Ho letto e riletto “Le mie città”, di Vezio De Lucia, attratto da ciò che l’autore narra di mezzo secolo di urbanistica e anche dalle non poche concordanze di sentimenti, speranze, illusioni che ho ritrovato nelle nostre due vite di urbanisti.
Sentimenti a parte, il libro solleva molte questioni (e altre ancora se ne potrebbero aggiungere) sulle quali un vivo dibattito sarebbe sicuramente utile e opportuno. Per tre ragioni almeno. Se ogni dottrina ha bisogno di verifica e aggiornamento continui, la nostra urbanistica lo ha in modo particolare; inoltre l’avanzamento teorico, confermandone e irrobustendone le ragioni, offrirà nuove e più affilate armi contro i suoi avversari di oggi e di domani; infine questo avanzamento, se opportunamente pubblicizzato risveglierà l’interesse oggi carente (dai politici al semplice cittadino) per la stessa urbanistica e le sue ricadute. Penso che il modo migliore per avviare questo dibattito sia di farlo attraverso eddyburg.
Comincio a caso con una questione che non è certo la più importante, ma ha una sua rilevanza e trovo nella domanda (pag.161): “che significa professione privata di urbanista pubblico?” Per il contesto di riferimento e la modalità con cui è posta, la domanda sembra ammettere che in certi casi (di professione privata appunto) la figura e il ruolo dell’urbanista possano assumere una connotazione privatistica. Ossia che l’urbanista, in quanto tale possa operare nel mero e solo interesse privato. A mio parere tale idea và accuratamente scansata. E De Lucia lo ha fatto molto bene scegliendo di operare solo per la pubblica amministrazione. Scelta validissima, praticata anche da Benevolo a Brescia; ma che non ha valore categoriale (tra l’altro ci vogliono amministratori come Bozoli o Rosania); non copre l’intero campo dell’operare urbanistico.
Fai il caso che in una città o sua parte, priva di piano regolatore, una impresa di costruzione cooperativa (una delle tante “rosse”) si rivolga a te per realizzare un programma di abitazioni sociali, dalla stessa impresa proposto e sul quale ci sia il pieno assenso del comune competente. In questo caso i soggetti in campo sono privati (l’impresa cooperativa, il progettista). Di pubblico, e non è poco, c’è l’interesse collettivo dell’opera proposta (interesse sancito nelle dovute forme). Detto di passata: magari una simile cosa l’avessero fatta sistematicamente le suddette cooperative, secondo un loro preciso piano di produzione industriale. Il non averlo fatto torna, a mio giudizio, a loro debito.
Vengo dunque alla domanda e rispondo: esercitare la professione di urbanista (indipendentemente dalla figura degli attori) significa operare nell’interesse pubblico. Se manca questa connotazione si fa altro che urbanistica : si fa una mala urbanistica. Fare urbanistica per
interesse privato è semplicemente contraddittorio (come per esempio praticare l’arte medica per far star male i pazienti..
Mi rendo conto che questa mia distinzione è forse un po’ troppo ideale, ma non è sottile, anzi è ben grossa come sa chi l’ha sperimentata. E’ sicuramente scomoda perché porterebbe (parlo sempre idealmente) a sfoltire non poco negli albi professionali degli urbanisti, e a mettere in giusta luce le varie “urban promo” dalle quali siamo sommersi.. Tornando alla storia di mezzo secolo, se andiamo indietro di altri vent’anni troviamo la medesima grossa distinzione nell’idea di fondazione dell’INU, se a indirizzo pubblicistico o accademico professionale privato.
Grazie della lettera e delle belle cose che scrivi di me. Sono assolutamente d’accordo, l’urbanistica di cui ci occupiamo dovrebbe essere solo quella funzionale all’interesse pubblico. Ricordo che nel consiglio direttivo nazionale dell’Inu rinnovato dopo la contestazione studentesca del 1968 decidemmo addirittura che poteva essere ammesso all’istituto chi dimostrava di aver svolto attività professionale solo per conto di pubbliche amministrazioni. Sappiamo bene che ciò non basta, conosciamo tutti pubbliche amministrazioni che perseguono sordidi interessi privati (e ci sono anche, al contrario, soggetti privati - come nel caso da te citato – che operano a favore dell’interesse generale). Dovremmo adesso dire che cos’è l’interesse pubblico in urbanistica, esiste una definizione per noi convincente? So solo che tanti delitti si compiono in suo nome, (v.d.l.)