Il recente pronunciamento del TAR del Lazio circa la legittimità del dispositivo di sosta a pagamento attuato in una zona della città di Roma, pronunciamento che ora il Codacons brandisce a guisa di clava contro le moltissime Amministrazioni comunali che hanno adottato analoghe misure, evidenzia, al pari di altre analoghe vicende, uno sconfortante livello di inciviltà tecnica, giuridica e sociale.
Inciviltà giuridica in primis: al di là delle motivazioni della sentenza, che saranno ovviamente ineccepibili sotto l’aspetto formale, non si può non cogliere come sia costantemente assente nella logica che muove questi ed altri analoghi giudizi il principio del rispetto della volontà del legislatore.
Il nuovo Codice della Strada è infatti ben chiaro nella volontà di superare la vecchia e del tutto insensata norma, quella appunto applicata nella sentenza ed a gran voce reclamata dal Codacons, della garanzia di parità tra posti-auto a pagamento e posti auto-gratuiti, dando la potestà alle Amministrazioni di non applicarla nelle “Zone di particolare rilevanza urbanistica”, che sono definite semplicemente e genericamente come “ aree nelle quali sussistono esigenze e condizioni particolari di traffico”.
Che ora un tribunale decida la sufficienza o meno delle motivazioni che portano alla definizione di tali zone è quantomeno imbarazzante, anche perché purtroppo la sentenza si dilunga a spiegare che le ritiene dubbie in quanto queste ricomprendono anche “ vie secondarie, prive di abitazioni e di negoz.”, e nello stesso tempo quindi dimostra la notevole ignoranza degli estensori della medesima circa il funzionamento del sistema della sosta e del concetto basilare di regolazione di area che da questo deriva.
Senza qui voler invocare il vulnus ai fondamenti dello stato democratico moderno, il mancato rispetto dei ruoli istituzionali e dei poteri qui porta più banalmente ad indurre persone nel loro campo certamente brave e competenti ad occuparsi di materie di cui palesemente non capiscono nulla.
La stessa mancanza di rispetto si era peraltro manifestata in altre e ben più gravi occasioni, in particolare rispetto alla pervicace volontà di impedire l’applicazione delle finalmente efficaci forme di controllo telematico delle infrazioni, dai limiti di velocità, al rispetto dei semafori, al controllo delle corsie preferenziali e di emergenza.
Come fanno giudici e presunti difensori del cittadino a non accorgersi di come la sostituzione di norme non di rado mal scritte ma chiare nelle finalità con una sterminata e contraddittoria produzione giurisprudenziale privi il cittadino del suo diritto più importante, che è quello appunto della certezza della norma e del diritto stesso?
E quando la norma non va applicata ma ‘interpretata’ tutto può succedere: anche che un semplice funzionario ministeriale si arroghi il diritto, come non molto tempo fa è successo, di sostituirsi al legislatore e di impedire, di fatto, l’applicazione di un sistema tranquillamente e positivamente diffuso in tutta Europa, che è quello che prevede di utilizzare i semafori per il controllo delle velocità.
Inciviltà tecnica poi: la tariffa è unicamente vista dal Codacons come balzello vessatorio. Nella teoria economica dei trasporti la tariffa è invece riconosciuta come uno dei metodi più efficienti per regolare l’accesso competitivo all’uso di risorse scarse, quale è la capacità di una strada o la quantità di sosta di un parcheggio. E non è senza significato sottolineare come efficienza significhi in questo caso proprio la massimizzazione del surplus del consumatore.
Al contrario l’accesso non regolato, e la congestione che ne deriva, risulta essere un meccanismo di regolazione altamente inefficiente e fortemente penalizzante proprio per i soggetti più ‘motivati’ al consumo.
Altra cosa sarebbe porre il tema della equità distributiva della tariffazione, ma non di questo sembra ci si voglia occupare con tali crociate: è evidentemente un tema troppo complesso e di scarso interesse forense.
Inciviltà sociale infine: la tariffazione della sosta e, più in generale, del consumo di trasporto automobilistico, è uno degli strumenti fondamentali per governare i livelli di traffico nelle aree urbane, dai quali discendono impatti rilevantissimi sull’ambiente e sulla qualità del vivere urbano: dall’inquinamento, alla sicurezza, all’uso degli spazi ….
Decidere di difendere, per giunta maldestramente come abbiamo prima spiegato, il solo “automobilista consumatore”, significa negare le ragioni degli altri e non meno meritevoli “cittadini consumatori”: consumatori di sicurezza, di aria pulita, di silenzio, di qualità urbana; questo senza nemmeno avere l’onestà di rendere esplicite e di giustificare le ragioni di tale decisione. E questo significa sfruttare nell’interesse di una parte un ruolo di rappresentanza che dovrebbe, nelle finalità fondamentali di tali associazioni, essere un poco più universale.
Ne è un chiaro e ben amaro esempio la già citata opposizione all’utilizzo delle forme di controllo telematico delle infrazioni, laddove evidentemente si preferisce salvaguardare gli interessi di chi, volendo poter correre senza noiosi limiti di velocità e snervanti attese ai semafori rossi, pregiudica l’altrui sicurezza; o la mai sopita guerra agli ausiliari del traffico che nella pratica significa difendere chi si ritiene in diritto di lasciare la propria macchina sui marciapiedi o in doppia fila, con buona pace dei passeggeri del tram bloccato o dell’invalido cui viene impedito il passaggio.
P.S. - Poichè uno strumento è buono solo se correttamente applicato, è ben possibile che, nel caso in questione delle strisce blu di Roma Ostiense che non conosciamo nel dettaglio, il provvedimento di pagamento della sosta fosse del tutto scorretto. Questo nulla toglie al ragionamento svolto, dato che l’opposizione a tale provvedimento è stata essenzialmente condotta sui principi generali e non nello specifico, come avrebbe invece dovuto essere. Ne è riprova il successivo annuncio da parte del Codacons di voler intraprendere altre analoghe impugnazioni ovunque tale provvedimento sia vigente.