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Il cittadino italiano mediamente informato può farsi un'idea di quale sia lo stato dei partiti e della vita politica in Calabria grazie alle notizie apparse di recente su quasi tutta la stampa nazionale. In questa regione si è resa necessaria una sentenza del TAR per costringere i partiti ad andare alle urne. Loro intenzione era traccheggiare sino al compimento della legislatura, nonostante il governo regionale fosse in crisi da mesi, dopo la condanna in primo grado a 6 anni di carcere, nel marzo di quest'anno, del suo presidente. La fertile fantasia affaristica di questo ceto, che si applica con tanta fervida cura alle sorti delle popolazioni, ha addirittura partorito una revisione della legge elettorale palesemente incostituzionale (una soglia del 15% per i partiti non coalizzati) allo scopo di creare la paralisi istituzionale e continuare a fare nomine, a percepire circa 10 mila euro al mese tra indennità di carica e “spese di esercizio”.
Com'è noto, la Calabria è la regione più povera d'Italia. I dati Istat di luglio danno la disoccupazione ufficiale al 25%, quella giovanile è quasi il doppio, ma è difficilmente calcolabile, mentre ricade nella soglia della povertà relativa, insieme alla Sicilia, il 6,4% delle famiglie. Questa sventurata regione ha in compenso la più vasta criminalità organizzata del mondo, una multinazionale del crimine e, in gara con la Sicilia, il ceto politico più inetto e corrotto della Penisola. Ma la realtà sociale e quella politica si tengono insieme e si condizionano vicendevolmente. In molte realtà periferiche, anche in zone delle città maggiori, il voto, soprattutto quello amministrativo, non è più libero. Migliaia di cittadini votano per candidati da cui ricevono piccole somme, promesse aleatorie di posti di lavoro, raccomandazioni, ecc. D'altra parte, il ruolo legale dei rappresentanti politici appare così ininfluente sulle condizioni della loro vita, che essi sono propensi a valorizzare il loro voto anche al livello più misero.
Ma questa scadente domanda politica di tanta parte dei cittadini premia poi le figure peggiori degli uomini di partito, quelle che continuano una lunga e nefasta tradizione clientelare, spesso non esente da collusioni con i gruppi criminali. E' un circolo vizioso che induce passività e rassegnazione. Ho sempre considerato sorprendente il fatto che in Calabria – dove centinaia di miliardi di lire e poi milioni di euro dell'UE sono rimasti inutilizzati – mai sia stata organizzata una manifestazione di protesta dei cittadini, dei partiti o dei sindacati contro l'inettitudine dei vari governi regionali. Una passiva rassegnazione che impedisce l'emersione e l'affermazione di tante forze civilmente avanzate, soprattutto di giovani, che ambirebbero di essere governati da uomini e donne attenti ai drammatici bisogni collettivi .
Oggi, alla vigilia delle elezioni che si svolgeranno a novembre, c'è una possibilità di svolta, che potrebbe lanciare un messaggio a tutto il Paese. Il sindaco di Lamezia, Gianni Speranza, che ha governato bene, subendo attacchi ripetuti dalla 'ndrngheta' locale, osteggiato in mille modi dal PD, ha denunciato sul Manifesto del 10/9 l'esistenza del “partito trasversale” che inchioda la Calabria nella regnatela dei suoi piccoli e sordidi traffici. Di questo partito trasversale - non è una novità - è parte costituiva il PD regionale. Nonostante la presenza in esso di cittadini onesti e giovani intraprendenti, il PD non è che un insieme di gruppi notabilari. Solo una forza esterna, libera dalle storiche e sotterranee connivenze, può liberare la Calabria da un ceto politico che letteralmente la opprime e mette ai margini della vita nazionale.
Senso della responsabilità vorrebbe che tutte le forze democratiche minori mettessero da parte settarismi e piccoli orgogli di partito e cercassero una intesa unitaria contro l'avversario comune. Un avversario che oggi è il vero problema dell'Italia intera. Se si è in grado di offrire una reale speranza di svolta, i cittadini calabresi potrebbero premiare quella che appare indubbiamente una difficile sfida. Ma occorre anche che chi fa opinione in Italia faccia sentire il suo autorevole peso.