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Ritanna Armeni
Buttiglione ci ha fatto vedere la vera Europa
17 Agosto 2005
Articoli del 2004
Riflettendo sul fiasco di Strasburgo emergono i meriti oggettivi (solo oggettivi, per carità) del famoso filosofo vicino a Berlusconi. Da Liberazione del 24 ottobre 2004

Dobbiamo un ringraziamento a Rocco Buttiglione. La sua audizione, le sue posizioni contro gli omosessuali e contro le donne, e le reazioni che hanno scatenato, hanno avuto un grande merito: hanno dato carne a sangue ad un'Europa rimasta finora burocratica e grigia, mercantile e liberista. Finora l'Europa delle cittadine e dei cittadini non l'avevamo intravista neppure in controluce. Lo stesso dibattito sulle origini giudaico-cristiane del vecchio continente, dibattito niente affatto secondario (e nel quale - a mio parere - l'elemento storico e religioso non era da cancellare con prosopopea e sufficienza) era stato inficiato da elementi strumentali. Chi voleva introdurre le origini cristiane, come il presidente del Senato il neocon Marcello Pera, non faceva mistero di considerare quel riconoscimento parte di una guerra di religione. «In un momento in cui l'Occidente, l'America con l'11 settembre, l'Europa con l'11 marzo - ha detto - sono fattti bersaglio del terrorismo islamico, riconoscersi o meno in una identità, che ha radici tanto nella tradizione giudaico-cristiana quanto nella civiltà greca classica, costituisce una differenza fondamentale». Chi a queste radici si opponeva, come la Francia di Jacques Chirac, lo ha fatto in nome di un laicismo che rifiutava a priori e ingiustamente l'esistenza di radici cristiane in quanto radici "religiose".

Così eravamo a qualche giorno dalla firma del trattato costituzionale. Poi c'è stato il "caso Buttiglione" che, per una sorta di eterogenesi dei fini, ha rotto il silenzio delle donne e degli uomini e ha posto a tutti noi cittadini/e europei/e le seguenti domande: chi siamo?

Quali devono essere i nostri diritti? In che modo dobbiamo regolare le nostre relazioni a cominciare da quelle nella famiglia? Quale rapporto dobbiamo avere con il diverso, sia esso l'omosessuale, una minoranza politica o con l'extra comunitario, cioè con un'altra cultura? Come si costruiscono i rapporti fra i sessi e come si concepisce la figura e il ruolo della donna nella società e nella famiglia? Come si confrontano i valori di cui siamo portatori?

Non sono domande da poco. Esse rinviano a regole comuni e con-divise, a valori fondanti. Esse, o meglio la risposta ad esse, contribuisce a costruire in modo determinante un'idea e un immaginario di Europa. A dargli quell'anima, che i burocrati e i governi di Bruxelles non sono riusciti neppure ad accennare nelle centinaia di pagine del trattato costituzionale.

Perché di un'anima, e anche di ideali e "di immaginario" (come non si stanca di ripetere sul manifesto Ida Dominijanni) i cittadini europei hanno bisogno. Chi oggi usa, strumentalmente, i valori espressi da Rocco Buttiglione, sa bene l'anima che vuol dare all'Europa. Ce l'hanno detto parlando dell'aborto, dell'omosessualità, della procreazione assistita, della famiglia. E oggi ce lo dice con particolare forza e convinzione, perché quelle idee fanno parte di una battaglia più vasta. Esse devono essere il fondamento di un'Europa che in nome dell'occidente ingaggia una guerra contro l'"altro", contro l'Islam. Tutto si tiene in quel progetto ideologico: il liberismo di Maastricht, una concezione delle donne e degli uomini e delle loro relazioni intrinsecamente conservatrice, e naturalmente la guerra. Quella guerra che si vorrebbe far diventare il collante di un continente che finora non è apparso entusiasta.

E' un progetto chiaro, lineare, ma non egemone. E' pieno di contraddizioni come sempre la vicenda Buttiglione ha dimostrato. Gran parte di coloro che sono per la libertà di mercato sono anche per la libertà dell'individuo. Una intellettuale italiana come Claudia Mancina lo ha detto in un articolo di grande spessore apparso sul Foglio di qualche giorno fa: non si può essere per il libero mercato e contro la libertà delle persone, delle donne, degli omosessuali. Questo occidente va preso tutto così come è. E la pensano come Claudia Mancina quei liberaldemocratici europei, non assimilabili alla sinistra, che sono stati fondamentali nel respingere le tesi integraliste di Rocco Buttiglione.

E questa non è la sola contraddizione. La seconda riguarda la Chiesa cattolica o meglio i cattolici. Questa può essere in gran parte, o in parte, d'accordo con quanto i conservatori cattolici dicono sulla donna, sull'uomo o sulla famiglia (in gran parte, non del tutto) ma non ci pensa neppure ad ingaggiare una guerra di religione contro l'Islam. Il Papa si è scusato per le guerre di religione, La Chiesa è fondamentalmente pacifista. Quanto al liberismo è noto che Karol Wojtila ne è uno dei critici più intransigenti.

Una parte ampia di cattolici e di cristiani afferma con forza e passione i propri valori, li testimonia nella vita, ma non pensa di imporli ad altri. Questo ha reso possibile nella gran parte dei paesi europei l'affermazione di leggi in contraddizione con valori religiosi.

Ma le donne e gli uomini d'Europa possono accontentarsi di un liberalismo autentico che si limiti a salvaguardare i diritti dell'individuo e del mercato? Che - per citare una delle tre parole della rivoluzione francese, la rivoluzione che definì i diritti dell'uomo - si limiti alla "liberté"? O deve aspirare ad altro? Proprio le contraddizioni esistenti nel fronte liberale e liberista ci fanno capire che dell'altro c'è bisogno. Che la nuova Europa non può costruirsi solo sulla "liberté", ma anche sulla "egalité" e sulla "fraternité". In poche parole nella lotta al liberismo e nella ricerca della pace.

Non è un'utopia, non è una ipotesi astratta. E non solo perché sulla "fraternité", cioè sulla lotta alla guerra in Europa, c'è un fronte vasto e variegato che attraversa gli Stati, la Chiesa cattolica e si incarna in un movimento che si fa di tutto per ignorare, ma che c'è ed è forte (per fortuna non è solo Comunione e liberazione a mobilitare i giovani). Non solo perché l'ipotesi liberista ha provocato sconquassi inimmaginabili e pone all'ordine del giorno quella "egalité" così dimenticata nella stagione della precarizzazione e dello sfruttamento generalizzato. Non solo per questo. Ma perché gran parte del pianeta ci vive già come "eccezione", punto di riferimento, curioso spazio non domato dall'impero americano. Ci vive come continente che sa parlare di pace, che mantiene una idea di solidarietà ed inclusione. Un continente che può parlare al mondo proprio perché "Venere", e non "Marte", non è interessato, cioè, al dominio militare dei popoli della terra. Come un'area in cui sono forti movimenti e idee che cercano un nuovo equilibrio fra uomo e ambiente e fra le diverse culture, dove un movimento operaio, pur colpito, produce ancora modelli di conflitto e di cittadinanza. Dove una grande stagione di lotte ha prodotto con il Welfare, un idea di stato solidale. La battaglia per la costituzione è la battaglia per affermare in Europa questi valori, tra i quali il rispetto delle minoranze (sta qui, ben più che l'essere mussulmani, il confronto con la Turchia)

Provate a parlare dell'Europa con chiunque dei cittadini del mondo, per esempio un abitante dell'Ohio o dall'altra parte del globo un abitante del Sudafrica. Entrambi o con disprezzo o con ammirazione individuano l'Europa come diversa. Questa diversità è la sua - la nostra - anima. Anche noi possiamo vederla e cominciare a viverla.

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