Titolo originale: Bangalore turning into a power in electric cars - Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini
Se esiste una città che sta davvero boccheggiando per il bisogno di un’auto elettrica, quella città è Bangalore, centro tecnologico piegato dal carico dei milioni di nuovi veicoli dei pendolari e soffocato dallo smog.
I potenziali investitori che sperano di aggiungersi allo “IT boom” quando arrivano qui restano talmente spaventati dal funebre incedere del traffico dall’aeroporto al centro città, che spesso scelgono di far affari altrove.
Quindi è giusto che sia Bangalore il quartier generale del leader mondiale nella produzione dell’auto elettrica, Reva, l’impresa che sforna le vetture più vendute sul mercato internazionale.
La Reva probabilmente non dà molto spettacolo. Tozza e squadrata, richiama in qualche modo la scarsa grazia delle Lada di epoca sovietica. Le portiere tremano in modo sconcertante quando si chiudono. Un corrispondente al recente motor show di Londra l’ha dichiarata “auto più brutta” in mostra.
Eppure questa negazione dello chic si è resa tanto desiderabile che gli operai nella piccola sala assemblaggio di Bangalore corrono per recuperare il ritardo di tre mesi sulle ordinazioni.
A Londra, l’auto può essere vista parcheggiata fuori dai ristoranti più costosi della città, ed è stata adottata come oggetto di culto dai frequentatori della zona dei miliardari di Chelsea.
Il veicolo è una piccola storia di successo, che prospera anche nel momento in cui le auto elettriche a livello globale si avvicinano all’estinzione.
Nei cinema degli Stati Uniti e d’Europa quest’estate si proietta “ Chi ha ucciso l’Auto Elettrica?”, documentario filmato con uno stile da giallo, che indaga sulla decisione da parte di tutte le principali case produttrici di ritirare le auto elettriche dal mercato.
Una mossa, suggerisce il film, dettata dalle pressioni da parte delle lobby petrolifere, determinate ad obbligare i consumatori all’uso della benzina.
Molti automobilisti ambientalmente sensibili si sono rivolti alle auto ibride, che utilizzano benzina ed elettricità. Esse offrono alcuni dei vantaggi ecologici dell’auto elettrica, senza la preoccupazione delle batterie scariche.
Qui a Bangalore, i produttori sono impegnati in una eroica battaglia per riportare il vita l’auto elettrica. Al momento, gli sforzi sono su piccolo scala: sinora si sono venduti 500 veicoli l’anno scorso, e ne sono stati prodotti in tutto 1.600 di sui la metà esportati in Europa. Ma cresce l’interesse internazionale.
Con l’aumento dei prezzi del petrolio, l’impresa è fiduciosa che si tratti solo dell’inizio della popolarità, per quest’auto. Si spera di ampliare la produzione nei prossimi 12 mesi, iniziando a produrre 6.000 pezzi l’anno.
Chetan Maini, vicepresidente e principale responsabile tecnico alla Reva, impegnato nello sviluppo dell’auto si dall’inizio delle ricerche nel 1994, crede che il suo veicolo possa sopravvivere là dove i modelli GM, Toyota e Peugeot hanno fallito, grazie ad un approccio molto diverso.
“Tentiamo di produrre un’auto per le affollate città di India e China, non un veicolo verde per il mercato Californiano”, dice.
Il prezzo sta al di sopra di tutto. Là dove le auto elettriche prodotte dalle grandi compagnie sono spesso più costose delle equivalenti a benzina, la Reva è stata pensata per essere economica.
“Se si paragonano i modelli elettrici di Toyota e Nissan agli equivalenti a benzina, sono due o tre volte più costosi. Probabilmente si può spendere quella somma se si è un ambientalista impegnato, ma la maggioranza non può. La Reva spera in un mercato di massa”.
L’auto è progettata per l’uso in una città come Bangalore, dove il traffico è tanto denso che gli automobilisti non riescono mai ad accelerare, e le distanze percorse relativamente brevi.
Con una autonomia di due ore e mezzo, e la ricarica in una comune presa di corrente, l’auto può viaggiare per 60 km, con una velocità massima di 65 km l’ora. Anche se si usano combustibili fossili per produrre l’energia necessaria a ricaricare, l’uso è dell’elettricità efficiente, e la macchina in sé non produce emissioni.
“Abbiamo analizzato esattamente quanto è necessario alla mobilità urbana. Nelle città congestionate, ci si muove molto a stop-and-go, e l’auto è progettata per questo. Quando si schiaccia il pedale del freno l’energia è accantonata, rendendo l’auto più efficiente” continua Maini.
il successo della campagna è stato incredibile a Londra, dove le distanze di spostamento nel centro sono brevi e l’amministrazione responsabile non ha registrato il veicolo come auto, ma come quadriciclo, esente dai pedaggi d’accesso e, in alcune zone, dalle tariffe di sosta.
“É un’auto pratica che è anche economica. Si può avere un SUV o una Porsche nel garage, ma si sceglie questa per un giretto in città” spiega Maini. “Le dimensioni consentono di muoversi facilmente nel traffico”.
Anche se è concepita come auto asiatica, i costi di produzione per il momento significano che probabilmente avrà più successo in Europa che in India.
Ci sono circa 500 Reva per le strade di Bangalore, ma non è stata adottata ampiamente nel resto del paese.
“Qui non va, semplicemente perché è troppo costosa” commenta Amit Agnihotri, esperto commerciale di Delhi. “Per lo stesso prezzo si può comprare un’auto normale, senza nessuno dei limiti”.
In India il veicolo si vende a 320.000 rupie, ovvero 6.850 dollari, e in Gran Bretagna aggiunti i costi di esportazione si arriva a 7.000, sterline, o 13.100 dollari, il che la rende relativamente a buon mercato confrontata ad altre piccole vetture.
Ci sono altre città europee, come Roma o Atene, che di recente hanno introdotto incentivi simili per incoraggiare le persone a rivolgersi ad auto ecologiche, e la Reva sta negoziando con nuovi soci un incremento delle esportazioni verso l’Europa.
Nonostante un certo interesse da parte degli acquirenti americani, l’espansione negli Stati Uniti è una prospettiva più lontana, perché le norme sull’immatricolazione richiedono che l’auto venga classificata “veicolo elettrico di quartiere” e rallentata a velocità massime di 40 kmh.
Sinora, prosegue, non c’è praticamente concorrenza: a parte la norvegese ElBil Norge, che produce meno veicoli della Reva, e la francese Axiam, che è solo agli inizi della produzione.
Sono disponibili versioni elettriche della Smart prodotta da DaimlerChrysler, ma si tratta del modello originale a cui è stato tolto il motore e sostituito con batterie, anziché di un progetto specifico per essere elettrico.
Una compagnia cinese, Shandong Jindalu Vehicle, di recente ha cominciato a esportare in America veicoli elettrici a tre ruote battezzati Xebra.
Anziché temere la presenza di rivali, Reva spera che altri iniziano la produzione per contribuire a modificare l’atteggiamento diffuso.
La principale preoccupazione fra i consumatori è che queste auto possano percorrere solo distanze contenute con una carica di batteria, con le prestazioni di un carretto del lattaio, ma Maini spera che le nuove tecnologie delle pile sviluppate per i telefoni cellulari e i computer portatili consentano ai prossimi modelli di andare più lontano e più veloci.
Irrigidendosi alla parola “brutta” ammette che per il momento non è stata prestata molta attenzione all’estetica della macchina. La forma essenziale – sembra che un gigantesco piede abbia schiacciato il tetto, deformando il muso nella poco attraente forma di quello di una rana – è la stessa dai primi esperimenti a metà anni ‘90.
Per chi ama l’aspetto nostalgia anni ‘70, I finestrini scorrono avanti e indietro orizzontalmente.
“Credo che l’aspetto estetico sia un problema personale” dice Maini.
“La filosofia di progetto era quella di avere un prodotto pratico, pensato per adattarsi alla famiglia Indiana di due adulti e due figli nello spazio più piccolo possibile. I sedili sono posti in alto, per dare una sensazione di controllo della strada, il che rende anche facile per le donne entrare e uscire indossando un sari. Questo aspetto è risultato molto popolare”.
Si prevede una nuova versione pensata per la “generazione giovane” ed è stato realizzato ma non immesso in produzione un veicolo sportivo con un’autonomia di 200 chilometri e velocità massima di 120 kmh.
Anche se sembra un po’ di muoversi in un golf-cart, la Reva è facile da guidare: Non ci sono marce né apparecchiature digitali high-tech di cui preoccuparsi. Nonostante l’esterno leggero in plastica, I progettisti sottolineano come la vettura risponda a tutti i criteri europei di sicurezza, e sia sorprendentemente solida grazie a una gabbia d’acciaio realizzata attorno all’area passeggeri.
“Una donna ha avuto una collisione frontale con un camion carico di cemento qualche settimana fa, e se l’è cavata con qualche graffio” racconta Maini.
Fuori dalla catena di montaggio, gli operai incoraggiano i visitatori a picchiare le fiancate delle nuove auto con un martello, per dimostrare la resistenza della plastica ai piccoli colpi. Cosa migliore di tutte, non c’è nessun fumante tubo di scarico.
Maini è spinto non tanto da convinzioni ecologiste, ma da un’ossessione per la sfida tecnologica dell’auto elettrica, che lo pervade da quando ha abbandonato da studente il suo amore per i veicoli solari. Ma è ottimista sul fatto che il revival del veicolo elettrico possa migliorare l’ambiente.
“Cinquecento auto creano consapevolezza e riducono l’inquinamento, ma dobbiamo aggiungerci molti zeri se vogliamo fare davvero una differenza ambientale. Siamo i leader mondiali al momento. Spero che il nostro successo faccia da catalizzatore”.