L’articolo ci è stato segnalato e tradotto da Dario Predonzan
Il successo dei Verdi, in Francia, alle elezioni europee non dev’essere né sopravvalutato, né sottovalutato. Non dev’essere sopravvalutato, perché deriva in parte dalle carenze del Partito socialista, dalla scarsa credibilità del MoDem e delle piccole formazioni di sinistra. Non dev’essere sottovalutato perché testimonia anche il progresso politico della coscienza ecologica nel nostro Paese.
Quella che però resta insufficiente è la coscienza del rapporto tra ecologia e politica. Certo, molto giustamente, Daniel Cohn-Bendit parla in nome di un’ecologia politica. Ma non basta introdurre la politica nell’ecologia; bisogna anche introdurre l’ecologia nella politica. Infatti, i problemi della giustizia, dello Stato, della disuguaglianza, delle relazioni sociali, sfuggono all’ecologia. Una politica che non inglobasse l’ecologia sarebbe mutilata, ma una politica che si riducesse all’ecologia sarebbe ugualmente mutilata.
L’ecologia ha il merito di portarci a modificare il nostro pensiero e le nostre azioni rispetto alla natura. Certo, questa modificazione è lungi dall’essere compiuta. Alla visione di un universo di oggetti che l’uomo è destinato a manipolare ed asservire non si è ancora davvero sostituita la visione di una natura viva di cui bisogna rispettare le regole e le diversità.
Alla visione di un uomo “sopra-naturale” non si è ancora sostituita la visione della nostra interdipendenza complessa con il mondo vivente, la morte del quale significherebbe la nostra morte.
L’ecologia politica ha in più il merito di condurci a modificare il nostro pensiero e le nostre azioni sulla società e su noi stessi.
Infatti, ogni politica ecologica ha due facce, una rivolta verso la natura, l’altra verso la società. Così, la politica che punta a sostituire le fonti energetiche fossili inquinanti con fonti energetiche pulite è nel contempo un aspetto di una politica della salute, dell’igiene, della qualità della vita. La politica del risparmio energetico è nel contempo una politica che evita gli sprechi e che lotta contro le intossicazioni consumistiche delle classi medie.
La politica che fa indietreggiare l’agricoltura e l’allevamento industrializzati, disinquinando in questo modo le falde freatiche, disintossicando l’alimentazione animale corrotta da ormoni e antibiotici, l’alimentazione vegetale impregnata di pesticidi ed erbicidi, sarebbe nel contempo una politica dell’igiene e della salute pubblica, della qualità degli alimenti e della qualità della vita. La politica che punta a disinquinare le città, avvolgendole con una cintura di parcheggi, sviluppando i trasporti pubblici elettrici, pedonalizzando i centri storici, contribuirebbe fortemente ad una riumanizzazione delle città, la quale comporterebbe inoltre la reintroduzione della promiscuità sociale sopprimendo i ghetti sociali, compresi quelli di lusso per privilegiati.
In effetti, c’è già nella seconda faccia dell’ecologia politica una parte economica e sociale (di cui fanno parte le grandi opere necessarie allo sviluppo di un’economia verde, compresa la costruzione di parcheggi attorno alle città). C’è anche qualcosa di più profondo, che non si trova ancora in nessun programma politico, cioè la necessità di cambiare le nostre vite, non soltanto nel senso della sobrietà, ma soprattutto nel senso della qualità e della poesia della vita.
Questa seconda faccia non è però ancora abbastanza sviluppata nell’ecologia politica. Innanzitutto, quest’ultima non ha ancora assimilato il secondo messaggio, di fatto complementare, formulato nella stessa epoca del messaggio ecologico, agli inizi degli anni ’70, quello di Ivan Illich. Questi aveva formulato una critica originale della nostra civiltà, mostrando come un malessere psichico accompagnasse il progresso del benessere materiale, come l’iperspecializzazione nell’educazione o nella medicina producesse dei nuovi accecamenti, come fosse necessario rigenerare le relazioni umane in quella che lui chiamava la convivialità. Mentre il messaggio ecologico penetrava lentamente nella coscienza politica, il messaggio di Illich ne restava escluso.
Il fatto è che il degrado del mondo esterno diventava sempre più visibile, mentre il degrado psichico sembrava appartenere alla sfera privata e restava invisibile alla coscienza politica. Il malessere psichico aveva ed ha a che fare con medicine, sonniferi, antidepressivi, psicoanalisi, psicoterapie, guru, ma non è percepito come un effetto della civiltà.
Il calcolo applicato ad ogni aspetto della vita umana occulta ciò che non può essere calcolato, cioè la sofferenza, la felicità, la gioia, l’amore, in breve ciò che è importante nella nostra vita e che sembra extra-sociale, puramente personale. Tutte le soluzioni proposte sono quantitative: crescita economica, crescita del PIL. Quando dunque la politica prenderà in considerazione l’immenso bisogno d’amore della specie umana sperduta nel cosmo?
Una politica che integri l’ecologia nell’insieme del problema umano affronterebbe i problemi posti dagli effetti negativi, sempre più importanti in confronto agli effetti positivi, degli sviluppi della nostra civiltà, tra cui il degrado delle solidarietà, il che ci farebbe capire che l’instaurazione di nuove solidarietà è un aspetto capitale di una politica di civiltà.
L’ecologia politica non dovrebbe isolarsi. Essa può e deve radicarsi nei principi delle politiche emancipatrici che hanno animato le ideologie repubblicana, socialista e poi comunista, e che hanno alimentato la coscienza civica del popolo di sinistra in Francia. In questo modo, l’ecologia politica potrebbe entrare in una grande politica rigenerata e contribuire a rigenerarla.
Una grande politica rigenerata s’impone, tanto più che il Partito socialista è incapace di uscire dalla sue crisi. Esso si rinchiude in un’alternativa sterile tra due rimedi antagonisti. Il primo è la “modernizzazione” (cioè l’allineamento alle soluzioni tecno-liberali), mentre la modernità è in crisi nel mondo. L’altro rimedio, lo spostamento a sinistra, è incapace di formulare un modello di società. Il sinistrismo oggi soffre di un rivoluzionarismo senza rivoluzione. Denuncia giustamente l’economia neoliberale e lo scatenamento del capitalismo, ma è incapace di enunciare un’alternativa. Il termine di “partito anticapitalista” tradisce questa carenza.
Se l’ecologia politica porta la sua verità e le sue insufficienze, i partiti di sinistra portano, ciascuno a modo suo, le loro verità, i loro errori e le loro carenze. Dovrebbero tutti decomporsi per ricomporsi in una forza politica rigenerata che potrebbe aprire delle strade. La strada economica sarebbe quella di un’economia plurale. La strada sociale sarebbe quella della diminuzione delle disuguaglianze, della sburocratizzazione delle organizzazioni pubbliche e private, dell’instaurazione delle solidarietà. La strada pedagogica sarebbe quella di una riforma cognitiva, che permettesse di collegare le conoscenze, più che mai spezzettate e disgiunte, al fine di trattare i problemi fondamentali e globali del nostro tempo.
La strada esistenziale sarebbe quella di una riforma della vita, in cui verrebbe alla coscienza ciò che è oscuramente sentito da ognuno, e cioè che l’amore e la comprensione sono i beni più preziosi per un essere umano e che l’importante è vivere poeticamente, cioè nell’illuminazione di sé, nella comunione e nel fervore.
E se è vero che il corso della nostra civiltà, diventata globale, conduce verso l’abisso e che dobbiamo cambiare strada, tutte queste strade nuove dovrebbero poter convergere per costituire una grande strada che conduca più che ad una rivoluzione ad una metamorfosi. Perché, quando un sistema non è capace di trattare i suoi problemi vitali, o si disintegra, o produce un metasistema più ricco, capace di trattarli: cioè si metamorfosa.
L’inseparabilità dell’idea del cammino riformatore da quella di una metamorfosi permetterebbe di conciliare l’aspirazione riformatrice e l’aspirazione rivoluzionaria. Essa permetterebbe la resurrezione della speranza senza la quale nessuna politica di salvezza è possibile.
Non siamo neppure all’inizio della rigenerazione politica. Ma l’ecologia politica potrebbe innescare e animare l’inizio di un inizio.
(traduzione di Dario Predonzan)