la Repubblica ed. Milano
"Salviamo il territorio" appello del forum verde per una legge sul suolo
di Anna Cirillo
Sono arrivati da 17 regioni per riunirsi sotto gli alberi del parco dai colori autunnali di Cassinetta di Lugagnano e ascoltare, tra gli altri, Carlo Petrini, patron di Slow Food, e Giulia Maria Crespi, fondatrice e presidente onorario del Fondo per l’Ambiente Italiano. Nella cornice romantica di uno dei più bei borghi dell’area milanese c’è stato il primo forum nazionale «Salviamo il paesaggio - Difendiamo i territori», che riunisce i movimenti per la salvaguardia della terra. E non a caso la riunione è avvenuta nel primo comune italiano a crescita zero, già con il piano regolatore del 2007: il suo sindaco, Domenico Finiguerra, è stato tre anni fa il promotore della campagna «Stop al consumo di territorio». Ovvero, basta con il cemento e con il meccanismo perverso per cui i comuni si finanziano con gli oneri di urbanizzazione delle nuove costruzioni e sì, invece, alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.
Il forum ha un obiettivo molto concreto, fermare il consumo dei suoli fertili e la rovina del paesaggio con l’elaborazione di una proposta di legge di iniziativa popolare da portare in Parlamento. La legge al primo articolo recita: «Nuove occupazioni di suolo sono consentite qualora non sussistano alternative di riuso e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti». Ma si propongono anche un censimento in tutti i comuni degli immobili vuoti e non utilizzati, e una campagna di comunicazione e sensibilizzazione.
Il dibattito è stato in alcuni momenti molto acceso. Applausi hanno accolto l’intervento di Giulia Maria Crespi. Si è appellata alla società civile, «in cui ho molta fiducia», e ha criticato il piano territoriale della Provincia che rinuncia a fissare vincoli su 47 mila ettari di zone agricole nel Parco Sud. «Podestà - ha detto - è venuto meno alle grandi speranze che il Fai aveva in lui. Io continuerò a battermi».
Per l’assessore alla Cultura di Milano Stefano Boeri «quella di Cassinetta è una rivoluzione culturale che dobbiamo introdurre nella politica italiana e del Pd». Per Carlo Petrini «con pazienza questo movimento si può radicare in tutto il territorio nazionale, il referendum sull’acqua è stato la dimostrazione tangibile di quanto si possa diventare incisivi, e la proposta di legge che vogliamo lanciare deve essere formulata in maniera chiara e precisa». Petrini ha poi spiegato che l’Expo «aveva l’obbligo di parlare di alcune cose», del consumo di territorio, dell’agricoltura, dello spreco di cibo, della fame e delle logiche di consumo, della distruzione del paesaggio. «Doveva parlare di queste enormi contraddizioni. E invece tutti si sono concentrati sul terreno strapagato per costruire padiglioni. Manca l’anima, e dovrebbero dire "lasciamo perdere". Capisco le difficoltà del sindaco Pisapia, alle prese con questa patata bollente».
Il sindaco di Cassinetta "Noi pionieri del consumo zero"
Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano, lei è stato portato come esempio da imitare da Maria Giulia Crespi per il suo impegno contro il consumo di suolo. Che effetto le fa?
«Mi fa molto piacere, è il riconoscimento da parte della presidente onoraria del Fai di un lavoro fatto con estrema fatica, nel mio comune e in Italia, con le campagne «Stop al consumo di territorio», partite tre anni fa, nel gennaio 2009».
Come le è venuta l’idea?
«Nel 2007 qui a Cassinetta abbiamo adottato un piano regolatore senza espansione urbanistica. Dal nostro caso è partito un tam tam sulla rete e ho visto che l’idea del fermare il consumo di suolo la condividevano in tanti. Così siamo arrivati alla campagna nazionale».
È difficile non consumare suolo?
«È difficile se non si ha il coraggio di uscire da un modo di pensare dato per scontato dai comuni che utilizzano gli oneri di urbanizzazione delle costruzioni per fare utili e pareggiare i bilanci».
Voi, che non avete voluto costruzioni nuove, che cosa vi siete inventati per pareggiare il bilancio?
«Abbiamo lavorato di fantasia, i matrimoni a mezzanotte, per esempio. Poi usato il buon senso, utilizzando le energie rinnovabili e i pannelli fotovoltaici sui tetti, tagliando le consulenze e alzando un po’ le tasse, dal 6 al 7 per mille, sulle seconde case e le attività produttive».
Siete riusciti a pareggiare?
«Da cinque anni abbiamo il bilancio che sta in piedi senza oneri di urbanizzazione. E vorrei chiarire che noi abbiamo detto stop al consumo di territorio, non all’edilizia. Abbiamo avuto decine di cantieri in questi anni, ma per riqualificare il patrimonio esistente, creando nuove abitazioni in case, comprese ville del ‘700, che già esistevano. E tutelando anche il paesaggio».
Qual è l’obiettivo della vostra proposta di legge?
«La terra come l’acqua è un bene comune e va tutelato. Chi ci sta a tutelarlo attraverso una legge? O si vuole il grana padano o i capannoni, e con questa legge si dice se si sta da una parte o dall’altra. La politica dovrà prendere una posizione e manifestare il suo vero pensiero».
Corriere della Sera
Il patto di 350 gruppi per conservare i paesaggi d'Italia
di Paola D’Amico
MILANO — Alla fine il «Messia», come qualche oppositore politico ha pensato bene di soprannominare il sindaco di Cassinetta di Lugagnano, Domenico Finiguerra, ce l'ha fatta e ha messo d'accordo tutti. Lasciati sfogare in mattinata gli animi degli oppositori più accesi all'Expo, i partecipanti al forum «Salviamo il Paesaggio» arrivati da tutta Italia ieri pomeriggio si sono seduti a scrivere il progetto di legge di iniziativa popolare a tutela del suolo e del paesaggio, che si prefigge di bissare il risultato ottenuto dai comitati referendari per l'acqua pubblica. Un progetto che, innanzi tutto, promuove un censimento a tappeto di ogni edificio e capannone vuoto presente nel Paese e una moratoria dei piani regolatori. La crociata contro la cementificazione selvaggia passa da qui. E la raccolta di firme (50 mila) è già cominciata.
Finiguerra da un palco singolare, ricavato nel parco pubblico, perché i partecipanti alla convention avevano superato ogni aspettativa e lo spazio comunale non era in grado di ospitarli, ha lanciato un messaggio politico: «Chiediamo ai partiti e alla politica di assumersi le loro responsabilità. Bersani si levi dalla testa di arrivare agli ultimi 100 metri per raccogliere i frutti della maratona del lavoro degli altri, come ha fatto per l'acqua. Bisogna scegliere. Non si può andare al mattino al convegno di Slow Food e al pomeriggio a quello di Confindustria a parlare di grandi opere. Questo è il territorio che l'Expo 2015 lo vive sulla propria pelle e sarebbe una vera rivoluzione avere almeno una parte di Expo a cemento zero».
A Cassinetta, ieri, c'erano oltre seicento rappresentanti di 350 associazioni ambientaliste, Italia Nostra, Legambiente, Fai, Europa Nostra, Wwf e Lipu, sindaci di destra e di sinistra. C'erano l'assessore all'Urbanistica di Napoli Luigi De Falco, che ha aderito al Forum invocando l'«obiezione di coscienza al piano casa», e l'assessore alla Cultura e all'Expo del capoluogo lombardo, Stefano Boeri, che ha chiarito cos'è per la giunta di cui fa parte l'Expo, cioè «un modo di trasformare Milano in una grande metropoli agricola». Costruire in città sarà ancora possibile «solo rigenerando gli spazi vuoti». Tra i testimonial della battaglia ambientalista è arrivato anche Roberto Ronco, assessore all'Ambiente della provincia di Torino, che ha vinto la battaglia con la catena Ikea, intenzionata a raddoppiare gli spazi a sud della città del Lingotto.
Un tema, quello della salvaguardia del suolo, che più attuale non si può: è da tempo all'ordine del giorno della Commissione europea, dai cui studi emerge che ogni anno, in Europa, una superficie equivalente a un'area più estesa di Berlino cede il passo all'espansione urbana e a infrastrutture di trasporto. Per chi preferisce raccontarlo con i numeri ciò equivale a 275 ettari di terreno erosi ogni giorno, per mille chilometri quadrati all'anno. La metà di questa superficie è irrimediabilmente impermeabilizzata da edifici, strade e parcheggi.
La parola d'ordine è «usare meno, vivere meglio», ha detto Giulia Maria Crespi, presidente onoraria del Fai, invitando le diverse anime del mondo ambientalista e della società civile a non a farsi la guerra e, invece, a unirsi: «Se c'è una speranza di salvare questo Paese è la società civile. Dall'altra parte c'è moltissima gente che non capisce, che ignora. Quelli che hanno fabbricato le loro case nel greto dei fiumi — ha aggiunto Crespi — secondo me non erano coscienti del pericolo. La gente deve essere informata, deve conoscere». Sacrosanto, ha concluso, chiedere il censimento degli stabili vuoti. «Ma per procedere dobbiamo prendere degli esempi. Uno lo abbiamo in Cassinetta e in questo sindaco che ha dato il là, è riuscito a guadagnare la fiducia dei suoi cittadini e adesso ci proverà ad Abbiategrasso».
Salvare il paesaggio, difendere i territori equivale «a conservare né più né meno una civiltà», aveva scritto nel suo messaggio al Forum il giurista Stefano Rodotà. Mentre Carlo Petrini, presidente di Slow Food, (contestato da una frangia più estremista) ha confessato di «vivere un sentimento di impotenza. La parte più debole del Paese sono i contadini, quelli veri. Non si esce dalla crisi tornando a consumare. Dobbiamo, invece, tornare alla terra».