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Eugenio Scalfari
Buoni a niente ma capaci di tutto
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Un bel titolo, ampiamente argomentato su la Repubblica del 23 maggio 2004

NON ci voleva molto a prevedere che il voto del Parlamento sulla permanenza in Iraq del corpo di spedizione italiano avrebbe suscitato le prefiche dei fautori dell'"ammucchiata". Infatti così è puntualmente avvenuto. Il centrismo nazionale non è quantitativamente rilevante; operativamente è un fenomeno solo virtuale di fronte alla tenaglia del sistema elettorale maggioritario. Dispone però di molte tribune mediatiche e le usa senza risparmio tutte le volte che può.

A differenza della vecchia Dc, titolare d'un centrismo numericamente imponente che, secondo la definizione di De Gasperi, marciava verso sinistra, quello attuale è striminzito e marcia verso destra. Avrebbe voluto tirarsi appresso la parte "responsabile" dell'Ulivo. Patrocinare il taglio alle ali (ma solo all'ala sinistra) classica aspirazione dei moderati di tutti i tempi.

Isolare la sinistra massimalista.

Convincere i riformisti di Prodi che la svolta in Iraq è già avvenuta e sarà infallibilmente formalizzata e solennizzata tra la fine di maggio e quella di giugno e indurli, di conseguenza, a un voto d'astensione se non addirittura di confluenza sulla mozione del governo e sulle dichiarazioni del presidente del Consiglio.

Poiché tutto quello che avevano immaginato non è avvenuto, i fautori dell'"ammucchiata" hanno dato sfogo alle lamentazioni salmodiando la fine del riformismo, il trionfo di Bertinotti, la resa di Prodi, Fassino, Rutelli al massimalismo girotondista e piazzaiolo, intonando insomma il "Miserere" e il "Parce sepultum".

In questa operazione (che non è affatto sorprendente perché ampiamente prevedibile e prevista), si distinguono i soliti noti. Tralascio di proposito i nomi di quelli che scrivono sui giornali e dicono la loro nei salotti tv. Segnalo invece la posizione del partito di Follini e di Buttiglione, schiacciato come un tappeto sulle tesi militaresche di Forza Italia. E, memorabile tra tutti, la posizione di Berlusconi che ha aperto il dibattito alla Camera con un incipit clamoroso: "M'ero illuso che questa volta l'opposizione si comportasse in modo responsabile".

Pensava veramente che la lista dei riformisti considerasse il suo "spot" propagandistico sulla svolta come un approccio serio di un governo serio a una situazione drammaticamente seria?

I berlusconologhi giurano di sì, che lo pensava veramente. Come spessissimo gli capita, s'era autoconvinto che le sue bugie propagandistiche riflettessero la realtà. Quest'uomo è formidabile. Per lui e per i suoi sodali, politici e giornalistici, vale la pena di usare una classica definizione di Flaiano: "Un gruppo di buoni a nulla, capaci di tutto". Sembra tagliato su misura.

* * *

La svolta. Si discute sulla svolta. Se ci sia stata, se ci sarà, se l'abbia effettuata Bush su pressione di Blair oppure di Powell oppure (udite udite) di Berlusconi. O piuttosto per la pressione dei fatti iracheni e le impellenti necessità ch'essi creano sul terreno.

Mi ha sommamente divertito leggere l'altro ieri sul Corriere della Sera due articoli di prima pagina sul tema, appunto, della suddetta svolta.

Uno è firmato da Angelo Panebianco e ha come titolo "La disfatta del riformismo"; autore dell'altro è Gian Antonio Stella e il titolo recita "La svolta rettilinea del Cavaliere". Mi hanno divertito perché sostengono l'uno l'opposto dell'altro. Secondo il primo i riformisti sono in rotta, succubi di Bertinotti, non avendo capito che Berlusconi era finalmente arrivato sulle posizioni da loro fino a quel momento sostenute e proprio in quel momento da loro stessi abbandonate.

Ma Stella dimostra invece esattamente il contrario e cioè che la predetta svolta è del tutto inesistente e che comunque il nostro presidente del Consiglio, dopo avere per oltre un anno sbeffeggiato all'Onu seguendo pedissequamente gli sberleffi lanciati dai neoconservatori americani, dal Pentagono e dalla stessa Casa Bianca contro il Palazzo di Vetro, ha compiuto "una svolta rettilinea", sempre al seguito dei suoi protettori di Washington, affermando da pochi giorni in qua il contrario di quanto ha per un anno conclamato ai quattro venti.

Ora, la verità è quella descritta da Panebianco o quella motteggiata da Stella? La risposta è nei fatti reali e non in quelli virtuali. Del resto i compromessi si possono fare sulle tasse, sulle pensioni, sul mercato del lavoro, sulla patente a punti, sulle regole societarie e su tante altre cose ancora; ma se c'è una questione che richiede e anzi impone scelte nette e non equivoche, quella è la questione della pace e della guerra.

Lì la bugia non è ammessa, il sotterfugio non è consentito, la tergiversazione non può aver luogo. Lì si sta da una parte o dall'altra. Lì il popolo è e dev'essere davvero sovrano perché "ne va la vita". Il presidente del Consiglio ha insultato l'opposizione accusandola di abbandonare i nostri soldati proprio nel momento in cui sono sotto il fuoco della guerriglia.

Ma chi li ha mandati a prendersi le fucilate della guerriglia e le autobombe del terrorismo? Invece che inviare in Iraq medici, tecnici, operatori di pace? Chi ha manipolato il mandato del capo dello Stato e del Consiglio supremo di Difesa che avevano autorizzato soltanto una missione umanitaria? Chi ha accettato che i militari spediti come presidio degli operatori di pace fossero invece impiegati come forza d'occupazione di un territorio ad essi affidato, sotto il comando angloamericano che non è certo lì per ragioni umanitarie ma politiche e d'ordine pubblico? Infine: chi ha la responsabilità politica di quelle morti e delle altre che possono ancora avvenire?

Un capo di governo serio e responsabile avrebbe dovuto dire al Parlamento e al paese la verità fin dal primo momento e comunque ammetterla l'altro ieri di fronte all'evidenza dei fatti. E la verità è che i 3 mila militari italiani sono nella regione di Nassiriya truppe occupanti, esattamente come gli inglesi e gli americani.

Tanto è che da quelli prendono ordini e come loro hanno una zona di territorio assegnata nella quale inglesi e americani non vanno se non su richiesta del comandante italiano. E non ci vanno per la semplice ragione che lì ci sono gli italiani a svolgere lo stesso ruolo e gli stessi compiti che gli angloamericani svolgono nelle altre zone dell'Iraq.

Queste cose avrebbe dovuto dire il presidente del Consiglio. Ma si sarebbe imbattuto nell'ostacolo costituzionale e quindi ha scelto la bugia. Del resto ci riesce benissimo perché una cosa è certa: come bugiardo non ha rivali in tutto il pianeta. È la cosa che meglio gli riesce. È un guinness. All'estero ce lo invidiano.

* * *

In un certo senso l'Onu è già in Iraq perché il segretario generale Annan ha inviato un suo rappresentante, l'algerino Brahimi, con il compito di suggerire nomi credibili per la formazione di un nuovo governo provvisorio che sarà installato dalla coalizione entro il 30 giugno. Quest'iniziativa rientra nei poteri del segretario generale, infatti non c'è stato bisogno di nessuna apposita risoluzione del Consiglio di sicurezza.

Egualmente rientra nei poteri di Annan di delegare a suoi rappresentanti un ruolo di consulenza per preparare insieme al governo provvisorio le elezioni da tenersi nel prossimo gennaio.

È questa la svolta? No, non è questa. Sarà una presenza importante quella dei delegati del segretario generale dell'Onu? La risposta l'ha data ufficialmente lo stesso Brahimi: "Una presenza e un ruolo molto limitati". Del resto Brahimi lavora al suo progetto da oltre due mesi e da oltre due mesi le date per l'insediamento del governo provvisorio e per le elezioni nel gennaio 2005 sono arcinote.

Le notizie comunicate al Parlamento da Berlusconi come prova della svolta sono sui giornali di tutto il mondo dallo scorso marzo. La sorpresa, il risultato eclatante del viaggio americano del nostro presidente del Consiglio sono sull'Ansa di sessanta giorni fa.

La strombazzata sovranità del governo provvisorio sarà puramente simbolica, anche questo è risaputo. Più interessante sarà invece l'organizzazione della sicurezza sul terreno. Per quanto se ne sa (ma Berlusconi nulla ha detto in proposito nelle sue comunicazioni al Parlamento) essa si articolerà nei seguenti punti.

1. Responsabile della sicurezza e dell'ordine pubblico nelle città saranno la polizia e l'esercito iracheno, coordinati naturalmente dal Comando della coalizione.

2. La seconda linea situata alla cintura esterna delle città sarà affidata a truppe che dovrebbero affluire da paesi non attualmente occupanti. Soprattutto da paesi appartenenti alla Lega araba o da altri Stati musulmani.

3. L'attuale armata d'occupazione dovrebbe acquartierarsi nelle basi già predisposte, pronta tuttavia a interventi d'emergenza - specie con aerei ed elicotteri da combattimento - in casi di emergenza.

4. La lotta al terrorismo proseguirà affidata a intelligence e a corpi speciali.

5. Questo schieramento, basato su tre anelli, entrerà in vigore quando l'attuale guerriglia e le attuali insorgenze saranno state domate e quando polizia ed esercito iracheni saranno in grado d'assolvere ai compiti di cui al numero 1.

Cioè quando? Non si sa, non c'è risposta. Quale sarà il ruolo dell'Onu in tema di sicurezza? Non c'è risposta.

I paesi della Lega araba sono pronti a inviare truppe? Sono già stati consultati? Non c'è risposta.

Altri paesi europei, la Russia, la Cina, l'India, sono disponibili? La Germania ha già detto: grazie, per ora no. La Russia idem. Idem la Cina. La Francia ha detto di più: non manderemo truppe né ora né poi, neppure sotto bandiera Onu. Chi dunque s'unirà all'attuale coalizione e quando? Non c'è risposta. Tutti sono invece pronti a mandare medici, tecnici, operatori di pace. Anche subito. Truppe no. È questa la svolta?

Le nostre vedove centriste e terziste (è quasi la stessa cosa) hanno compianto Prodi, trascinato suo malgrado a fianco di Bertinotti. Ma Prodi ha parlato ieri a Milano agli stati generali del centrosinistra. Ha detto sulla guerra irachena, sul dopoguerra, sull'America, sulle torture, parole ancora più dure di quelle di Bertinotti. Possono essere non condivise o addirittura deplorate ma nessuna persona intellettualmente perbene potrà continuare a sostenere che Prodi è stato "messo in mezzo" suo malgrado.

Resta la questione della nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza. Berlusconi, con l'aria di un Pierino, ha dichiarato che la risoluzione ci sarà entro il mese di giugno. Può darsi, ma lui che ne sa? E che cosa dirà quella risoluzione? L'Italia non fa parte del Consiglio di sicurezza. La Francia ha già specificato la propria posizione: vuole una conferenza internazionale che decida la sorte dell'Iraq nel quadro dell'intero riassetto della regione mesopotamica e mediorientale; vuole una data-limite entro la quale le truppe d'occupazione se ne debbano andare; vuole che il governo iracheno dopo le elezioni sia sovrano e indipendente; vuole che il petrolio sia subito restituito agli iracheni. Non vuole che la Nato sia utilizzata in Iraq. Germania e Russia sono sulla stessa linea.

In compenso Berlusconi, quando li incontra, dà e riceve pacche sulle spalle e qualche bacio da Putin, da Chirac, da Blair, ovviamente da Bush e - con qualche riserbo in più - anche da Schröder e Zapatero.

Questo è lo stato delle cose.

Il riformismo è stato sconfitto? Non sembra. S'è messo al rimorchio dei massimalisti? Non direi perché la sua posizione è sempre la stessa fin dall'aprile del 2003 quando scoppiò la guerra irachena. Per votare la prosecuzione della missione italiana in Iraq voleva e vuole che il Consiglio di sicurezza dell'Onu voti la sostituzione dell'autorità d'occupazione angloamericana con una coalizione agli ordini dell'Onu che abbia autorità insieme politica e militare.

Non è accaduto e ovviamente non accadrà, perciò tutto il centrosinistra ha votato per il ritiro delle truppe. Le quali, naturalmente, restano dove sono poiché il nostro governo segue Bush punto e basta. Buoni a niente ma capaci di tutto. Lapidario.

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