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Lidia Baratta
Cinque cose di Marsiglia da copiare in Italia
2 Giugno 2014
Per fare
Rigenerazione urbana: «Ex strutture pubbliche recuperate, un museo nel centro commerciale e un quartiere rimesso a nuovo».

Rigenerazione urbana: «Ex strutture pubbliche recuperate, un museo nel centro commerciale e un quartiere rimesso a nuovo». Linkiesta.it, 2 giugno 2014 (m.p.r.)

Simile nell’aspetto e nella sostanza a Napoli e Genova, Marsiglia è stata identificata per anni con la criminalità organizzata (il famoso clan dei marsigliesi, ricordate?), lo spaccio di droga e i problemi di sicurezza. Divisa tra un Nord povero e un Sud ricco, con il mare di fronte e il resto della Francia alle spalle, dal 1995 la città è stata “travolta” dal progetto di riqualificazione Euromediterranée, un’operazione collettiva di Stato, Comune e Regione Provenza che pian piano sta mettendo in atto la rinascita dell’intera città con un’operazione da oltre 7 miliardi di euro.

Marsiglia è un vivace melting pot etnico e sociale. Basta fare una passeggiata sulla Canebière, la strada che divide in due la città, per accorgersene. Nel 2009 il reddito medio della città era di 16.128 euro, il 24,8% dei cittadini si era fermato all’istruzione media, la disoccupazione aveva raggiunto il 12,8 per cento. Ma le differenze sociali sono evidenti: per cinque arrondissement su 16, i redditi scendono a 10.400 euro, i senza diploma al 36% e i disoccupati al 25 per cento. E il problema sicurezza resta. Solo nel 2012 nella regione sono stati registrati 24 omicidi e in tanti hanno più volte chiesto addirittura l’intervento dell’esercito. Sì, proprio come è accaduto in alcune nostre città, da Napoli a Palermo. Marsiglia non è molto diversa dalle metropoli della nostra penisola.

Al di là della cronaca, la città tenta di rinascere, come in realtà è già avvenuto più volte nella storia di questa metropoli da 860mila abitanti. Ma stavolta lo fa attraverso la riqualificazione urbana e non radendo tutto al suolo. Tanto che nel 2013, anno in cui Marsiglia è stata capitale europea della cultura, il New York Times la indicava come seconda destinazione del mondo da visitare dopo Rio de Janeiro. E in occasione degli europei di calcio del 2016, con lo stadio Vélodrome in fase di rinnovamento, sarà anche una delle principali città a ospitare la competizione.

«Promuovere la rigenerazione dovrebbe essere un cardine della strategia economica nazionale, garantendo la sicurezza e la salute degli italiani, ridisegnando le periferie urbane creando condizioni indispensabili di inclusione sociale, intervenendo sugli spazi pubblici espropriandoli dalle auto per ridarli ai cittadini», ha scritto Leopoldo Freyrie, presidente del consiglio nazionale degli architetti sulla rivista L’architetto. E che di scelte innovative come quelle realizzate a Marsiglia abbiano bisogno pure le nostre città lo sostengono anche gli imprenditori edili dell’Ance, che insieme al Consiglio nazionale degli architetti hanno realizzato un viaggio-studio nella capitale della Provenza. «Un vero e proprio prototipo di rigenerazione urbana a tutto campo», ha scritto Paolo Buzzetti, presidente Ance, «da prendere come esempio anche in casa nostra».

La Friche Belle de Mai, il centro sociale che non è un centro sociale. Partiamo dal tabacco. Nel terzo arrondissement di Marsiglia, un’antica manifattura di tabacchi ha salvato un intero quartiere. È accaduto alla Belle de Mai, luogo di destinazione di molti operai immigrati italiani. Dopo quasi un secolo di storia, nel 1990 la tabaccheria trasferisce la produzione a Vitrolles: l’intero quartiere ne risente, i negozi chiudono e gli edifici vengono abbandonati. Ma nel 1992 un gruppo di artisti organizzati si attiva per il recupero di una parte della struttura dell’antica Manifattura, dove promuove un progetto culturale per il quartiere: la Friche Belle de Mai.

La parola friche identifica proprio gli scarti industriali, da cui il quartiere è ripartito. Non un centro sociale occupato, ma 45mila metri quadri dedicati alla creazione e alla sperimentazione artistica contemporanea con il permesso e sotto la gestione economica della Ville de Marseille. Che non elargisce soldi a pioggia agli artisti, ma affitta gli i atelier a un prezzo medio di 9 euro al metro quadro al mese comprese le spese energetiche, che comunque restano basse, visto che gli spazi sono stati ristrutturati e isolati termicamente. La mano pubblica interviene nei costi della ristrutturazione delle strutture, ma non nella progettazione e nella organizzazione culturale. Quella si autosostiene, altrimenti avanti un altro. «La Friche afferma la cultura come un’“economia” e non come “un’eccezione”», si legge sul sito web. «Per questo la cultura è necessariamente un fattore di sviluppo economico e sociale: economico perché la cultura è un mercato nel quale si può vendere e comprare secondo una logica non produttivistica ma economica. E sociale perché la cultura è uno spazio nel quale vengono poste oggi le questioni essenziali della nostra società».

Cinque piani, settanta atelier, tra teatri, laboratori artistici e musicali, sale d’esposizione, e anche un ristorante e una biblioteca ricavati tramite un intervento architettonico quasi invisibile. «L’architettura più riuscita è quella che sparisce», spiega Matthieu Poitevin, autore del recupero architettonico. Sulla grande terrazza in alto, con una vista panoramica della città, la gente si raggruppa prima di andare a teatro o ad ascoltare un concerto. Gli atelier a un primo colpo d’occhio non si vedono neanche. «È una cosa tipica di Marsiglia», dice Matthieu, «la bellezza resta sempre nascosta». Nella stessa struttura sono stati già avviati i lavori per una scuola di teatro e una scuola materna di quartiere. E alcuni stanno pure pensando di ricavare nella struttura una scuola elementare.

La Friche ormai è diventato un posto alla moda della movida marsigliese. Ogni anno 500mila persone calpestano i corridoi di queste strutture industriali ingombranti e massicce. «Il centro città è per i turisti», dice Matthieu Poitevin, «i margini per i creativi». E tutto intorno il quartiere è rinato. Dal 2004, nell’ambito del progetto Euromediterranée, gli antichi edifici della fabbrica sono stati trasformati e riutilizzati, e oggi ospitano, oltre agli archivi del Mucem (altra struttura strabiliante), un media center, uno studio cinematografico e televisivo. Nel 2005, poi, la piazza Bernard Cadenat, al centro dell’area, è stata completamente rinnovata. Sulla piazza si affacciano numerosi negozi e un mercato giornaliero. All’orizzonte si vedono diverse gru. Laddove tanti avevano abbandonato gli appartamenti, ora il mercato immobiliare sta rinascendo. Così questo spazio schiacciato tra la ferrovia Saint-Charles e le fabbriche sta tornando ad avere valore immobiliare. Dove si concentrava disagio sociale, riparte il tessuto sociale. Non grazie a un centro sociale occupato, come i molti che costellano le città italiane, ma grazie a un polo culturale che fa girare l’economia, fa pagare le tasse e riduce i costi della sicurezza, visto che dopo la rinascita il quartiere è anche diventato più sicuro.

L’Hangar J1, l’arsenale diventato galleria d’arte. Il J1 è un arsenale situato su uno dei due moli del porto di Marsiglia, tra l’Espanade J4 (con le strutture di Rudy Ricciotti, Stefano Boeri e il Fort Saint Jean) e l’ex quartiere industriale La Joliette. L’enorme arsenale ormai dismesso, come uno dei tanti che si possono trovare nelle nostre città portuali, è stato messo a disposizione dei cittadini dalle autorità in occasione di “Marsiglia capitale europea della cultura” del 2013. Riallestito e riprogettato al suo interno, è diventato un luogo di attività e di incontro nel cuore del porto turistico-commerciale. Ogni giorno le grandi navi accostano al fianco di questa struttura, raggiungendo spesso la stessa altezza.Al livello superiore, su una piattaforma coperta di 6mila metri quadri, si trovano uno spazio d’esposizione di 2.500 metri quadri, un atelier con tre gallerie d’esposizione, uno spazio per giovani e uno dedicato a eventi artistici e culturali, un punto d’informazione, una libreria e un bar caffetteria con una magnifica vista sul mare aperto.


Il Museo della storia di Marsiglia tra un parcheggio e un centro commerciale. A due passi dal vecchio porto di Marsiglia, un museo racconta la fondazione della città. L’impianto di 3.500 metri quadri di spazi espositivi abbraccia a sua volta un altro museo a cielo aperto. Nel giardino delle Vestigia di Marsiglia, ai piedi di una facciata in vetro serigrafato, si vedono i resti di quello che in epoca greca fu il bacino portuale ormai prosciugato. Il porto è stato rinvenuto solo nel 1967 durante i lavori per la costruzione del Centre Bourse, principale centro commerciale della città. Una volta trovati i resti durante gli scavi, dopo diverse pressioni dal governo centrale l’allora sindaco Gaston Defferre dovette accettare di conservare le vestigia della città, e in cambio ottenne un museo, che ha una forma a ferro di cavallo. «Come fa un gioielliere attorno a una pietra preziosa», raccontaRoland Carta, uno dei principali architetti artefici della rinascita di Marsiglia, che ha rinnovato e ampliato la struttura aperta al pubblico nel 2013. «L’edificio è aperta solo da un lato, verso la città, perché per essere bisogna essere stati», dice Carta. Così il centro commerciale è stato fatto. E attorno ai grossi pilastri a vista di quello che era un parcheggio delle auto, si espande il museo, tra i resti delle imbarcazioni dei “focesi” che si fermarono a Marsiglia diretti in Irlanda alla ricerca di stagno. E dal museo si passa direttamente al centro commerciale, senza separazione alcuna. «Chi fa shopping può entrare nel museo e chi va al museo poi può andare a fare shopping». Senza troppi snobismi. «All’inizio qui ci doveva venire un parcheggio», dice Carta. «Ci sono riuscito a fare di un parcheggio un bel museo?».
Le Silo, dal grano agli spettacoli. Anche la rinascita di questo silo per lo stoccaggio di cereali si deve a Roland Carta. Costruito nel 1927 all’epoca dei grandi commerci internazionali nel Mediterraneo, la struttura sul molo portuale de l’Arenc rivoluzionò il funzionamento del carico, scarico e stoccaggio di cereali. Dopo più di 50 anni di servizio, è stato abbandonato ed è rimasto inutilizzato per circa 20 anni. Nel 2001 la città di Marsiglia ha comprato l’intero complesso, trasformandolo in una sala spettacoli pluridisciplinare. Nel 2007 sono iniziati i lavori di ristrutturazione durati quattro anni e nel 2011 il Silo ha riaperto le sue porte. L’enorme edificio di cemento armato rettangolare all’esterno è rimasto tale e quale, con tanto di montacarichi oggi riutilizzato per far salire i materiali delle scenografie. Ma gli interni sono stati rivoluzionati: ci sono uffici, un grande auditorium per la musica, spazi per mostre temporaneee e un ristorante panoramico. All’interno dei cilindri che ospitavano il grano, Carta ha ricavato i ballatoi, rimasti visibili anche nel salone di ingresso dove una serie di coni sembrano perforare il soffitto. Nel 2004 la struttura è stata inserita nel catalogo del patrimonio architettonico del ventesimo secolo.

Quartiere Centre Nord, dal degrado al lavoro edile. Al confine tra il centro storico di Marsiglia, il vecchio porto e il progetto Euromediterranée, Centre Nord «è la vera Marsiglia», tra negozi di abiti usati, di dolci e di spezie dei tanti immigrati residenti e i calzini stesi alle finestre. Un vecchio quartiere degradato, come ce ne sono tante nei centri storici delle città italiane, con scarsa istruzione e bassi redditi, rimasto per tanti anni ai margini del tessuto urbano.

La zona rientra nell’ambito del programma nazionale di riqualificazione urbana avviato in Francia nel 2003, che a Marsiglia ha coinvolto 14 quartieri con circa 1,1 miliardi di euro di finanziamenti. Il progetto di riqualificazione del Centre Nord è stato finanziato nel 2010 con 137,2 milioni di euro, coinvolgendo 23 partner tra cui lo Stato, l’Agenzia nazionale di riqualificazione urbana (Anru), la Regione, la Provincia, il Comune, Marseille Rénovation Urbaine, la Caisse des dépots, Euromediterranée e l’Ater locale.

La proprietà immobiliare nel quartiere è frammentata e in gran parte privata. Molti edifici sono abbandonati. La riqualificazione urbana, quindi, ha puntato soprattutto nel sostituire gli alloggi degradati con alloggi sociali. Le strutture insalubri vengono espropriate, demolite e costruite, o ristrutturate. Nel frattempo, gli abitanti vengono alloggiati in edifici pubblici. E una volta rinnovati gli appartamenti, ritornano negli edifici di partenza. Il tutto grazie a una serie di incentivi fiscali per i privati che vogliono ristrutturare.

Gli alloggi privati degradati da rinnovare sono in totale 481, 176 gli alloggi sociali già esistenti da ristrutturare. La scommessa è stata anche riportare nel quartiere alcuni servizi pubblici, come l’asilo o l’Università. Il Comune, sui manifesti pubblici, informa e coinvolge i cittadini sui successivi interventi di riqualificazione urbana. Tra un incrocio e l’altro, si vedono i cantieri avviati e quelli già conclusi del progetto Euromediterranée. E ritorna il tema del parcheggio: dove i marsigliesi parcheggiavano le loro auto, al Centre Nord ora sono stati ricavati settanta alloggi.

Ma la rinascita di un quartiere non si ferma agli edifici. E questo a Marsiglia lo sanno. Oltre alle gru, l’Anru al Centre Nord ha portato anche il lavoro: il 5% delle ore lavorate nel quartiere è riservato ai residenti della zona. A beneficiarne, è chiaro, sono anche gli imprenditori edili. Cosa di cui, in Italia, avremmo bisogno, visto che tra il 2006 e il 2013 il valore degli investimenti nelle costruzioni tradizionali si è ridotto del 32 per cento, mentre il peso del dell’attività di recupero dell’esistente è cresciuto di 11 punti percentuali.

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