loader
menu
© 2024 Eddyburg
Antonio Di Gennaro
Beni pubblici, beni comuni: istruzioni per l’uso
2 Marzo 2013
Libri segnalati
Una attenta recensione a

Una attenta recensione a

Il diritto all'acqua di Carlo Iannello: la proprietà pubblica delle risorse collettive non è "proprietà privata dello Stato". La Repubblica Napoli, 27 febbraio 2013

E’ un libro importante ed utile quello di Carlo Iannello Il diritto all’acqua. L’appartenenza collettiva della risorsa idrica, presentato all’Istituto Italiano Studi Filosofici lo scorso 27 febbraio, per l’angolatura originale da cui l’autore guarda al tema dei beni pubblici/beni comuni, e per gli spunti nuovi e sostanziali introdotti in un dibattito che, per molti versi, sembra essersi avvitato su sé stesso.

Il punto centrale del lavoro sta nell’analisi critica dei contenuti del regime di proprietà pubblica delle risorse, sulla base di una rivisitazione acuta e scrupolosa delle fonti, e delle (purtroppo dimenticate) categorie giuridiche, a partire da quella di demanio.

Il risultato cui Iannello giunge si potrebbe sintetizzare così: la proprietà pubblica delle risorse collettive non può essere considerata alla stregua di una proprietà “privata” dello Stato, essendo il suo esercizio indissolubilmente legato al perseguimento di fini di interesse generale, in nome e per conto della collettività.

Sembra una cosa scontata, ma non lo è, perché quest’assunzione ha due conseguenze rilevanti: da un lato, l’esigenza per una democrazia compiuta, di verificare costantemente la coerenza dei procedimenti amministrativi e delle politiche di gestione delle risorse collettive, con gli obiettivi effettivi di perseguimento dell’interesse generale; dall’altro, l’impossibilità di equiparare la proprietà pubblica con quella privata, per cui lo slogan benecomunista “né con lo Stato né con il mercato” finisce con il non aver più senso.

In questo modo si evita anche il paradossale congiungimento degli opposti, cui pure abbiamo assistito negli ultimi tempi, con le posizioni benecomuniste pericolosamente allineate con quelle del contrattualismo liberista, secondo le quali lo Stato è un soggetto come gli altri nel processo decisionale, al quale non può essere riconosciuto alcun potere regolativo super partes, l’unica fonte di legittimità essendo il patto, il contratto di volta in volta stipulato tra portatori di interessi privati ed autorità pubblica.

La proposta che scaturisce dall’analisi di Iannello è dunque quella del rilancio delle politiche per i beni pubblici, proprio quello che Obama ha dichiarato nei suoi ultimi fondamentali discorsi (quello del reinsediamento e quello sullo Stato dell’Unione), incentrati sull’asserzione che “il pareggio di bilancio non è una politica”, e sull’annuncio dei nuovi grandi programmi federali per la formazione, la ricerca, la manutenzione delle infrastrutture, a cominciare dai 70.000 ponti sui quali si basa la mobilità interna del paese.

Tornando a casa nostra, si tratta di considerazioni simili a quelle svolte da Luca Ricolfi nel suo ultimo editoriale su la Stampa del 22 febbraio (Il dilemma dell’asino di Buridano), con il quale per una volta è impossibile non essere d’accordo, dove si osserva come la spesa pubblica in Italia non sia comprimibile in presenza di un colossale deficit strutturale di servizi e beni pubblici - asili, assistenza agli anziani, formazione, ricerca, scuola, ecc. -, sarebbe a dire delle infrastrutture materiali e immateriali che sono alla base della coesione sociale e dello sviluppo durevole della nazione.

Per tutte queste ragioni, il libro di Iannello costituisce, al di là degli aspetti specialistici, un contributo importante alla definizione di nuove politiche per la sinistra in Italia, in attuazione di un programma costituzionale di promozione del lavoro, dei diritti e delle libertà effettive, ancora largamente inattuato.

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg