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Franco Giordano
«C'è bisogno anche di voi»
26 Febbraio 2008
Articoli del 2008
Criticare è utile, ma anche votare a sinistra, dice il segretario PRC. Ha ragione, dico io. Da il manifesto, 26 febbraio 2008

«A cosa servirà - in Parlamento e fuori di esso, nell'immediato e in prospettiva - il soggetto unitario e plurale che state costruendo a sinistra in tutta fretta?». E' questa la domanda centrale che Gabriele Polo ci pone nell'editoriale del manifesto di sabato scorso. Intendo rispondere chiaramente, perché quell'interrogativo coinvolge e inquieta una parte grande del nostro popolo. Polo chiede «risposte non scontate» né limitate all'«elenco dei sacri princìpi». Va bene, è giusto. A patto però di non considerare comunque banali e ovvie quelle risposte. Perché non lo sono affatto. Perché non è banale e ovvia la fase che stiamo attraversando. Siamo di fronte a un'operazione politica di portata e di ambizione gigantesche, iniziata ben prima della campagna elettorale ma che con la campagna elettorale ha subìto una drastica accelerazione.

Senza giri di parole, l'obiettivo è cancellare la sinistra dal quadro politico di questo paese, per rendere marginale il conflitto sociale, rimuovere ogni forma di protagonismo e partecipazione, far scomparire dall'orizzonte ogni idea di alternativa di società.

D'altronde, il quadro che tende a delinearsi dopo le elezioni è proprio quello di un governo di compatibilità confindustriali, per far valere gli interessi forti allorquando si faranno sentire la recessione americana, la crisi finanziaria e quella energetica. Non mi riferisco solo al classico governo di larghe intese, come in Germania, ma anche ad altre e inedite modalità, come peraltro si sta sperimentando in Francia con la commissione Attali. Tutte scelte che peseranno in maniera soverchiante sul lavoro e sulle condizioni di vita delle fasce più deboli della popolazione, accentuando precarietà e moderne forme di impoverimento. La possibilità di fronteggiare questa situazione ed evitare che a pagare i costi della crisi siano, come al solito, i più deboli dipende tutta dalla presenza di una forte e radicata sinistra politica. E' evidente che l'esperienza del governo Prodi, per lo scarto enorme tra le aspettative che aveva suscitato e le delusioni seguenti, rende tutto ciò molto più difficile. Non è un caso infatti che il Pd di Veltroni, dopo aver rappresentato con le altre forze centriste la principale resistenza all'attuazione del programma del governo e alle aspirazioni di rinnovamento del paese, eviti oggi qualsiasi serio bilancio di quella esperienza e proponga un programma stavolta, a differenza di quello boicottato in precedenza, del tutto adeguato alle richieste condizionanti di Confindustra e delle gerarchie ecclesiastiche

Se accetto e ritengo fondata la critica rispetto al ritardo con cui abbiamo avviato il processo unitario, nonostante lo sforzo da noi compiuto da tempo per contrastare resistenze e conservatorismi, credo che il tema vero sia quello di convenire unitariamente sulla necessità della costruzione di una sinistra non solo parlamentare ma politica in senso forte. Capace cioè di legare qui ed ora il mutamento concreto delle condizioni materiali individuali e collettive con un progetto complessivo di trasformazione della società. Esattamente il rovescio del modello americano, che tollera esperienza anche di radicalità sociale, incapaci, però, di incidere sulle scelte di fondo e sulla progettualità della politica. Dove è possibile, insomma, aprire solo canali di microcontrattazione parziale i cui esiti sono destinati, con il tempo a rivelarsi effimeri. A volte ho la sensazione che la sirena della contrattazione «all'americana», così come quella del ritrarsi in una dimensione del sociale incontaminata dalla politica, trovino entrambe ascolto anche sulle pagine del manifesto. E invece, pur tra limiti e contraddizioni, la sfida del nuovo soggetto unitario e plurale sta proprio nella capacità di coinvolgere a pieno titolo nella sua costruzione tutte le esperienze della Sinistra, dai movimenti alle esperienze comunitarie di nuovo legame sociale, dalle associazioni ai singoli compagni, dai luoghi della conflittualità sociale a quelli della lotta in difesa dei diritti civili, fino alle esperienze di ricerca politica e culturale che sono fiorite in questi anni al di fuori delle forze politiche organizzate.

Non vedo altra via per tenere aperta la possibilità di trasformazione nel nostro paese e per restituire attualità all'idea di eguaglianza, mettendola in relazione dialettica con le trasformazioni subìte dai processi di produzione e con la valorizzazione della differenze introdotta dal femminismo e dal pensiero della differenza sessuale nei criteri classici del pensiero critico. Non vedo altra via per affrontare la scommessa costituita dalla necessità di coniugare, in forme adeguate ai tempi, l'eguaglianza con la libertà, intesa come liberazione dei soggetti dalle forme di alienazione, dall'eterodeterminazione dei bisogni, dal peso della tecnica e della scienza che colonizza i corpi, i sentimenti, gli affetti: il capitalismo che oggi occupa lo spazio della produzione e della riproduzione.

Se questa è la posta in gioco, care compagne e cari compagni del manifesto, la critica, anche aspra, è non solo benvenuta ma per noi necessaria. A patto però che quella critica e quella necessità di confronto non si traducano solo in una sorta di attesa vigile che esclude il coinvolgimento immediato e diretto nel processo di costruzione del soggetto unitario e plurale della Sinistra.

Il precipitare della crisi politica ci ha posto di fronte a enormi difficoltà ma ci ha anche offerto potenzialità altrettanto grandi. Possiamo, dal basso, cambiare il segno di questa fase politica e tenere aperta una prospettiva che in troppi vorrebbero definitivamente chiusa. Non potete tirarvene fuori.

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