggredisce le campagne circostanti, con i piccoli paesi ancora intatti. Si confronti poi il quadro istologico normale con quello di un tumore maligno, e si troveranno sorprendenti analogie! Se consideriamo obiettivamente queste differenze e le esprimiamo in forma numerica, anziché estetica, constateremo che si tratta esattamente di perdita di informazione.

La cellula neoplastica si distingue da quella normale principalmente per aver perduto l’informazione genetica necessaria a fare di essa un membro utile alla comunità di interessi che rappresentata dal corpo. Essa si comporta come un animale monocellulare o, meglio ancora, come una giovane cellula embrionale: è priva di strutture specifiche e si riproduce senza misura e senza ritegni, con la conseguenza che il tessuto tumorale si infiltra nei tessuti vicini ancora sani e li distrugge. Tra l’immagine della periferia urbana e quella di un tumore esistono evidenti analogie: in entrambi i casi vi era uno spazio ancora sano in cui erano state realizzate una molteplicità di strutture molto diverse, anche se sottilmente differenziate fra loro e reciprocamente complementari, il cui saggio equilibrio poggiava su un bagaglio di informazioni acquisite nel corso dei secoli: laddove nelle zone devastate dal tumore o dalla tecnologia moderna il quadro è dominato da un esiguo numero di strutture estremamente semplificate.

Il panorama istologico delle cellule cancerogene, uniformi e poco strutturate, presenta una somiglianza disperante con la veduta aerea di un sobborgo moderno e con le sue case standardizzate, frettolosamente disegnate da architetti privi ormai di ogni cultura”.

postilla
Lo sguardo dell’etologo vede la città da un punto di vista particolare. Descrive la città, l’habitat della società umana, da un punto di vista che non può essere trascurato. Coglie un aspetto che,oltre a rivelare i danni prodotti nei secoli recenti, rivela la dimensione immane del lavoro di chi voglia impedire che la città antica sua circondata da una proliferazione maligna di sobborghi disumani Lorenz denuncia è l’habitat dell’uomo progettato e costruito dove hanno trionfato il gioco perverso dell’appropriazione privata della rendita urbana e l’incapacità della società di farsi governo collettivo delle trasformazioni del territorio. Per fortuna esistono, nella storia della città antica (e della cultura e dalla pratica dell'urbanistica contemporanea) elementi che possono aiutare a costruire una città diversa da quella denunciata da Lorenz. E forse, a guardar bene dentro l’ammasso informe di quelle metastasi, si può riuscire scorgere i germi di un nuovo habitat della società, in grado di renderlo diverso da quello della rendita e dell’individualismo esasperato.

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