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"Campania: i disastri del condono"
13 Dicembre 2004
Lettere e Interventi
Paola Gargiulo NA 20.10.2004

Caro Eddy, i temi che mi piacerebbe trattare sono tantissimi, troppi, ma la tristezza per il tempo che stiamo vivendo è tale che quasi non ce la faccio a parlarne o scriverne; quindi mi limito ad un solo argomento, che mi angustia due volte: come cittadina che lo subisce e come funzionaria della pubblica amministrazione che lo deve pure gestire. Si tratta, ovviamente, del condono che con gli ultimi interventi legislativi di questo governo "finalmente" ha espresso tutto il suo potenziale.

Se in regioni con un più alto tasso di rispetto per l'ambiente, per i diritti dei cittadini, per la tutela delle risorse inalienabili dello Stato (?), gli effetti di queta follia legislativa forse saranno contenuti, qui, in Campania, nella mia regione, non potranno che realizzarsi, come di fatto si stanno realizzando, ulteriori disastri e alla distruzione del territorio si sommerà la devastazione ancora più grave della coscienza civile di cittadini che già da tempo sembrano non saper più distingere il lecito dall'illecito, i propri bisogni dal diritto della collettività. I proclami della Regione Campania contro questo condono (per colpa della crisi del governo regionale o per paura di andare coerentemente fino in fondo) sono rimasti lettera morta e della legge regionale non si parla più, dopo l'inutile pubblicazione estiva del disegno di legge.

Resta la legge statale che è stata "perfezionata" (quando ho letto dello slittamento dei termini al settembre di quest'anno credevo che si scherzasse) buttando giù anche gli ultimi paletti delle esclusioni per vincoli ambientali. Resta la sostanza sociale del fenomeno: chi in questi mesi ha fatto i fatti suoi (anche se lo abbiamo colto sul fatto e se è partito il procedimento amministrativo nei suoi confronti) alla fine non ha sbagliato, anzi si trova in mano un investimento che non ha paragoni con nulla...

Fare il proprio dovere in questa temperie è davvero duro e applicare questo tipo di leggi, anche se dovuto, è sconsolante.

Non è la prima volta, nella nostra storia, che si attraversano tempi molto bui. Portroppo abbiamo imparato che lo sviluppo delle civiltà umane (e della civiltà umana che tutte dovrà comprenderle) non è lineare: a epoche di progresso fanno seguito epoche di regresso, o di stasi. Ma quando il progresso riprende, ciò che certamente si scopre è che la ripresa è avvenuta perché, nella generale cupezza, c’è qualcuno (pochi, molti, qualche pattuglia, una moltitudine) che ha resistito alla vergogna, al cedimento: ha sentito e ha deciso che si poteva, e quindi si doveva, rifiutarsi di “accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più”, come ha scritto Italo Calvino. Non è detto che oggi (o alle prossime elezioni) la speranza sia premiata, ma senza qualcuno che la coltivi il futuro non è possibile. Si o no?

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