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Fabrizio Bottini
Ben venga la sentenza sul terremoto
29 Ottobre 2012
Scritti ricevuti
La magistratura, con le sue pur discutibili ma forzatamente “scientifiche” (nel senso del metodo, non del merito), aiuta a chiarire il rapporto fra sapere e potere

Qualche anno fa, quando dedicavo alle mie piccole inchieste territoriali per eddyburg più tempo di quanto non accada ora, mi è capitato di frugare parecchio qui e là alla ricerca di materiali informativi sul mega progetto di fusione tra gli aeroporti di Montichiari e Ghedi, spinto dalla locomotiva a tutto vapore della Lega bresciana, in evidente contrasto con le argomentazioni dell’altro braccio leghista gallaratese tutto proteso verso il gigante Malpensa. Per non farla tanto lunga rinvio a quel vecchio articolo, Hub? Burp!, limitandomi qui a ricordare un aspetto piuttosto paradossale: il documento territoriale del relativo Piano d’Area era una frazione minima di quello socioeconomico. Ovvero, semplicemente accostando i fascicoli uno di fianco all’altro era possibile intuire, o quantomeno sospettare con parecchio fondamento, quali fossero i criteri che ispiravano l’idea e sbilanciavano tutte le decisioni in un senso preciso. Da un lato uno spazio intercomunale piuttosto ampio, che scendeva dal pedemonte del capoluogo alla pianura agricola, interessato dalle trasformazioni fisiche e dagli impatti ambientali del nuovo grande hub internazionale centro padano. Dall’altro i vantaggi economici ed occupazionali delle medesime trasformazioni. Bastava appunto misurare lo spessore dei fascicoli per avere un’idea di quanto pesassero sulle decisioni.

Poi, poi, si poteva anche entrare in tutti i possibili e legittimi dettagli: gli impatti ambientali della trasformazione sono davvero così limitati, oppure territorio e salute collettiva ne risentono molto di più? I luminosi futuri di prosperità per l’area vasta sono reali, e valgono davvero lo scambio con il consumo di suolo agricolo, l’investimento nelle infrastrutture dedicate invece che altrove, e via dicendo? Dettagli, appunto, per quanto sterminati, davanti alla quasi evidenza dei due fascicoli: quello territoriale sottile, quello socioeconomico grasso e spesso. Si potrebbe anche proseguire ricordando che, come hanno raccontato le cronache, la cosiddetta Valutazione Ambientale Strategica, per la sua parte di discussione pubblica, è avvenuta nello spazio di pochi minuti, in un’assemblea convocata in fretta e furia, suggerendo che probabilmente quello dello spessore dei fascicoli era davvero un ottimo criterio di giudizio preliminare sul metodo. Ma veniamo al dunque: il caso della condanna inflitta dal tribunale dell’Aquila alla commissione scientifica incaricata di esprimersi sui rischi del terremoto, ha l’indubbio merito di chiarire in modo brutale i termini della questione, e al tempo stesso rilanciare il tema della decisione informata in generale.

Come si decide? Quanto pesano le varie considerazioni su quella decisione? Chi ha la parola finale e quale discrezionalità è ammessa? Sta tutto qui, reso brutale e impattante dal caso specifico: avete rassicurato la popolazione, esponendola a un rischio per informazioni sbagliate o carenza di informazioni. Almeno così recita più o meno l’accusa, accolta dagli organi competenti evidentemente dopo aver valutato i termini dell’incarico scientifico. Stare in casa mentre la casa ti crolla sulla testa è una cosa assai più semplice del vivere un’intera esistenza abitando e lavorando in un territorio che in pratica ti crolla addosso, ma ripaga te (in quanto collettività, anche se con ovvi squilibri) con una crescita di ricchezza e consumi? A Brescia con l’aeroporto, o a Taranto con le acciaierie, o in tantissimi altri casi, chi ha deciso, e come, sulla base di quali competenze e discrezionalità?

Non pare per niente un dibattito teorico sul massimi sistemi, e appunto per restare con le radici ben piantate nel territorio, e anche ai temi trattati da questo sito, che dire di prestigiosi oncologi che promuovono per anni progetti di trasformazione che fanno evidentemente male alla salute? Faranno benissimo alla scienza, chissà, o alla competitività metropolitana, anche: ma quanto sono spessi i due fascicoli? E chi li valuta alla fine? O quei sociologi senza neppure uno straccio di laurea, che validano schemi di trasformazione territoriale, produttiva, autostradale non capendone assolutamente nulla, interessati al massimo ai meccanismi decisionali discrezionali della politica? Degni di rispetto anche loro, certo, ma poi tutti rispondono di quanto ricade sulla pelle di altri? Ecco, con le case crollate nonostante le rassicurazioni su base scientifica dell’Aquila si richiamano un sacco di altri problemi, meglio se prima che arrivi la magistratura, e invece di evocare le forche, o l’anima del compianto Galileo, che magari dal punto di vista scientifico-teologico aveva pure torto.

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