il manifesto, 9 settembre 2017
Tende ancora a prendere le parti del ministro Marco Minniti, magari aggiustandone il tiro, ma l’ultima svolta del segretario dem in senso neosalviniano della serie «aiutiamoli a casa loro» sta provocando più un forte maldipancia in Khalid Chaouki, deputato Pd di origini marocchine, membro della commissione Esteri, primo musulmano eletto nella storia parlamentare italiana. Già nella sfida dei gazebo alle primarie si era allontanato dalla versione .4 del renzismo, per intenderci quella con sponda sempre più a destra, per avvicinarsi al governatore pugliese Michele Emiliano, fino a entrare a far parte della sua corrente chiamata Fronte democratico. Chaouki chiede ora, dalla tribuna dell’assemblea di Fronte democratico di un torrido week-end romano, la convocazione urgente di una riunione della Direzione Pd interamente dedicata al tema delle politiche sull’immigrazione.
Con quale scopo chiede una direzione ad hoc?
La richiesta è che sullo ius soli non si perda altro tempo, è così?
È l’obiettivo principale. Per rispondere alla paura si deve dare un segnale forte. Almeno un milione di giovani, che sono i nostri principali alleati contro chi fomenta odio e intolleranza, aspetta da troppo tempo il riconoscimento di un diritto fondamentale che riguarda la loro identità. Bisogna che siano sicuri che questa legislatura non si chiuderà senza l’approvazione di questa norma.
Crede che questi nuovi italiani saranno anche potenziali elettori di centrosinistra?
Non è assolutamente detto. Anzi, se si guarda ciò che è successo in altri paesi, la prima generazione che accede al voto tendenzialmente si rivolge verso i partiti conservatori. Ma è per un diritto fondamentale che l’Italia deve dar loro una risposta e per sentirsi così più forte attraverso una iniezione di energie positive in tutti i campi della vita pubblica.
La linea cattivista sull’accoglienza non è stata inaugurata da Minniti e dalla polemica sulle ong-pull factor?
Ci vuole riconoscenza verso le decine di migliaia di volontari che sono l’orgoglio dell’Italia, che la fanno grande, impegnandosi ogni giorno per la solidarietà e il salvataggio di vite umane nel Mediterraneo. Se ci sono ong non corrette vanno punite, ma non si può criminalizzare un mondo del volontariato, di scuole, chiese e realtà associative nei territori, anche di nostri sindaci e amministratori locali che hanno lavorato e lavorano nel silenzio per tenere alta la bandiera dei diritti umani nel nostro Paese. Non è giusto farne il capro espiatorio dell’incapacità dell’Europa di gestire un problema complesso e strutturale come il fenomeno migratorio.
I governi europei a Tallinn e a Parigi hanno opposto un Niet a tutte le richieste di aiuto del governo Gentiloni. Renzi propone come contromisura di non pagare i contributi europei, è l’unica risposta?
È imbarazzante constatare l’ignavia dei governi europei e l’unica risposta possibile è mobilitare le opinioni pubbliche e anche i partiti vicini in tutta l’Europa per evitare che vinca un egoismo che danneggia tutti. L’Italia deve poi aumentare il suo protagonismo nell’accoglienza attraverso canali legali e sicuri di ingresso operando ove possibile una selezione dei richiedenti asilo già nei paesi di transito e di partenza. Penso alle fortunate esperienze con Tunisia e Marocco e agli accordi con il Niger e con il Sudan.
Scusi ma in Niger e in Sudan non risulta sia garantito il rispetto dei diritti fondamentali. Così non si cementano regimi autocratici?
Lì porteremo l’Unhcr e le ong europee, che sorveglieranno i percorsi nei paesi terzi e monitoreranno la situazione dei diritti umani in stretto collegamento con l’Ue per canali sicuri e legali verso l’Europa.