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Pierluigi Panza
C’è molto di nuovo, a Milano, sotto il sole
6 Novembre 2004
Milano
"Piscine, giardini pensili, abbaini. Si moltiplicano sopralzi e mansarde. 500 mila metri quadrati, grazie al recupero dei solai". Arriva sul Corrierone (www.corriere.it) lo scandalo perpetrato dall'assessore Verga e denunciato da Baruffi, Brenna, Gibelli, Meneghetti.

MILANO - C’è molto di nuovo, a Milano, sotto il sole. Basta affacciarsi un pomeriggio dal portellone dell’elicottero AB 212 PS 81 della Polizia di Stato in volo nel cielo sopra Milano per notare che la città sta cambiando. Eccome! Milano sta smarrendo il tradizionale tetto a due falde rivestito in coppi rossi, quello delle sue basiliche e delle sue cascine, per far posto alla nascita di un nuovo quartiere posto a una ventina di metri da terra: il quartiere dei sottotetti. Perché lì in alto, negli ultimi cinque anni, si è sviluppata una città nella città. Che vedono solo i piccioni, è vero, ma che è grande - solo per la sua parte di recente costruzione - come tutto il quartiere Orlando di Livorno, un’area, per intendersi, di oltre 500 mila metri quadrati dove potrebbero esserci abitazioni e un porto per 800 barche! Una città estesa quanto la nuova Fiera di Rho-Pero che è «la più grande d’Europa»; quanto il Mall di Ontario Mills a Los Angeles che è «il più grande del mondo» e quanto il piano di recupero dell’Olona che attraversa due comuni: Cairate e Lonate...

Questa rivoluzione urbanistica senza un piano regolatore celeste si è sviluppata dal 1999, anno in cui è entrata in vigore la legge regionale 22 che consente la variazione dell’inclinazione delle falde del tetto per rendere abitativi i sottotetti (la legge 15 sul recupero dei sottotetti con già sufficiente altezza era entrata in vigore nel 1996). Così a Milano, nel ’99, sono stati rifatti 156 sottotetti per un totale di 23.400 metri quadri di superficie. Ma attenzione: nel 2000 gli interventi erano già saliti a 538 per oltre 80 mila metri quadrati; nel 2001 a 843 per 126 mila metri; nel 2002 gli interventi sono stati 1.019 per 152 mila metri e nel 2003 ben 1.048 per 157.200 metri quadrati. E così come esiste una Milano del sottosuolo fatta di cantine, canali e metropolitane, esiste ora una Milano sopra i tetti fatta di piscine, giardini pensili, abbaini, sopralzi, mansarde e cappuccine.

Decollando da Linate e sorvolando Milano sino alla periferia nord-ovest, la città sopra i tetti è un cantiere aperto che pare seguire, nella logica urbanistica, le fasce delle circonvallazioni: la zona più esterna e periferica non è toccata dal fenomeno dell’innalzamento dei sottotetti, anche perché fatta di abitazioni a torre costruite negli ultimi vent’anni. Qui, semmai, ci sono piscine e giardini con vista verso il centro città. La fascia intermedia è quella dei sopralzi in grande stile. Quella del centro storico entro i bastioni, invece, è caratterizzata da abbaini e cappuccine, perché forse i sopralzi sembravano troppo invadenti per trovar casa.

Basta che il comandante Francesco Cipriano abbassi un po’ di quota l’elicottero e si vede la vita di questa nuova città a un solo piano realizzata in quota. Qui non ci sono più gli stenditoi condominiali, terreno di storiche dispute tra massaie, e neppure i fili da tagliare all’antenna del vicino perché disturba. Ora, questa, è la zona più trendy di Milano, di quelli che vivono nei loft, prendono il sole ai bordi delle piscine private e leggono i giornali all’ombra dei ficus. Un secolo e mezzo dopo il trionfo della vita della bohème, i protagonisti dei sottotetti non sono più lo squattrinato poeta Rodolfo e Mimì dalla «gelida manina» e neppure gli artisti scapigliati del romanzo «Scene della vita di boheme» di Henri Murger, ma la high-society ambrosiana intesa a districarsi tra aria condizionata e liti condominiali.

Ma anche se non ci sono gli artisti della Scapigliatura, il sottotetto è ugualmente il luogo del trionfo della fantasia. Basta vederli! Ciascuno li ha rifatti come vuole. Le cappuccine sono spesso a due falde, ma qualcuno si è inventato il tetto tondo come quelli delle autofficine mentre i sopralzi sono dei grandi occhi di vetro sulla città. Come negarne la legittimità visto che nel Settecento il più grande architetto milanese, Francesco Croce, fece lo stesso rialzando di un piano il Palazzo della Ragione? Prosit!

Ma in alcuni condomini sono stati persino alzati dei tetti piatti: insomma, una cosa contro natura. Quanto alle mansarde, bisogna ricordare che hanno dato un volto riconoscibile a Parigi, e che sono state inventate alla fine del Seicento a Place Vendôme dal grande architetto Jules Harduin Mansart, dal quale hanno preso nome. Insomma: una copiatura da tre secoli fa! Dall’alto appare chiaro che non tutte le ciambelle sono però riuscite con il buco al punto giusto. Così per alcuni funghi velenosi come un’amanite che spuntano dai tetti di corso Lodi e di viale Umbria e per vari abbaini in stile cuccia di cane in pieno centro.

Scesi a terra le polemiche non mancano. L’assessore regionale Alessandro Moneta, firmatario delle leggi sui sottotetti, le difende. E spiega perché non si poteva costruire un po’ più con i piedi per terra. «Con la legge sul recupero dei sottotetti - dice - abbiamo cercato di frenare l’espansione abitativa sul territorio, che mangiava le poche aree agricole in prossimità di Milano». Quelle aree agricole così ben lavorate dalla mano dell’uomo che per Carlo Cattaneo erano una delle meraviglie d’Italia. Dunque leggi in difesa della bellezza del territorio come da verbo del governatore Roberto Formigoni? Risponde lo stesso presidente della Regione: «Quella di Moneta è una buona legge applicata male. Permette di risparmiare territorio. Se è stata utilizzata male è responsabilità di alcuni comuni, ma non di quello di Milano, e di alcuni progettisti: una legge non può stabilire i canoni del bello. Comunque stiamo introducendo dei parametri nella legge sul paesaggio a tutela della bellezza».

Ed è proprio per la tutela del paesaggio che i Verdi chiedono di bloccare ogni intervento. Ma le cucce dei cani sui tetti deturpano la città? La soprintendente regionale, Carla Di Francesco, frena; non si può vincolare tutto e bisogna puntare sulla qualità: «Meglio privilegiare i sopralzi ben progettati che gli abbaini». Già, ma chi stabilisce la qualità dell’intervento? Qui in terra non la stabilisce formalmente nessuno, anche se dal febbraio del 2003 il Comune di Milano ha imposto che gli interventi che mutano volumetria passino dalla Commissione edilizia per una valutazione, diciamo, anche «estetica». E il 70% degli interventi ammessi in commissione sono stati bocciati.

Ma a questo punto sono gli architetti a lamentarsi: i committenti vogliono spendere poco, ci sono le burocrazie da rispettare, le norme sulla sicurezza e ora anche una sorta di valutazione estetica senza nessun «prontuario» da seguire. Un rebus! Ma niente paura: il Comune di Milano starebbe predisponendo una mappatura tipologica degli interventi sulla base della quale fornire indicazioni pratiche. Peccato che per il direttore di «Domus», Stefano Boeri, una mappatura e un prontuario sono «proprio ciò che non ci vuole». E’ la deregulation celeste, bellezza!

Insomma, per vedere « il nuovo che avanza», a Milano non bisogna avere paura di volare. Anche sopra la Scala, dove s’innalza la madre di tutti i sopralzi: il cilindro di Mario Botta. Perché giunti a terra resta solo il traffico di viale Forlanini.

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