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Luciana Valentino; Castellina Parlato
Che significa la vittoria di Vendola alle primarie in Puglia
26 Gennaio 2010
Articoli del 2010
Un commento e una cronaca partecipata, a proposito di un segnale importante: alla sinistra dei partiti accreditati al Parlamento qualcosa si muove. Il manifesto, 26 gennaio 2010

LA MEGLIO GIOVENTÙ

di Valentino Parlato

La forte vittoria di Nichi Vendola nelle primarie di domenica scorsa in una regione significativa come la Puglia è molto più di un evento della cronaca politica. E non segna soltanto la crisi, forse inattesa ma certamente profonda, della segreteria Bersani. È il segno forte della crisi della politica politicante e di quel che restava dei partiti della prima e della seconda repubblica. I partiti di una volta non ci sono più e i loro vertici soffrono di un forte isolamento con scarsi rapporti con quella che una volta si chiamava la base. Si tratta soprattutto di aggregazioni populiste-privatistiche e, nel caso del Pdl, di una grande aggregazione populistica-privatistica (lo ripeto) con un leader padre-padrone, che trae la sua forza dalla personale proprietà privata di cui dispone. È un monopolista dell'informazione, che è insieme il maggior business e il maggior strumento di manipolazione che oggi esista. Berlusconi, nonostante la sua incontestabile abilità, senza le proprietà sarebbe un signor nessuno. La vittoria di Vendola e la sconfitta di D'Alema - che trascina nel baratro Bersani - segnano l'esaurirsi di una politica sedicente di sinistra (ma sottovoce) e la crisi irrecuperabile. L'interrogativo è se tutto questo può segnare una ripresa, se toccato, o quasi, il fondo, si può risalire.

Certo è stato un movimento di popolo: 200 mila votanti in sette giorni di campagna per le primarie non sono poca cosa. Ma ancora più interessante e fortemente positiva è la partecipazione di giovani, il cui allontanamento dalla politica costituisce uno dei segni più gravi della nostra democrazia. Il pericolo di questo allontanamento è un segno brutto e pesante. Ad Acquasparta, dove c'è stato un seminario, assai utile, di Articolo 21, su questo punto ha insistito anche Monsignor Paglia, parlando di un'Italia che sta perdendo l'anima. Dalla Puglia che - non dimentichiamo - è la patria di Di Vittorio (ma qualcuno lo sa? e sa chi è stato Di Vittorio?) è venuto indubbiamente un segnale positivo di possibilità di una rinascita della sinistra e dei suoi ideali di libertà, eguaglianza e fraternità.

Questo segnale dobbiamo raccoglierlo e lavorarci. Noi del manifesto, ma anche tutto quel che - nonostante tutto - in Italia rifiuta lo stato presente delle cose. C'è «il popolo viola», ma anche una molteplicità di aggregazioni impegnate e - perché no? - gli intellettuali, gli artisti, gli scrittori, gli storici. Certo, davanti a noi c'è un lavoro di Sisifo. Bisogna avere impegno e pazienza. ma non c'è mai la fine della storia. Bisogna sempre tentare di ricominciare. E non è mai inutile.

NELLA FABBRICA DI VENDOLA

di Luciana Castellina

La mia giornata di scrutatrice delle primarie nelle Puglie (coadiuvanti Giusi Giannelli, ex Fgci di Bari e Rosario Rappa, segretario della Fiom) comincia da Taranto, quartiere «I Tamburi», case popolari per gli operai dell'Ilva, oggi solo 12.000, giovanissimi: media d'età 31 anni, i più anziani diventati esuberi o andati in prepensionamento perché l'amianto li ha resi invalidi o già ammazzati. Davanti al seggio, una fila già lunghissima, «parecchi hanno rinunciato» mi avverte un drappello di anziani siderurgici che sosta all'ingresso. Si vota da tre ore e sono perplessi, il segretario locale di Rifondazione è depresso: «troppe facce che non ho mai visto, tante donne, mi sa che ce la mettono...», il resto lo dice con le mani. Entro, molti vecchi compagni mi riconoscono ( da queste parti, in 62 anni di militanza comunista, sono venuta tante volte ): mi abbracciano ma, quasi scusandosi, parecchi mi dicono che voteranno Boccia, perché «così ha detto il partito» ( che nonostante tutto quello che è successo è sempre il partito). Esco allarmata: vuoi vedere, mi dico, che proprio lì dove la tradizione Pci era più forte, 45% di voti finché è esistito, va a finire male? Proprio qui dove la giunta Vendola è riuscita, per la prima volta in decenni, ad imporre all'Ilva, per legge, di installare i depuratori che hanno ridotto le esalazioni del veleno da sette nanogrammi a metro cubo a uno? «Cosa vuoi - osservano sconsolati - qui ormai alla diossina si sono abituati».

In Puglia è primavera

Le ultime ore della mia giornata le passo a Bari, su un divanetto nella stanza della «Fabbrica di Nichi», a sedere proprio accanto a lui, nervosissimo ed esausto. Fuori, dalle otto, hanno cominciato ad accalcarsi i compagni. Nella notte la conferma di quello che sapete già: 67% di media regionale, i sondaggi erano sbagliati. Ma per difetto. Alle urne 205.000 persone, parecchio di più che per le primarie interne al Pd su cui era stata tarata la distribuzione delle schede. Già nelle prime ore del pomeriggio dai seggi avevano chiesto che li rifornissero perché erano ormai senza, e si è ricorso alla fotocopiatrice. Il primo dato arriva alle 21 e 4 minuti, sul telefonino di Nicola Fratoianni, coordinatore della Sel (Sinistra, ecologia e libertà) pugliese: ad Armesano, comune salentino, 184 votanti, 32 voti per Boccia, 137 per Vendola. Ridiamo, il campione è troppo minuscolo. Poi la valanga: Tricase 80% per Nichi, idem a Fasano, al quartiere barese di Japigia al 90, 76 a Celleamare, a Triggiano 911 a 311, a Mola 841 a 187, a Copertino 736 a 199, a Lucera mille voti di distacco. Alle isole Tremiti finisce 64 a 4. Arriva anche il risultato del quartiere «I Tamburi», quello che attendo con più ansia: i compagni si erano sbagliati, quelle facce sconosciute e quelle tante donne hanno votato per il 73% in favore di Vendola. Alla diossina, per fortuna, non si erano del tutto abituati.

Nichi comincia a sorridere. Quando chiamano, direttamente sul suo cellulare, da Altamura, annunciando un 76%, gli dice «esagerati!». Poi uno scoppio maleducato ma incontenibile: è arrivato il risultato di Gallipoli, epicentro dalemiano per ragioni di politica e di vela. 204 voti per Boccia, 683 per Niki. Fuori non sanno ancora niente. Nella stanzetta-rifugio arrivano i dati non-ufficiali, per renderli pubblici è meglio aspettare quelli ufficiali. I compagni scalpitano, la folla aumenta e preme. Alle 22,30 sappiamo già qualche media provinciale, la più sfiziosa quella di Lecce, che era stata data quasi per perduta: 61,9 per cento. In totale solo sei sconfitte: Bisceglie, ma si sapeva, è la città natale di Boccia; Manfredonia, dove si concentra lo stato maggiore del Pd; Apricena; San Pietro Vernotico, Cesarano; San Ferdinando

Bisogna prendere contatto col quartier generale del Pd. Non è corretto dichiarare senza essersi accordati prima. Proviamo un po' di imbarazzo. Finalmente Fratoianni telefona al suo collega Blasi, che coraggiosamente decide che la conferenza stampa si farà nella sede della «Fabbrica di Nichi». Ho un po' di paura dell'incontinenza della folla, ormai grossissima, quando arriverà Boccia. E invece sono tutti bravissimi, gli battono persino le mani, l'onore delle armi allo sconfitto. Che poi dirà davanti a una selva di telecamere che lo prevedeva, ma che si perdono solo le battaglie che non si fanno. I due candidati del centro sinistra si impegnano adesso a marciare uniti, Nichi dice «domattina parte un treno, deve rendere l'alleanza la più larga possibile».

L'avversario adesso è Rocco Palese: lo spoglio in casa del centro sinistra non è ancora terminato che il partito della libertà scioglie i suoi tanti dubbi e annuncia che il cavallo con cui correrà sarà un pallido ex assessore di Fitto, il solo minimo comun denominatore possibile nella rissa che si è creata a destra, dove nessuno dei maggiorenti ha voluto una candidatura un po' più valida, quella dell'ex sindaco di Lecce, ex deputata e ministro di An, oggi a capo di una sua nuova formazione, «Io Sud», Adriana Poli Bortone. (L'indomani mattina se la piglia l'Udc ). Poi il fiume delle dichiarazioni, di tutti. La più singolare quella del sindaco Emiliano che avrebbe dovuto essere l'oppositore di Nichi ma non se l'è sentita: «Possiamo vincere a marzo - dice - perché il popolo del Pd ha saputo interpretare questo momento politico legando ancora una volta il destino delle Puglie a Nichi Vendola». Evviva il popolo del Pd, dunque, ma il Pd? Rutelli fa sapere che è contento di essersene andato da quel partito per non dovere escogitare frasi di rito all'annuncio della sconfitta.

Dopo la vittoria

Sono venuta nelle Puglie innanzitutto perché tornare in questa occasione al mio vecchio mestiere di inviato del manifesto era un modo per manifestare solidarietà a Vendola, ma anche perché molto curiosa di questo test, che - sia pure alterato dall'«anomalia Nichi» - poteva raccontare molte cose che vanno al di là del caso specifico; e infatti le ha raccontate.

Primo: cosa è il Pd, nel concreto? Quanto è forte la sua presa sulla società? Meglio di ogni altro me lo dice Peter Giacovelli, coordinatore della Sel di Martina Franca: «qui il Pd ha quattro consiglieri comunali e uno regionale, ma non ha più la sede, si riuniscono nell'ufficio privato del consigliere regionale. Quando abbiamo dovuto incontrarci per organizzare le primarie sono dovuti venire da noi». Ecco: un'organizzazione territoriale ormai non c'è quasi più, ma ci sono centinaia di rappresentanti degli enti locali che gestiscono in prima persona i rapporti con la società. E cui fanno capo non vere clientele (talvolta anche quelle, naturalmente, sottospecie di referenti di cooperative e di servizi municipali), ma nemmeno organizzazioni partitiche, collettivi. L'allargamento della base sociale ha poi ovviamente portato dentro al Pd anche soggetti dotati di interessi, spesso consistenti, e nelle scelte, nei conflitti che si determinano, capita di sentire il loro peso.

Secondo: cosa è l'Udc, il partito cui D' Alema voleva sacrificare Vendola? A guardarlo, qui nelle Puglie, mi è tornata in mente una prima seduta del Consiglio comunale di Roma, nel '75, in cui Lucio Lombardo Radice, neofita della carica, si rivolse con un bellissimo discorso sul cattolicesimo verso il banco della Dc dove sedevano, sbigottiti e senza capire molto, i tanti presidenti della Centrale del latte, dell'Azienda della Nettezza Urbana, i tanti piccoli centri di potere della capitale, insomma. Qui è ancora meno, è un corpaccio indistinto e transumante fra una sigla e l'altra, capibastone che dispongono di un piccolo patrimonio di voti (9,1 % alle ultime europee), parecchio clientelari, che decidono di volta in volta a chi dare. ( «Non i due forni - recita una battutaccia locale - ma dove si sforna»). Raccontarne le loro storie sarebbe troppo lungo: a Bari ci sono gli ex craxiani, parecchi perché qui nella «Bari da bere» degli anni '80 Bettino aveva stabilito un ponte privilegiato con Milano; a Barletta è invece un ex Pci entrato in rotta di collisione con il partito; molti ex Dc, ovviamente. Insomma, difficile paragonarli ai «ceti medi dell'Emilia rossa» di togliattiana memoria, e tanto meno alla rappresentanza del mondo cattolico cui Nichi, allievo fedele di don Tonino Bello, il purtroppo defunto grande vescovo di Molfetta, parla più direttamente. (Un povero presidente di circoscrizione, Francesco Ferrante, passato da poco dai socialisti autonomisti al nuovo Psi di Stefania Craxi, e cioè dal centro sinistra al centro destra, si è presentato al seggio chiedendo di votare. Gli è stata obiettata la sua recente appartenenza, ma lui si è indignato: io sono socialista, ha gridato. E alla fine lo hanno fatto votare per misericordia verso la confusione).

Interrogativo più difficile: perché, l'altro alleato che non si poteva perdere, l'Italia dei Valori, non voleva Vendola, sebbene gli slogan di Di Pietro siano tutti contro gli apparati dei partiti? Perché purtroppo dietro a quella sigla non ci sono solo girotondi, ma anche piccoli potentati locali che sono saliti sul carro ma non vogliono mettere a rischio i loro affari. E così hanno cercato di impedire al loro partito - senza riuscirci del tutto - di scegliere la candidatura del governatore.

E infine Niki: di che fenomeno si tratta? «populismo rosso», come insinua Corto Maltese (con qualche simpatia) e qualcun altro (con antipatia)? Non è così. Intanto va detto che la sua popolarità è dovuta a corpose realizzazioni della sua giunta, in particolare quelle a favore dei giovani. Prima fra tutte l'insieme di misure che vanno sotto il titolo di «Ritorno al futuro»: borse di studio per specializzarsi in Italia o all'estero, già 10.000 concesse in cambio della sottoscrizione di un «contratto etico», un impegno - non un obbligo - a tornare a lavorare nelle Puglie. E poi i «Bollenti spiriti», laboratori urbani creati in immobili pubblici ristrutturati e avviati ad ospitare attività creative. E, ancora, «Principi attivi», una sorta di concorso per idee di nuove possibili attività produttive, una sorta di microsocietà (450, su 1.500 proposte arrivate, già finanziate) per il quale le Puglie hanno ricevuto il premio dell'Unione Europea nell' «anno (il 2009) della creatività». E, ancora, il cinema, rilanciato da una straordinaria Film Commission, che ha operato sul fronte della produzione e su quello della domanda, riaprendo sale e circuiti, e dunque promuovendo occupazione. Infine, e non è poco, le energie alternative, la prima regione in Italia in questo campo, dice con giusta soddisfazione l'assessore Losappio.

Tutto questo è stato fatto non dal solo Vendola, ma insieme ad altri assessori, ovviamente anche del Pd, in particolare Minervini (che infatti ha disubbidito nelle primarie): possibile che il Pd, sparando contro Vendola, dicendo che la primavera pugliese era ormai esaurita, non si sia reso conto che azzoppava anche sé stesso? Possibile non abbia capito che era una follia barattare l'Udc, colpito proprio il giorno del voto dalla condanna a sette anni di uno dei suoi principali procacciatori di voti, Totò Cuffaro, con la straordinaria mobilitazione di giovani che si è creata a difesa della giunta e di Nichi, il solo che ha capito di cosa avevano bisogno, che non gli parla in politichese, che vince, non perché - come dice uno slogan della sua campagna - « è radicale, ma perché è radicato», innanzitutto nelle nuove generazioni? Nelle Puglie ha preso corpo un fenomeno nuovo e di grande significato, un ritorno alla politica di migliaia di giovani, i veri protagonisti di questa vittoria delle primarie. Sono cosa? «Post» di tutto: del comunismo, del moderno, del lavoro stabile, e persino, adesso, orgogliosi di essere pugliesi.

È il trionfo della società civile contro la politica dei partiti? Ne discutiamo a lungo con il sociologo Franco Cassano, l'intellettuale che più si è impegnato a fianco di Nichi. Il discorso è lungo, non siamo nemmeno sempre d'accordo, un fatto è però certo: la politica tradizionale non attira più perché ha perduto la sua investitura storica. Adesso siamo nella fase di un utilissimo bombardamento del quartier generale. Poi si vedrà. Il 28 marzo si vota. Sarà una prova dura. Ma con quei 205.000 votanti alle primarie, si è messo già insieme un bel motore, ricco del 10 per cento dell'elettorato chiamato alle urna.

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