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Giorgio Todde
Capo Malfatano: Una gioia e un dolore
8 Febbraio 2012
Giorgio Todde
La luminosa sentenza del Tar Sardegna che dichiara illegittimo…

La luminosa sentenza del Tar Sardegna che dichiara illegittimo lo smisurato progetto di Malfatano presenta, ovvio, diversi piani di lettura. Noi troviamo impervi quelli giuridici e disdicevoli i peana e gli inni perché da una sentenza positiva può derivare anche una parte di dolore.

Il dolore proviene in questo caso da una riflessione sulla storia recente di Teulada e sulla sua comunità che negli anni Cinquanta si vide sottrarre per usi militari settemila ettari di costa incantevole e di terre coltivate. Che visse la tragedia di chi lavorava quelle terre e ne fu sradicato improvvisamente non essendone, in molti casi, neppure il padrone e dunque privato di ogni risarcimento. Teulada rimase lontana, per sua fortuna, dal “miracolo petrolchimico” e intravide soltanto, altra fortuna, il “miracolo turistico” dei suoi vicini che oggi hanno uguali drammatici tassi di disoccupazione, ma il territorio devastato. Vide svanire nel suo territorio una comunità di trecento persone, quella dei malfatanesi. Teulada si spopola nei decenni e le percentuali di disoccupazione sono drammatiche, come nel resto dell’intera Isola. E oggi, oltretutto, fa parte di uno dei siti inquinati più vasti d’Italia.

Inizia, anni or sono, il “sogno turistico” proposto da una potente associazione di imprese “continentali” che rileva terreni un tempo agricoli divenuti edificabili. Il progetto inizia il suo iter burocratico, ottiene le autorizzazioni e i permessi che oggi il Tar ha giudicato illegittimi. Insomma, anni or sono, chi amministrava Teulada decise un inverosimile futuro per il paese e incautamente innescò un dramma prevedibile.

Chi amministra una comunità che soffre ancora le ferite per l’esproprio delle aree militari, chi ha visto il declino del sogno industriale e turistico nella sua regione, chi ha già vissuto il trauma delle macerie di baia delle Ginestre, avrebbe dovuto riflettere sull’opportunità di operare scelte già fallite. E sostenere con passione scelte affidate alla consapevolezza della comunità e non a entità mitologiche provenienti da lontano.

Chi amministra deve curarsi che ogni sua azione sia inattaccabile e non tanto fragile da essere annullata da un giudice.

Chi amministra una comunità deve immaginare per chi lo ha eletto e condividere con lui regole e progetti per vivere decorosamente.

Chi amministra deve utilizzare al meglio ciò di cui la storia e la natura lo hanno provvisto e non proporre la cancellazione del proprio passato per sostituirlo con una finzione. Deve risparmiare le risorse naturali e non dilapidarle con spettrali villaggi vacanze.

E ora? Ora che Tuerredda, un diamante di famiglia, è ricoperta di costruzioni in aggiunta illegittime? Ora che l’opinione pubblica isolana e non solo isolana è inorridita per quelle costruzioni? Ora che un tribunale ha dichiarato illecito il progetto?

Sino all’ultimo chi governa Teulada – metafora oggi dell’intera condizione isolana – non ha neppure tentato di immaginare un’economia fondata su un uso durevole delle proprie risorse e la ricerca di una propria vera, autentica autodeterminazione. E ha proseguito nel cupo cammino scelto per i propri amministrati.

Ecco perché insieme al piacere grande di intravedere la salvezza per Malfatano – da cui discenderà la sconfitta di altri progetti come quello surreale degli oltre seimila posti letto nel territorio di Arbus – proviamo anche un’acuta amarezza, un dolore che proviene dal come sarebbe potuto essere e non è stato

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