«.Articoli di Baobab experience onlus il manifesto e che-fare.com, 25, 26 giugno 2017 (c.m.c.)
il manifesto
BAOBAB CHIAMA
FERROVIE
DELLO STATO
DATE SPAZIO AI MIGRANTI
Baobab experience onlus
Gentile Ingegnere Renato Mazzoncini,
sono passati solo tre giorni dalla presentazione dell’ultimo rapporto dell’Unhcr e ancora una volta i numeri confermano che decine di milioni di persone sono in fuga, e che quasi una persona su cento è costretta ad abbandonare la propria casa. Le risposte di governi nazionali ed istituzioni europee sono scoordinate, incoerenti ed improntate ad una visione difensiva in cui l’unica scelta comune consiste nell’innalzamento delle barriere in entrata, e nella corsa al ribasso dei sistemi di accoglienza. E’ quando smettiamo di leggere i numeri, ed iniziamo a guardare i volti di chi arriva, ad ascoltarne le parole, a curarne le sofferenze, che ci rendiamo conto che dietro i proclami e gli auspici alla solidarietà internazionale si nasconde il vuoto. E allora, dietro il nulla delle parole rimangono solo le persone da difendere.
La nostra associazione, Baobab Experience, lavora da due anni con i migranti: più di 60mila persone sono passate dai nostri campi, ed hanno ricevuto cure mediche, cibo, un riparo per la notte, assistenza legale. Sono donne e uomini, alcuni di loro in transito verso altri paesi europei, altri richiedenti asilo in Italia. Questi ultimi, a Roma, sono costretti ad aspettare in media un mese e mezzo prima di poter accedere alle pratiche, e in questo tempo non viene assegnato loro un centro. L’unico riparo che trovano nella capitale è quello offerto da Baobab Experience.
In questi due anni abbiamo dovuto far fronte alla indisponibilità delle istituzioni cittadine a consentire che l’assistenza ai migranti potesse essere fornita in un luogo adatto a garantire condizioni umane per loro ed a ridurre l’impatto della loro presenza sulla comunità ospite. I venti sgomberi forzati che Baobab Experience ha subito hanno prodotto solo altri disagi e sofferenze sui migranti, e non hanno risolto alcuno dei problemi che in tanti a loro attribuiscono. Dopo venti sgomberi, non è aumentata la sicurezza della nostra città. Non ne è aumentato il livello di pulizia e decoro. Non è diminuita la marginalizzazione e l’esclusione di chi arriva, né i rischi ad esse associati. E soprattutto, gli arrivi non si sono fermati, e non si fermeranno.
Noi pensiamo che si possa fare meglio di così. Pensiamo che si possa provare, di fronte al fallimento di un sistema che non riesce a trovare soluzioni diverse da muri e sgomberi, a pensare a una diversa visione. Sappiamo che il Gruppo che Lei guida rappresenta una delle realtà più avanzate sul terreno della responsabilità sociale, e che numerose iniziative sono state già intraprese per il recupero a fini sociali di immobili non più utilizzati in attività industriali. Come ha detto Claudio Cattani, presidente di RFI, appena tre giorni fa: «L’emergenza sociale investe tutto il territorio nazionale e la capillarità del nostro sistema di stazioni ci impegna da sempre ad avere attenzione per quanti cercano riparo, aiuto e solidarietà presso i nostri spazi». Per questo,
Le proponiamo di intraprendere insieme un percorso coraggioso, di concederci l’utilizzo del parcheggio per bus totalmente inutilizzato, attualmente occupato dai migranti che la notte vi trovano riparo, e di consentirci di attrezzare un campo che assicuri condizioni minimali di assistenza, sicurezza, pulizia, decenza, ed in cui sperimentare insieme, un nuovo modello di accoglienza che possa fare da esempio.
Siamo pronti ad attrezzare quel campo in pochissime ore, grazie all’aiuto delle associazioni mediche e legali con cui condividiamo da anni il nostro percorso, insieme alle Ong internazionali e ai cittadini che ci sono solidali: abbiamo un progetto che saremmo lieti di presentarle.
Pensiamo sia venuto il tempo delle scelte. Siamo convinti che sia possibile dare, qui a Roma, una coraggiosa risposta, con i fatti, nel modo in cui noi e voi sappiamo eccellere, per la nostra stessa natura di uomini del fare, ad una delle grandi sfide di questi tempi difficili. Proviamoci insieme.
BAOBAB SGOMBERATO.
IL RACCONTO DI PICCOLI MAESTRI
di Carla Susani
Giovedì scorso siamo stati al Baobab, una manciata di Piccoli maestri per ragionare su un progetto ideato da Elena Stancanelli, un’Orazione civile, un’opera corale da scrivere a partire dall’Eneide; eravamo Maria Grazia Calandrone, Nadia Terranova, Tommaso Giartosio, Federico Cerminara, Tiziana Albanese e io.
Il Baobab è stato tanti luoghi dal 2015 in poi, centro di accoglienza sotto un tetto a via Cupa, tendopoli a ridosso del Verano, tendopoli in un parcheggio prossimo alla Stazione Tiburtina e ora in un parcheggio ancora un po’ più lontano sotto il sole a picco.
Da due anni, Baobab experience, il gruppo di volontari che ha condiviso e condivide l’esperienza, risponde al continuo afflusso di profughi e transitanti; lo fa in modo emergenziale perché le istituzioni non hanno attivato a Roma una struttura di prima accoglienza. Sul loro sito dichiara di avere assistito 35000 persone, ma probabilmente sono di più.
Chi arriva non ha acqua, cibo, informazioni sulle procedure per la richiesta di asilo e sui diritti, si ritrova sulla strada; Baobab experience, con l’aiuto di MEDU Medici per i diritti umani, molte altre associazioni e una quantità di persone che continua a crescere prova a far fronte ai bisogni minimi, alle necessità sanitarie, fornisce informazioni. Ma offre qualcosa in più: si fa strumento di incontro e di conoscenza: chi arriva ha l’opportunità di fare amicizia, di conoscere Roma antica, di giocare a calcio, di suonare, di avere libri da leggere.
La presenza di noi Piccoli Maestri sul piazzale ha a che fare con questo stile di : ci sono momenti in cui persino il pane e l’acqua sono incerti, ma neanche in quei momenti essere umani si riduce a questo, in ogni circostanza abbiamo bisogno di pensare e di pensarci.
L’effetto è che la disumanizzazione di chi ha bisogno, ma persino la carità straziante e cieca verso i derelitti, è messa sotto scacco. Sia chiaro, Baobab non è una soluzione, è una supplenza che non è in grado di supplire: una tendopoli su un piazzale assolato, quando va bene, solo pensarlo è sconfortante. Ma alle istituzioni persino questo è sembrato troppo, le istituzioni non hanno affrontato la questione in modo strutturale.
La risposta si è risolta in questi anni negli sgomberi. Sgomberi in cui spesso vanno distrutte anche le tende, i viveri, le donazioni.
I Piccoli maestri sono invece scrittrici e scrittori che vanno nelle scuole pubbliche a leggere e raccontare gratuitamente i classici, nascono da un’idea Elena Stancanelli ha avuto alcuni anni fa.
Più di una volta la strada di Baobab experience e quella dei Piccoli maestri si sono incontrate. Siamo andati giovedì alla tendopoli curata da Baobab experience con l’idea di costruire un’opera nuova leggendo e raccontando l’Eneide (sul solco di Xeneide, un progetto artistico promosso da Stalker e noworking da poco concluso all’Auditorium).
Il piazzale aveva un aspetto desolato, faceva caldo anche alle sette del pomeriggio. Eravamo all’inizio imbarazzati, anche turbati. Gente giocava a palla, c’era una famiglia con quattro figli che poi abbiamo scoperto curda, c’erano volontari qua e lì, qua e lì crocchi di ragazzi che chiacchieravano.
Ci siamo avvicinati, titubanti, preoccupati di disturbare, abbiamo chiesto una sedia, poi non abbiamo potuto fare a meno di raccontare il nostro progetto, quell’embrione di progetto che avevamo in testa e che a raccontarlo sembrava fragilissimo.Si sono raccolti attorno a noi una decina di ragazzi. Tommaso traduceva, in francese e in inglese. Poi ci ha aiutato anche Momo. Insomma, sono stati contenti e a poco a poco entusiasti all’idea di mettere in relazione la loro storia con un antico poema che parla di un uomo in fuga dalla guerra, che naviga rischiando la furia dei venti attraverso il Mediterraneo.
Al crocchio si sono aggiunti altri ragazzi, uno leggeva Simenon. Tutti si sono fatti coinvolgere, vengono dall’Africa occidentale e da quella orientale. Due hanno cominciato a litigare sulla differenza fra poesia e prosa, uno ci ha raccontato che scrive poesie, uno si è dichiarato lettore di Balzac (e mi scuso perché ancora non so i nomi, non ho fatto a tempo). Ci siamo dati appuntamento il giovedì successivo per cominciare, con l’idea di vederci tutti i giovedì per lavorare al progetto.
Eravamo quasi impressionati dal vedere come fosse vero quello che credevamo, la letteratura, diceva un ragazzo, è la cosa più importante che c’è, la letteratura è la vita stessa. Nella mattina di lunedì l’ennesimo sgombero. La Rete Ferrovie Italiane ha piazzato pesantissimi dissuasori di cemento per evitare che si potesse rimettere su il campo. Volontari e cittadini seduti per terra e una lunga trattativa hanno impedito che le tende donazioni dei cittadini venissero distrutte.
Questo giovedì non siamo potuti tornare al campo perché non c’era più, ma prepariamo il lavoro per essere pronti a incontrarci di nuovo. Ora, a piazzale Maslax è rimasto un presidio, all’ora della cena e del pranzo si distribuisce il pasto, ma dormire si deve dormire da soli evitando assembramenti.