Alle ambigue accuse di "buonismo" rivolte a chi soccorre i disperati, e ne salva le vite, provenienti dai politici precocemente invecchiati che fanno l'occhiolino alla destra razzista, ecco la risposta pacata e ragionevole a chi guarda le cose per quello che sono.
la Repubblica, 24 aprile 2017 (c.m.c.)
Chi è ipocrita sulla questione dei salvataggi in mare dei migranti? Le Ong e chi le sostiene finanziariamente (ma anche la marina italiana e Frontex) perché effettuano i salvataggi pur sapendo che c’è chi lucra sui migranti sia nei luoghi di partenza che nei luoghi di arrivo, o chi fa finta di non vedere e non sapere che premono alle porte dell’Europa persone così disperate da correre rischi inenarrabili, compresa la morte, pur di sfuggire alle condizioni di vita che sono loro toccate in sorte?
Basta vedere i minori non accompagnati, le donne incinte, gli anziani che sbarcano dalle navi dopo mesi di cammino e spesso sofferenze indicibili per capire che nulla li può fermare, salvo un cambiamento radicale nelle loro condizioni di partenza. Non è che non conoscano i rischi che corrono, non solo in mare, ma lungo tutto il percorso che li ha portati su quei barconi. Li mettono in conto e considerano che il trade-off tra questi rischi e la vita che toccherebbe loro e ai loro figli se rimangono è comunque positivo, che è meglio rischiare che rimanere.
Se anche tutte le navi delle Ong sparissero dal tratto del Mediterraneo ormai diventato un cimitero, coloro che non hanno altra speranza che cercare di venire in Europa continueranno a tentare, a proprio rischio e pericolo. Ne moriranno solo un po’ di più, perché Frontex è (intenzionalmente?) sottodimensionato rispetto alla necessità.
Che si controlli pure se le Ong che effettuano i salvataggi hanno le carte in regola, se chi si occupa dell’accoglienza lo fa con coscienza e responsabilità o invece lucra sulla pelle dei migranti. Ma ci si dovrebbe anche chiedere perché è stato lasciato loro questo spazio, invece di riempirlo con una efficace iniziativa pubblica europea, come si era promesso quando fu chiusa l’operazione Mare Nostrum.
E perché è possibile che Ong di tutt’Europa possano operare in mare per portare in Italia chi salvano, mentre la redistribuzione nei diversi paesi più volte decisa rimane lettera morta. Così come, nel denunciare giustamente chi lucra sulla accoglienza, ci si dovrebbe chiedere perché si permette che si aprano strutture (o si trasformino strutture preesistenti non più lucrative) per accoglienze di massa che inevitabilmente non fanno nessuna integrazione e al contrario provocano ostilità e sospetto, invece di privilegiare esplicitamente e sistematicamente l’accoglienza diffusa.
Come mi raccontava un esponente di un consorzio di comuni piemontesi, «noi abbiamo fatto grandi sforzi per distribuire pochi migranti in ciascun comune. Poi il proprietario di un albergo chiuso da tempo lo ha riciclato in struttura di accoglienza, ha partecipato a un bando e ora ci sono più di 100 migranti tutti insieme in un comune, cui non si propone nulla e non hanno nulla da fare». Diventando, aggiungo io, facile preda di sfruttatori e malintenzionati di ogni tipo.
Un responsabile di una cooperativa del Sud mi ha detto che loro non partecipano ai bandi per accogliere persone a cento alla volta, perché con questi numeri non è possibile offrire nessuna seria attività di integrazione né avere un minimo di controllo sulle persone. Non c’è solo la malversazione esplicita, come nel caso di Mafia capitale. C’è anche l’infelice incontro tra una politica miope e una, legittima, voglia di guadagno.
Chi ci va di mezzo sono i migranti stessi, oltre le comunità in cui sono collocati. È ipocrita chi fa finta di non vedere questi rischi. Ma anche chi denuncia senza prove e senza proporre alternative, salvo forse il respingimento in mare e l’abbandono al proprio destino.