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Alessandro Balducci
Che cosa insegna un parcheggio
29 Settembre 2012
Milano
Alcune (parziali) condivisibili considerazioni sui perversi iter urbanistico-edilizi avulsi dal metabolismo urbano. Corriere della Sera Milano, 29 settembre 2012

Si inaugurano i parcheggi sotterranei di via Ampère a Città Studi. Quando era stato aperto il cantiere dieci anni fa (10!), si pensava a poco più di un anno di disagio per avere poi una situazione di maggiore ordine in una zona dove ogni giorno si riversano 35.000 studenti e 5.000 addetti dell'università. Molti di loro si affacciano qui dalla stazione del metrò Piola, di fatto di fronte al parcheggio. Gli studenti che nel 2002 uscivano dal liceo e si presentavano tremanti al Politecnico o alla Statale hanno concluso i loro studi da molti anni. Sono stati costretti per tutto il periodo ad attraversare un cantiere fangoso e per la gran parte del tempo abbandonato. A Shanghai nel 2002 non avevano ancora vinto l'assegnazione di Expo 2010 e nello stesso periodo hanno realizzato, tra l'altro, 190 nuove stazioni sotterranee collegate da 490 km di nuove linee metropolitane.

Sappiamo che il parcheggio, deciso dall'amministrazione Albertini, ha incontrato diverse difficoltà: imprese fallite, ricorsi degli abitanti per le case lesionate. Ma è la storia di molti progetti dei parcheggi interrati, realizzati sulla base di un atteggiamento acriticamente favorevole alla realizzazione di interventi destinati ad infliggere ferite profonde nel tessuto urbano per far posto alle auto. La pretesa era che si trattasse di una scelta pragmatica senza costi per la collettività. I costi sono stati ben più rilevanti dei paventati oneri economici: per dieci anni le automobili si sono accatastate ancor più disordinatamente nella zona, si è persa una piccola piazza alberata, oggi sostituita da una spianata di cemento poco accogliente, in gran parte occupata dalle rampe di accesso a box privati che difficilmente porteranno benefici alla vivibilità della zona. Rimarginata la ferita c'è da chiedersi cosa possiamo imparare da questa vicenda.

Provo ad elencare alcune possibili cose:

1) è tramontata l'epoca del «a costo zero», molti costi non sono economici ma impongono alla comunità oneri ancor più gravosi;

2) nessun progetto può essere approvato senza considerare come affrontare gli imprevisti. Negli anni abbiamo sentito parlare di commissari straordinari, di commissioni: nulla che possa sostituire una quotidiana attività di controllo;

3) non è ammissibile che una città come Milano accetti di far durare il cantiere di un parcheggio per poche auto più a lungo del cantiere per 500 km di metropolitana in Cina;

4) dobbiamo interrogarci a fondo sul senso di progetti di parcheggi che incoraggiano l'uso dell'auto in una città già ingessata dal traffico quando tutte le società avanzate lavorano sulla limitazione dell'uso urbano dell'auto;

5) vorremmo infine anche poter considerare possibile la realizzazione di un parcheggio interrato, quando serve davvero, come un progetto «normale» se fattibile, mentre oggi, grazie alle esperienze disastrose degli ultimi 10 anni questo è diventato un tabù.

Solo se potremo dire di aver imparato queste cose Milano potrà festeggiare l'inaugurazione tardiva del parcheggio di via Ampère. Altrimenti si tratterebbe solo della sospirata scritta «Fine» di un brutto film che non vorremmo più rivedere.

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