Sentiremo parlare degli avvoltoi aquilani che ridevano per il terremoto. Ma tra qualche tempo. Forse. La legge di Berlusconi sulle intercettazioni prevede che i giornali possano pubblicare i materiali di un'inchiesta solo a conclusione delle indagini preliminari. Nemmeno un riassunto del contenuto sarà consentito. Poi, ieri, un'altra perla: non si potrà registrare una conversazione di cui si è parte, a meno che la persona registrata non commetta un reato. Se una donna vuole incastrare il violentatore che in quel giorno non si esibisce nel suo sport preferito, rischia fino a quattro anni di carcere. È il cosiddetto «emendamento-D'Addario». Lo stesso vale per le riprese pirata, i «fuori-onda» che hanno fatto la storia di Striscia, Le iene, Report, Annozero e in genere della tv d'inchiesta.
Da questi dettagli si capisce meglio perché il disegno di legge, all'esame della commissione giustizia del senato, sia il più atteso da Berlusconi, insieme alla riforma della giustizia. Cancellare il diritto di cronaca è questione di fondamentale importanza per chi ci ha regalato il Tg1 di Minzolini. Non stupisce che in un paese in testa alle classifiche per corruzione si voglia spuntare un'arma senza la quale giornalisti e magistrati sono poteri dimezzati, non più controllori ma controllati. In un paese, non lo ricorda quasi più nessuno, divorato dal conflitto di interessi.
Stupiscono invece i commenti positivi di alcuni esponenti del Pd, solo perché nel disegno di legge al posto di «evidenti indizi di colpevolezza» ora si parla di «gravi indizi di reato» per consentire le intercettazioni. Basta un passo avanti e due indietro del centrodestra per tirare avanti. La gravità della situazione non è sfuggita invece alla Federazione nazionale della stampa che ha già convocato una manifestazione per il 28 aprile, giorno del nostro trentanovesimo compleanno. Sarà un buon modo per festeggiarlo.