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Roberto Ciccarelli
Bologna. L'arte di strada non è per il Mercato
13 Marzo 2016
Spazio pubblico
Un significativo episodio di lotta per la riconquista della città: atti di resistenza contro la gentrificazione e contro l'appropriazione mercsntile di un'arte pensata e realizzata per tutti. Articoli di A. Di Genova,A. Del Lago, G. Stinco, R. Ciccarelli e un filmato di Wu Ming.

Un significativo episodio di lotta per la riconquista della città: atti di resistenza contro la gentrificazione e contro l'appropriazione mercsntile di un'arte pensata e realizzata per tutti. Articoli di A. Di Genova,A. Del Lago, G. Stinco, R. Ciccarelli e un filmato di Wu Ming. Il manifesto, 13 marzo 2016

QUELLO DI BLU
È UN GESTO POLITICO
di Arianna di Genova

La street art nasce in strada, è pubblica, democratica, allegra, provocatoria, ribelle, clandestina, fruibile in ogni momento senza bisogno di pagare nessun biglietto «d’entrata». A volte, anzi spesso, è pure anonima. È questo, d’altronde, il suo Dna.

Un murales è di tutti, della città stessa, neanche dei proprietari delle mura e dei palazzi dove appare. Un graffito poi non è un affresco medievale che va conservato altrove per evitare che l’umidità mangi e polverizzi il colore. Esporlo nei musei significa negare la sua stessa storia e renderlo esangue, normalizzare la sua dirompenza delle origini. E tirarlo via dai muri, dalle periferie anche degradate dove è nato (non a caso) è una sottrazione indebita nei confronti di una comunità che può goderne ogni giorno.

Il gesto di Blu è politico, si fa così la politica vera: richiama alle origini di una forma d’arte e neguna qualsiasi appropriazione altrui. E cosa dire poi dell’ipocrisia dei vari governi? Che prima condannano un writer per atti vandalici e, secondo convenienza, trasformano quegli stessi atti vandalici in capolavori, da far circolare nel mercato. È importante che l’azione radicale e dolorosa di Blu venga seguita anche da altri street artisti. Sarebbe una lezione di civiltà per tutti.


BOLOGNA
SEMPRE MENO ROSSA
E SENZA BLU
di Giovanni Stinco
Lo street artist cancella le sue opere dai muri di Bologna. Una protesta contro una mostra in cui verranno esposti disegnai staccati dai muri delle case. «Così si privatizza l’arte»

«A Bologna non c’è più Blu e non ci sarà più finché i magnati magneranno. Per ringraziamenti o lamentele sapete a chi rivolgervi». Non scrive o aggiunge altro lo street artist Blu, che ieri ha cancellato tutte le sue opere in città. Conosciuto e celebrato in tutto il mondo, Blu aveva già in passato cancellato una sua opera a Berlino, ma questa volta l’azione è stata sistematica. Sotto le Due Torri ogni traccia dell’artista è stata fatta scomparire da decine di attivisti e volontari, organizzati in squadre e armati di rulli, spatole e martelli.

L’ultima pennellata di grigio alla sua opera forse più conosciuta in città, il grande murales sulla facciata del centro sociale Xm24, è stata data nel pomeriggio. E così in poche ora l’epico affresco dal sapore tolkeniano è sparito, sparite le bici della Critical mass, gli attivisti, i contadini armati di zappe e gli studenti del book bloc che si scontravano alle porte di Bologna con bottegai, politici corrotti, banchieri e poliziotti a cavallo di draghi. Tutto è stato ricoperto da uno strato di vernice grigia. Resta solamente, e non è un caso, il frammento di città in fiamme col Cassero di Porta Santo Stefano, la sede dei collettivi punk e lgbt di Atlantide sgomberati nell’ottobre 2015 per volontà del sindaco Merola.

Le spiegazioni di un’azione così eclatante Blu le affida al collettivo di scrittori Wu Ming. «Il 18 marzo – si legge sul sito del collettivo – si inaugura a Bologna la mostra Street Art. Banksy & Co. Tra le opere esposte ce ne saranno alcune staccate dai muri della città, con l’obiettivo dichiarato di ’salvarle dalla demolizione e preservarle dall’ingiuria del tempo’, trasformandole in pezzi da museo». Una mostra che nasce per volontà di uno dei potenti per eccellenza della città, l’ex rettore ed ex numero uno della Fondazione Carisbo Fabio Roversi Monaco. «Ho un’età venerabile e non penso di poter fare molte altre cose, voglio salvare i graffitti dall’abbandono e dalla distruzione», aveva spiegato il diretto interessato.

«Non stupisce – si legge sul sito dei Wu Ming – che ci sia l’ex-presidente della più potente Fondazione bancaria cittadina dietro l’ennesima privatizzazione di un pezzo di città. Questa mostra sdogana e imbelletta l’accaparramento dei disegni degli street artist, con grande gioia dei collezionisti senza scrupoli e dei commercianti di opere rubate alle strade. Non stupisce che sia l’amico del centrodestra e del centrosinistra a pretendere di ricomporre le contraddizioni di una città che da un lato criminalizza i graffiti, processa writer sedicenni, invoca il decoro urbano, mentre dall’altra si autocelebra come culla della street art e pretende di recuperarla per il mercato dell’arte. Tutto questo meritava una risposta». E la risposta è arrivata «per sottrazione», perché «di fronte alla tracotanza da governatore coloniale, di chi si sente libero di prendere perfino i disegni dai muri, non resta che fare sparire i disegni» e «rendere impossibile l’accaparramento».

Così è sparito il murales dell’Xm24, sotto gli occhi spesso increduli dei passanti. Se le squadre di cancellatori hanno deciso di non rilasciare dichiarazioni lasciando parlare i fatti, c’è stato chi ha discusso lungamente con amici e sconosciuti incontrati sul posto. «Mi chiedo se quell’opera sia ancora nella disponibilità dell’artista, una volta che la regali alla città poi puoi decidere di cancellarla?», si è chiesta una signora dispiaciuta per quel che stava accadendo. Poi i tanti solidali con l’operazione: «Blu ha fatto la cosa giusta, adesso nei musei ci mettano questo bel muro grigio».

Di sicuro l’azione di Blu, allo stesso tempo performance e atto politico, è stata uno schiaffo alla mostra e nello stesso un modo di ricordare che la street art per sua natura è mutevole come lo è il panorama urbano, e non si fa ingabbiare nelle sale di un museo. «Un atto forte che farà riaprire il dibattito in una città che però ora si ritrova più povera», dice a caldo l’assessore alla cultura Davide Conte. Quel che è certo è che la politica locale non potrà più dirsi orgogliosa, come spesso ha fatto, per le opere che hanno fatto parlare di Bologna in tutto il mondo. Tenta di restare sopra le parti il sindaco, secondo cui «le scelte che riguardano l’arte non possono essere divise a priori tra giuste e sbagliate. Cercare la ragione e il torto in questi casi è un esercizio inutile e non mi interessa schierarmi con nessuno».
La risposta alla mostra sulla Street Art non ha riguardato solo il murales di Xm 24. In via Capo di Lucca sono spariti gli inquietanti animali che Ericailcane, Dem e Will Barras realizzarono nel 2009 per sostenere l’occupazione dell’ormai defunto collettivo universitario Bartleby. Sparito anche l’elefante giallo dipinto da Blu in via Zanardi, all’interno degli spazi allora occupati nel 2008 dai militanti del collettivo Crash. Proprio in via Zanardi tre militanti di Crash sono stati identificati e denunciati per invasione di terreni e imbrattamento mentre stavano cancellando l’opera di Blu. Secco il commento del collettivo: «Quanto sa essere sciocco il potere quando ci si impegna? Con questa ci conquistiamo la denuncia più stravagante e imbecille dell’anno».
BLU RIVOLTA
di Alessandro Dal Lago

Blu a Bologna. Cancellando le sue opere, Blu ha risposto che la città appartiene anche e soprattutto agli artisti e ai soggetti anonimi che modificano l’estetica urbana indipendentemente dal profitto, dal potere e dalle burocrazie urbane
Dietro il conflitto sulle opere di Blu a Bologna c’è un problema enorme, che non riguarda soltanto il writing o la street art, ma l’estetica urbana come fatto politico e oggetto di scontro sociale. Anzi, il diritto di espressione, artistica e non, contrapposto alla cultura degli assessori e al gigantismo spesso trombonesco e manipolatorio degli eventi sponsorizzati. Da un anno circa sui muri delle città tedesche si può leggere la scritta: Wem gehört die Stadt? («A chi appartiene la città»?).

Ai grandi interessi immobiliari? Alle amministrazioni elette magari da maggioranza di sinistra –e immediatamente impegnate a ripulire le città in nome del decoro urbano, come a Milano? Alle associazioni dei commercianti che cacciano gli ambulanti dai marciapiedi? Alle banche che deturpano le facciate di palazzi quattrocenteschi con insegne enormi? O magari ad associazioni di maggiorenti o critici che fiutano l’affare dei graffiti?

Cancellando le sue opere, Blu ha risposto che la città appartiene anche e soprattutto agli artisti e ai soggetti anonimi che modificano l’estetica urbana indipendentemente dal profitto, dal potere e dalle burocrazie urbane. E poiché le ha realizzate lui, a suo rischio e pericolo, è suo pieno diritto impedire che finiscano nelle mani di qualche mercante che sa guardare al di là del proprio naso. L’aspetto inquietante – agli occhi dei poteri locali – dell’arte di strada (graffiti, murali, stencil ecc.) è che non è in vendita, che la sua grazia risiede nella gratuità, e persino nel gioco a rimpiattino dei writer con le autorità e la polizia, che inevitabilmente li scambiano per teppisti, trattandoli di conseguenza. Miseria delle categorie ingessate del controllo sociale che vede infrazioni, deturpamenti e violazioni dei codici in un gesto, il dono di un’opera alla città, che evade dalla cultura del profitto. Così Blu può essere denunciato per aver realizzato un graffito oppure per averlo cancellato.

Un’altra writer di fama mondiale, ALICè, è condannata a 800 Euro di multa per un’opera murale che altrove sarebbe vanto di una città. E così via, in una sequela di schizofrenie giudiziarie, corteggiamenti estetici, burocratismi comunali, strepitii di risibili associazioni anti-graffiti, che spediscono ragazzini innocenti a imbiancare i muri – salvo scoprire che magari quello che ricoprono potrebbe valere milioni, come è avvenuto al celebre Banksy.

Che poi un writer come Blu esponga alla Tate, come ipocritamente gli ha rinfacciato qualcuno, non cambia la sostanza del problema. E non solo perché sono fatti suoi. Da che parte si sta? Da quella di chi deturpa per mesi la facciata di una cattedrale con una pubblicità di dieci metri per dieci? O da quella di chi dice la sua, con una bomboletta, sull’ordine che ci circonda?
Ma forse è più onesto chi reprime i writer apertamente, alla luce del sole, di chi strappa un’opera al suo luogo naturale, l’aria aperta, per trascinarla nell’aria stantia di un museo.


BLU, LA RIVOLTA CONTRO
LE CITTÀ ZOMBIE
di Roberto Ciccarelli

Street art. Ritratto di un artista anonimo conosciuto da Los Angeles a Berlino. La battaglia contro la gentrificazione e il diritto alla città. Quelle di Blu non sono «opere», ma atti di cittadinanza: popolano lo spazio, creano immaginario, fanno movimento. La storia di Kreuzberg, quando decise con Lutz Henke di cancellare i murali visitati in processione dai turisti-hipster

Di sé, Blu, non parla. Parlano le sue opere super-iconiche, affreschi colossali, concepiti per proteggere da uno sgombero l’ex magazzino dell’Aeronautica militare in via del Porto Fluviale a Roma, occupato da 450 persone in emergenza abitativa o l’ex mercato ortofrutticolo occupato dal centro sociale Xm24 a Bologna, una delle opere cancellate ieri per protestare contro la mostra «Street Art. Banksy & Co» dove Blu è stato esposto. E museificato nel mercato dell’arte che ha coniato un termine specifico, «muralismo», per indicare una pratica pacificata, una professione rispettabile.

I suoi sono invece atti di cittadinanza, non opere da esporre in vetrina, quelle di un museo o sulla superficie legalmente autorizzata. L’ultima moda della «gentrificazione»: decorare lo spazio urbano come un salotto con le foto di famiglia in cornici argentate.

Blu rivolta Bologna

Tre le righe dedicate sul suo sito da Blu agli organizzatori della mostra: «A Bologna non c’è più Blu e non ci sarà più finché i magnati magneranno per ringraziamenti o lamentele sapete a chi rivolgervi». Laconico, questo è lo stile dell’artista nato a Senigallia, cresciuto artisticamente a Bologna, street artist di fama mondiale.

La cancellazione dei murali bolognesi non va intesa solo come una difesa dell’indipendenza dell’artista o una protesta contro la riduzione della street art a arte decorativa. Ieri si è risvegliato un conflitto sociale sul futuro delle città. Era tutto rappresentato nel murale all’Xm24 che, ormai postuma, è diventata famosa.

Rappresentava il colossale scontro tra la città opulenta contro la città che lotta contro l’ingiustizia. Le munizioni: da un lato, enormi tranci di mortadella; dall’altro, cocomeri e zucche. L’affresco di una guerra contadina, una jacquerie combattuta con armi alimentari. Uno scontro epico, chiaramente dualistico, dal sapore tolkeniano. Si guerreggia per conquistare un anello, posto al centro dell’affresco. A Blu non manca l’umorismo.

Le parti in gioco sono chiare: da un lato c’è l’ideologia del decoro urbano che trasforma i quartieri in salotti ed eventifici; dall’altro lato, i movimenti sociali dal G8 di Genova ai No Tav; il gigantesco biker che schiaccia le automobili a Lambrate, la battaglia quotidiana contro la gentrificazione e per l’autorecupero urbano.

Wu Ming racconta Blu. #OccupyMordor


Berlino, la città dei non-morti

Non è la prima volta che questo artista anonimo decide di cancellare un’opera, trasformandola in evento di un arte che concepisce come politica. Lutz Henke, co-autore nel 2008 del secondo muro in Cuvrystrasse a Kreuzberg, ha raccontato come un murales può diventare un’attrazione turistica contro lo stesso parere degli artisti.

È successo a Berlino dove l’affresco del manager con i polsi incatenati che mostrano un orologio d’oro e quello delle figure rovesciate che si smascherano sono diventate l’attrazione della città «povera e sexy» visitata da torme di turisti e hipster. Lo scontro sociale è diventato un’estetica della resistenza per le campagne di marketing territoriale.

Blu e Henke hanno deciso di cancellare gli affreschi, oggi sostituiti da un altro con un gigantesco dito medio: «Fuck You Gentrification». «Senza volerlo – ha scritto Henke in un’articolo sul Guardian nel 2014 – abbiamo creato una rappresentazione visiva ideale per una città che offre spazi giganteschi abbandonati per una vita a basso costo e una sperimentazione creativa tra le rovine della sua storia. Gli artisti scoprono di essere i loro principali nemici». Il vicinato protestò contro il turismo che è il primo passo della gentrificazione.

Gli artisti capirono: «Berlino ha bisogno del suo brand artistico per restare attraente, tende a rianimare la creatività che disperde, producendo una città non morta». Henke parla di una «zombificazione» che rischia di trasformare Berlino in una città riverniciata.

Il punto è un altro: «Reclaim your city», rivendica la tua città.L’evocazione di un diritto alla città era scritta a caratteri cubitali accanto a una delle teste delle sagome in Cuvrystrasse. Non lasciare, invece, senza risposte la domanda che molte volte è stata ripetuta in questi anni: «Chi governa questa città? Di chi credi che sia?»

Un’arte fugace

Ieri abbiamo compreso che la duplicazione di un’opera di Blu in una mostra a Bologna rischia di negare il senso di un altro spazio vissuto e recuperato, fuori dal suo centro-vetrina. La cancellazione è un atto che rafforza la funzione sociale di un intervento artistico sulla città, lì dove altre forme di azione politica si rivelano poco efficaci.

«Sin dal primo momento i murali di Blu sono destinati a scomparire – sostiene Henke – è la natura della street art occupare spazio per celebrare la sua incertezza, cosciente della sua esistenza fugace». È anche accaduto che un’opera di Blu sia stata cancellata dal suo committente.

È accaduto al museo d’arte contemporanea di Los Angeles – il Moca – nel 2010. Il direttore Jeffrey Deitch non gradì il pezzo pacifista che rappresentava le bare dei soldati caduti in una guerra americana rivestite di dollari e non con la bandiera Usa. Vicino al museo c’era un ospedale per veterani di guerra e un monumenti ai caduti nippo-americani.

La reazione di Blu fu determinata, ma serena. Parlò di «censura» e disse: «Mi capita spesso di dipingere soggetti forti – scrisse Blu – ma lascio sempre l’interpretazione aperta allo spettatore. La reazione delle persone è la cosa più interessante. Alcuni veterani hanno gradito il murale, trovandolo veritiero. La mia posizione è fare un passo indietro e guardare le reazioni».

Blu: street art globale

Sul sito del manifessto trovare altri filmati e immagini che non sappiamo inserire qui. Chi si contenta gode, e chi vuole godere di piu si abbona al manifesto online.

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