Grazie all'innovativa pratica politica delle lettere al direttore, che finalmente oltrepassa il soporifero grigiore delle relazioni dei segretari di partito della prima Repubblica e la seduttività glamour delle comparsate televisive dei leader della seconda, il Pd ha ritrovato la parola rapita dall'estate dei veleni berlusconian-finiana e, sembrerebbe, anche una bussola. E malgrado lo stile epistolare strettamente politichese non si meriti il Pulitzer per capacità comunicativa, la rotta tracciata dal segretario Bersani in risposta all'ex segretario Veltroni ha il merito di sciogliere alcuni nodi da anni in sospeso nel dibattito interno del Pd e di tutto il centrosinistra, e causa non ultima della loro paralisi.
Sul piano diagnostico, Bersani coglie che la crisi politica in corso non è di governo ma di sistema , e che la posta in gioco del proseguimento o della fine del berlusconismo non riguarda un'alternanza di governo ma un modello di democrazia. Sul piano strategico, ne consegue una proposta che tenta di tenere insieme quattro esigenze - il rilancio del partito e del centrosinistra, la spallata a Berlusconi, il ridisegno del sistema politico, la restaurazione della normalità costituzionale - , con uno schema a due soggetti - il "nuovo Ulivo" per il programma di governo, una "Alleanza democratica" le regole del gioco. E' chiaro l'obiettivo: fine del bipolarismo leaderistico-plebiscitario, a maggior ragione nella sua versione bipartitica berlusconian-veltroniana; ritorno a un sistema parlamentare, con i fondamentali corollari di una legge elettorale proporzionale e, verosimilmente, di una forma di governo non più basata sull'elezione o la designazione diretta del premier. E' un obiettivo che sarebbe stato meritorio dichiarare prima che la rottura del Pdl e il profilarsi del terzo polo gli spianassero la strada, ma che almeno tenta di mettersi alla guida del cambiamento in atto.
Assai meno chiari sono tempi, modi, praticabilità della proposta. Se il suo principale punto di forza consiste nel tentare di dare respiro strategico - la ricostruzione democratica - a un passaggio tattico stretto - l'apertura a tutte le forze interessate a dare la spallata a Berlusconi -, qui c'è anche la sua evidente debolezza: quando, come e con quale moneta di scambio? Tutto dovrebbe ruotare su un accordo per il proporzionale, ma Bersani sa bene di quanti ostacoli è lastricata la riforma della legge elettorale, in primo luogo nel suo stesso partito; bluffa quando la àncora a un governo di scopo o di transizione, perché per rifare la legge elettorale non c'è bisogno di un governo e basta un'iniziativa parlamentare (che è lecito a questo punto pretendere dal Pd fin dalla riapertura delle camere); e glissa sul problema numero uno, cioè che i tempi dell'agenda politica continua a dettarli Berlusconi. Il quale può sempre portarci alle urne e con la legge elettorale vigente.
Basterebbe in questo caso il "nuovo Ulivo" a fronteggiarlo? Qui la debolezza dello schema diventa fragilità, se non inconsistenza. Nel nome c'è la cosa, e per quanti prodiani di stretta osservanza quel nome possa rassicurare per le strade di Bologna, alle orecchie dell'elettorato di sinistra - o del "nuovo popolo" evocato da Bersani a Rimini - non suonerà come un nome propriamente innovativo, né come una cosa esaltante da rifare. Non c'entrano su questo i giochi tattici e strategici, c'entra la percezione del tempo che passa, delle generazioni che cambiano, dei problemi che si incancreniscono, dell'esigenza di idee nuove e di risposte diverse che non può essere continuamente compressa e repressa sotto formule, sigle e facce sperimentate e consumate. Naturalmente, dire "nuovo Ulivo" serve a ridare centralità e peso a un Pd che rischia di sgretolarsi sotto l'onda d'urto dello sgretolamento del Pdl, e a ricondurre allo stato di "cespugli" gli illegittimi pretendenti al trono della leadership della coalizione. Ma avrà pure un significato se il segretario del Pd esordisce, nella sua lunga lettera, con l'impegnativa affermazione che «per l'Italia la scelta non riguarda più solo un governo, ma finalmente un'idea di democrazia e di società», e prosegue con un'idea solamente restaurativa di democrazia e nessuna idea di società. A meno che anch'essa non sia affidata allo spettro che si aggira per tutto il testo di Bersani, e che si chiama primarie. Forse bisogna che lo spettro si materializzi perché si materializzino, con i candidati, i problemi di una società martoriata da Berlusconi, Tremonti, Marchionne, e qualche risposta.