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Eugenio Scalfari
Chi pagherà la cordata elettorale del cavaliere
23 Marzo 2008
Articoli del 2008
L’analisi di uno che sa dell’affaire Alitalia – Malpensa, e delle intenzioni del mondo di Berlusconi e dei suoi simili.La Repubblica, 23 marzo 2008

Berlusconi, per come racconta la cronaca e come lo ricordo io che fui anche testimone diretto, è stato l’inventore delle cordate fasulle.

La più celebre fu quella della Sme, passata anche sui tavoli della giustizia civile e penale. Per bloccare il contratto già firmato tra De Benedetti e l’Iri, s’inventò un’inesistente cordata guidata da un suo prestanome, certo Scalera, che rimise in gioco l’accordo per il tempo necessario a riaprire il gioco. Poi Scalera scomparve, scomparve fisicamente, e la cordata Fininvest-Ferrero-Barilla ne prese il posto, ma era fasulla anche quella. Alla fine lui si ritirò e Ferrero-Barilla si divisero le spoglie della Sme. In quel caso la Fininvest non aveva altro interesse che fare un favore politico a Craxi. Il compenso fu il famoso decreto soprannominato "decreto Berlusconi" con il quale il governo bloccò la sentenza della Corte Costituzionale autorizzando le televisioni Fininvest a trasmettere in barba alla sentenza della Corte e dei tribunali che le avevano emesse.

Non fu il solo caso. Ce n’erano stati altri all’epoca della guerra di Segrate, che vide ancora una volta opposti lui da un lato e la Cir di De Benedetti dall’altro e che culminarono nel famoso "lodo Mondadori" anch’esso transitato sui tavoli della giustizia civile e penale con esiti a volte a lui favorevoli a volte contrari, sepolti infine dalla prescrizione.

Il personaggio è dunque coniato in questo modo, se ne infischia dei conflitti d’interesse, se ne infischia delle leggi e se ne strainfischia delle norme europee. Guarda al sodo, al suo interesse, animato dall’istinto del combattente e dagli spiriti animali d’un capitalismo senza regole.

Però questa volta non gioca sul tavolo delle tre carte. Questa volta – credetemi – fa sul serio. La cordata italiana lui la vuole veramente e riuscirà a farla decollare in un modo o in un altro, magari imbarcando per la strada i tedeschi o i fondi americani o qualche arabo di quelli che lui conosce.

Questa volta gioca da presidente del Consiglio "in pectore". L’Alitalia la considera cosa sua e considera cosa sua anche l’hub di Malpensa e quello di Fiumicino. Considera cosa sua i sindacati di Alitalia e quelli della Sea. Anche di Linate. Anche i dieci aeroporti che infiocchettano il lombardo-veneto da Bergamo a Treviso.

Si è calato interamente nella figura del leader autoritario preconizzato da Giulio Tremonti. Decide la politica, l’economia segue. Il mercato, se ostacola i suoi disegni, vada a farsi fottere. E se necessario vada a farsi fottere anche l’Europa tecnocratica.

Dio, Patria, Famiglia e ora anche Alitalia. Tremonti dixit.

* * *

È opportuno a questo punto valutare oggettivamente i costi dell’operazione cominciando dall’Alitalia e dal piano industriale presentato da Air France, che prevede un investimento immediato di due miliardi di euro.

Questa cifra è la somma di 150 milioni di esborso per gli azionisti di Alitalia, più 600 milioni di rimborso delle obbligazioni emesse da quella società, più l’assunzione dei debiti che figurano nel bilancio della Compagnia di bandiera. Air France si è anche impegnata a ricapitalizzare l’azienda con un miliardo di capitale. E fanno tre. Ci vogliono dunque tre miliardi per assumere il controllo di Alitalia e assicurarle il capitale di funzionamento. Ma resta che la Compagnia continuerà a perdere a dir poco 350 milioni l’anno se non sarà risanata e rilanciata.

Il corso Spinetta, che fa l’amore col progetto Alitalia ormai da quindici anni, prevede di portare la società al profitto entro cinque anni col taglio degli esuberi, il rinnovamento della flotta, l’abbandono di Malpensa e un investimento complessivo di 6,5 miliardi entro il 2013 nel quadro di un grande gruppo che comprende Air France, Klm, e la stessa Alitalia.

L’impegno totale dell’acquisto e del rilancio contempla dunque 10 miliardi di investimenti. Queste sono le cifre di partenza.

* * *

Ma per una cordata patriottica che abbia come obiettivo di rilanciare non solo Alitalia ma anche Malpensa tutelando i sindacati interni delle due aziende senza tuttavia smantellare Linate e tanto meno gli altri aeroporti padani, il costo dell’investimento non si ferma qui.

Senza eliminare gli esuberi non si risana un bel niente. Quanto a Malpensa le perdite attuali ammontano a 200 milioni annui. Per arrivare all’aeroporto partendo da Milano si impegna un’ora e venti minuti. Ci vogliono quindi altri investimenti indispensabili in strada e ferrovia. I diritti di traffico dell’Alitalia dovranno poi essere divisi tra i tre aeroporti di Malpensa, Fiumicino e Linate. La Sea non ha un soldo e deve essere ricapitalizzata.

Non si è dunque lontani dal vero ipotizzando che la cordata patriottica dovrà darsi carico di almeno altri 4 miliardi entro il 2013, da aggiungere ai 10 previsti da Air France. Totale quattordici. Ammesso che due hub siano un peso sostenibile.

Non mi sembra che Toto sia affidabile per un’impresa di queste dimensioni né mi sembra che Banca Intesa si possa accollare da sola una responsabilità di questo genere.

I nomi chiamati in causa e cioè Ligresti, Bracco, Soglia, Moratti, Fininvest, Della Valle, possono mobilitare l’un per l’altro 200 milioni a testa. Sapendo che nessuno di loro guiderà l’operazione. Cordata patriottica, appunto. Come la fede d’oro per finanziare la conquista dell’Impero.

Comunque un miliardo o giù di lì. Ne mancano almeno altri tredici. Ma il leader patriottico non bada a queste quisquilie. Lui guiderà il governo, su questo non ha dubbi. È in grado di compensare chi lo aiuta. Troverà il modo. E poi c’è lo Stato. Lo Stato pagherà. Il rischio e l’investimento saranno distribuiti sulle spalle dei contribuenti e dei risparmiatori. Sarà lanciato un prestito obbligazionario. Si formerà un consorzio di banche. Al Tesoro ci sarà Tremonti il creativo. Tremonti il protezionista. Tremonti il colbertiano. Che vuole la politica autoritaria alla testa dell’Europa e dell’Italia. Amico di Sarkozy.

La Cassa Depositi e Prestiti avrà un ruolo. Mediobanca anche.

Naturalmente le risorse che saranno gettate su Alitalia-Malpensa dovranno essere sottratte da altri impieghi. Ma la decisione è politica. Se il Capo è d’accordo, si va alla guerra e così sia.

Dio, naturalmente, è con noi e intanto ci farà vincere le elezioni, che è ciò che conta.

* * *

I sindacati incontreranno Spinetta il 25 prossimo, dopodomani. Forse sul cargo tratteranno (cinque vecchi aerei, 135 piloti per guidarli, 200 milioni di fatturato annuo, 70 milioni annui di perdita). Forse si aprirà uno spiraglio sugli esuberi di AZ Servizi e sul tempo di dismissione.

Se rompono la crisi sarà immediata. Se rompono si assumono i rischi della rottura perché Spinetta è stato chiaro su questo punto: senza l’accordo con i lavoratori mi ritiro. E’ un ricatto? A me sembra un dato di fatto e un segno di considerazione. Ma ognuno decide con la sua testa.

Può darsi però che i sindacati non rompano, che il piano industriale francese li convinca, ma che abbiano bisogno di qualche giorno per perfezionarlo.

Può darsi che cinque giorni, dal 25 al 31 marzo, non bastino. Può darsi che ne vogliano dieci o giù di lì. Spinetta concederà quei pochi giorni fissando una data certa e accettata? Prodi e Padoa-Schioppa accetteranno una proroga breve con data prefissata e non superabile?

Esprimo un’opinione personale: una proroga di cinque o sei giorni oltre il 31 marzo sembra accettabile. Oltre quel limite non lo è.

Quanto al prestito che Berlusconi chiede al governo, Prodi ha già detto che non si può fare se non è garantito da un soggetto bancabile. La Ue vieta operazioni di prestito a rischio da parte di un governo ad una società per azioni.

Al di là di questo non ci sono altri orizzonti che l’amministrazione controllata. Significa congelamento dei debiti, nomina d’un commissario giudiziale, risanamento con vendita delle poche attività e concordato con i creditori. Esuberi? Da quel momento la controparte dei sindacati sarà il commissario. La flotta continuerà a volare? Così come Parmalat continuò a produrre il suo latte e i suoi yogurt?

C’è una differenza di fondo tra i due casi: la gestione di Parmalat era attiva ma il capitale finanziario non c’era più. Per Alitalia invece il capitale finanziario non c’è più e la gestione è in pesante passivo.

Affinché la flotta continui a volare occorre che i fornitori vendano il carburante a credito, la manutenzione e il personale di volo e di terra lavori senza sapere se a fine mese gli stipendi saranno pagati. Una situazione ovviamente impossibile quale che siano le opinioni in proposito di Giordano, Diliberto e Pecoraro Scanio.

Berlusconi strillerà e con lui Fini. E con loro Formigoni e la Moratti che sono tra i principali responsabili del flop di Malpensa. E gli elettori?

Nessuno può dire quale sarà l’effetto dell’affaire Alitalia-Malpensa sugli elettori del Nord. Forse la maggioranza se ne infischia o forse no. Quanto agli industriali, è un fatto che in quindici anni da quando dura quest’agonia sotto quattro diversi governi, gli industriali del Nord nessuno li ha visti. Avevano altri pensieri. Li vedremo oggi? Daranno oro alla Patria? In barba al mercato? Col solo vantaggio d’essere i finanziatori di Berlusconi?

Tutto è possibile. Nel 1921 finanziarono Mussolini pensando che sarebbe stato una marionetta nelle loro mani. Non fu così, ma quando se ne accorsero era troppo tardi. Dovettero aspettare vent’anni e una catastrofe epocale.

Qui se ne preparano altri cinque e siamo ancora alle prese con lo stesso leader, lo stesso personale politico, la stessa Lega, lo stesso Fini, gli stessi "ascari" con i cannoli o senza cannoli.

Ma il popolo è sovrano. A volte decide per il suo bene, a volte si dà il martello sui piedi, a volte resta a casa a guardare lo spettacolo dalla finestra. E questa è la cosa peggiore che possa accadere.

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