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Cesare Andrea; Giuzzi Galli
Boss, coca e pitbull: il «ghetto» di Milano
4 Agosto 2009
Articoli del 2009
La variante padana di controllo del territorio da parte della criminalità organizzata, alla faccia di tutte le chiacchiere. Il Corriere della Sera, 4 agosto 2009 (f.b.)

Spaccio, furti, pitbull e un esercito di baby-senti nelle dell’illegalità, bambini in bicicletta pronti a da­re l’allarme. Sei palazzi prigionieri del crimine alla periferia nord di Milano, case popolari senza legge. Cocaina porta a porta. I boss bus sano e passano la droga. Bande di ragazzi vigilano.

In una cantina, sul muro, tra bestemmie e frasi di sesso, hanno tirato una scritta, enorme, che schiaccia e nasconde le al tre: the ghetto of Milan .I pitbull vengono lasciati appesi una notte e un giorno a un albero, per educarli alla rabbia, così diventano più che da guardia cani da assalto, assalto contro i poliziotti.

I bimbi girano su biciclettine nei grandi giardini interni spogliati di alberi, altalene, scivoli; hanno otto e nove anni, fanno le sentinelle per trenta euro a settimana. Quando arriva un estraneo, fischiano. Allora altri bambini vanno su e giù a bussare, due tocchi brevi e uno lungo, oppure tre lunghi e uno breve, è un linguaggio in codice. Bussano agli appartamenti di insospettabili e incensurati — ultimi arrestati un magazziniere e una mamma — ai quali i boss, per quattrocento euro la settimana, ordinano di conservare la cocaina. La coca è acquistata dai narcotrafficanti sudamericani: le analisi della polizia scientifica hanno rilevato una purezza dell’84%. In città, dove 150mila persone pippano in un anno sei tonnellate di roba, la media di purezza è del 40%, con un prezzo al grammo di 70 euro. Alle «case» è di 90, 100. È cocaina altrove tagliata con aspirina, gesso e la velenosa stricnina, e qui invece trattata quasi con delicatezza. È la più buona. Non si tirano mai pacchi. E infatti c’è la coda.

dal cantiere della metropolitana (foto f. bottini)

Le «case» e basta. Le chiamano così. Lo schema (il fantasma?) di Gomorra. I boss garantiscono assistenza legale e sostegno economicoa chi finisce in galera. Sei civici di palazzi popolari dell’Aler, l’Azienda lombarda di edilizia residenziale; palazzi uguali e vicini, al ti nove piani, in mezzo a due stradone della periferia nord, prima che inizino Sesto San Giovanni e l’hinterland.

I civici: 304, 306, 308 e 310 in viale Fulvio Testi; 361 e 365 in via le Sarca. L’Aler ha messo le «case» tra le priorità, manda ispettori, li rimanda; deve fare i conti con il 24% delle famiglie in arretrato da più di un anno con il pagamento dell’affitto. Dei 216 alloggi (36 in mano agli abusivi) la metà sono abitati da stranieri. Ma questa non è una storia di stranieri. Negli anni Settanta i sei condomini furono occupati ancor prima che chiudesse il cantiere. Negli anni Ottanta arrivò la solita soluzione all’italiana, una megasanatoria per tutti, fosse ro pregiudicati e operai (siamo in un’antica terra industriale, nobile e proletaria: la Pirelli, la Breda).

I boss, racconta la polizia, sono itre Porcino, fratelli originari di Melito di Porto Salvo, il Paese più a sud dell’Italia peninsulare, e due famiglie di nomadi italiani, i Braidic e gli Hudorovich. Gli investiga tori associano questi ultimi ai furti di motorini e auto (agguantati nei parcheggi dei vicini centri commerciali, trasportati nelle cantine delle «case», spezzettati e venduti), mentre sui primi la voce è una soltanto: cocaina. Per comprare la droga l’accesso è su viale Fulvio Testi, da un parcheggio che costeggiala cancellata e separa da un hotel quattro stelle.

C’è un’inchiesta della Direzione antimafia. Cocaina partita dalle «case» e consegnata agli emissari della ’ndrangheta in Calabria. Con tatti dei padrini anche durante le partite allo stadio Meazza di Inter e Milan contro la Reggina, la squadra di Reggio Calabria. La Reggina, nel campionato appena finito, è retrocessa.

La presenza del Comune è una telecamera che fa tenerezza e fa ridere. Sporge da un muro, ha funzionato per qualche minuto; tempo di installarla, e i giovani si arrampicarono e la girarono verso lo stesso muro. Poi, certo, diranno che ci sarà il nuovo metrò. A dieci metri, su viale Fulvio Testi, sta sor gendo una delle stazioni della linea 5.

Il questore Vincenzo Indolfi considera questo posto una ferita, anzi, dice, «un tumore». Ha dato mandato al commissariato di Greco-Turro, guidato da Manfredi Fa va, di martellare le «case». Fava ha una squadra di gente da strada, che salta amori e riposi. I risultati ci sono, anche se certe amministrazioni gradirebbero altre operazioni, magari più in centro. Ogni due settimane, comunque, c’è un arresto. Faticoso: i residenti non collaborano, non denunciano. Sotto­missione. Terrore. L’abitudine che non prevede scatti, di rabbia o indignazione. La routine di un’esistenza in ciabatte e canottiera.

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