La leggenda del santo nucleare. Se dovessi scriverei un libro su quello che si dice lo intitolerei così. Ne sento di tutti i colori: che permette di combattere l’effetto serra, che è diventato sicuro, che è illimitato, che è conveniente. Un elenco di fesserie che andrebbero smontate una per una». Non ha dubbi Vincenzo Balzani, docente all’Università di Bologna e candidato al Nobel per la Chimica: le informazioni che girano sul nucleare sono inutili perché incomplete.
«Partiamo dai soldi: nessuno sa dire quanto costi davvero una centrale. E le cifre che girano sono tutte sbagliate. In questo campo c’è una lunghissima tradizione di preventivi sbagliati: solo per la costruzione si registrano sforamenti puntuali del 200 o anche del 250%, mica bruscolini».
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il pagare, lo sappiamo. Ma non mi dirà che i problemi del nucleare sono i preventivi sbagliati?
«Siamo solo all’antipasto. Passiamo alle scorie: quanto costa lo spostamento, lo stoccaggio, il portarle all’estero per trattarle e riportarle in Italia per conservarle? Il tutto con personale specializzato e strutture adeguate».
D’accordo, costruzione e scorie...
«Il piatto forte è il sacro mistero dello smantellamento: una centrale, in genere, dura 40-50 anni, poi va chiusa. E qui iniziano i dolori. Perché la centrale, che nel frattempo ha trattato e prodotto materiale radioattivo per mezzo secolo, non può essere smantellata dall’oggi al domani, va lasciata in uno stato di quiescenza: non funziona più, ma non può essere toccata per altri 50-100 anni. Solo allora si procede allo smantellamento, sperando nel frattempo di avere trovato un luogo dove mettere le scorie prodotte. Come dire: i genitori si fanno una bella centrale, si godono l’energia e il conto ambientale e di gestione lo lasciano ai figli. Un bell’approccio non le pare?».
Restiamo ai costi.
«È semplice: tra costruzione, smantellamento e gestione scorie nessuno sa davvero quale sarà il costo finale dell’operazione. In ogni caso, per le quattro centrali di cui si parla in Italia è lecito aspettarsi una spesa complessiva di almeno 40-50 miliardi di euro. Problemi esclusi».
Sta dicendo che il nucleare non conviene?
«Dal punto di vista finanziario si tratta di un’operazione pericolosa, perché costosa, a lungo termine e con troppe incognite. Vista la fatica per trovare i soci della nuova Alitalia, siamo sicuri che in Italia ci sia qualcuno disposto a mettere soldi in una operazione di cui si conosce l’inizio ma non la fine?».
C’è sempre lo Stato...
«È quello che temo. Perché alla fine i cittadini pagheranno due volte: prima le tasse, poi la bolletta. Non mi sembra giusto».
Continuiamo con le leggende.
«Il sito unico in profondità: viene presentato come la soluzione di tutti i mali. Si tratta di un luogo sotterraneo in cui radunare i rifiuti radioattivi. Si era persino individuato il posto, Scanzano Jonico, poi tutto fu annullato dopo le proteste della popolazione. Quello che nessuno dice è che gli Stati Uniti, dopo aver speso inutilmente 100 miliardi di dollari, hanno cancellato un progetto simile che prevedeva la costruzione di un sito in profondità sotto la Yucca Mountain, nel Nevada: troppo complicato e troppo costoso. Va bene che siamo il Paese di Leonardo e Galileo, ma siamo sicuri, oggi, di poter far meglio degli Stati Uniti? Mettiamoci una mano sulla coscienza: il nucleare non è alla nostra portata».
Leggende o no, l’Italia compra energia dalla Francia, che ha le centrali proprio al di là delle Alpi. Non le sembra un’ipocrisia dire no al nucleare in questo modo?
«Anche qui l’informazione è zoppa. La Francia si è dotata di centrali nucleari perché voleva l’atomica. E vi si è buttata a capofitto. Nemmeno loro però sanno quanto costi questo lusso, tanto c’è lo Stato che paga. E sul fatto che noi compriamo energia da loro è più corretto dire che è la Francia ad essere costretta a venderla. Le centrali devono funzionare senza sosta, solo che di notte, quando si abbassano i consumi, si ha un eccesso di energia che deve essere smaltita. Ecco allora che di notte i francesi ci girano energia, ovviamente a prezzi vantaggiosi».
Altre leggende?
«Che bisogna passare al nucleare perché il petrolio sta per finire. Un’autentica fesseria: anche l’uranio è una risorsa limitata. Se tutto il mondo, oggi, andasse a nucleare, ci sarebbe uranio per soli sette-otto anni. Parlare del nucleare come energia del futuro è un po’ azzardato, non le pare?».
E qual è l’energia del futuro?
«Quella che non si usa. Nel senso che dobbiamo imparare a risparmiare e, nel contempo, ad aumentare l’efficienza. Lo sa che nei Paesi sviluppati il 50% dell’energia viene banalmente sprecata? Il guaio è che il nucleare ti illude di avere tutta l’energia che vuoi: altro che risparmio, è la cultura dello spreco».
Proprio come il petrolio.
«Il petrolio è destinato a finire, dobbiamo imparare ad uscirne. E questo significa, come ho detto, risparmiare e aumentare l’efficienza ma anche puntare, con decisione, sulle energie rinnovabili, come eolico e solare. E quando parlo di Sole non intendo solo il fotovoltaico: c’è anche quello termodinamico di Rubbia che abbiamo gentilmente regalato a Paesi come la Spagna e la Germania. Questo non vuol dire cancellare del tutto il petrolio o il gas, ma che bisogna utilizzarli solo dove servono davvero, ad esempio nei trasporti, quello aereo in particolare».
Effetto serra.
«È indubbio che il nucleare, non producendo anidride carbonica non contribuisce alle dinamiche che portano al riscaldamento globale. Peccato che per combattere l’effetto serra dovremmo convertire in nucleare tutta la produzione energetica inquinante. Tanto per essere chiari significherebbe costruire 2500 centrali da 1000 megawatt: una a settimana da qui al 2050. Impensabile, ovviamente».
Sicurezza.
«Le centrali di quarta generazione esistono solo sulla carta. Dicono che saranno pronte fra 30-40 anni, ma si tratta solo di ipotesi. Lo stesso per la fusione: in teoria è il nucleare pulito, nella pratica è un terno al lotto: nessuno è mai riuscito a ottenere più energia di quella immessa nel sistema. Anche qui, siamo solo nel campo delle ipotesi. E intanto il mondo consuma».
È preoccupato dalla decisone del governo?
«Personalmente credo che non riusciranno a riportare l’Italia nel nucleare: non ci sono le risorse finanziarie. Il pericolo che vedo, piuttosto, è iniziare progetti costosi e inutili, che non verranno mai realizzati. Come il Ponte sullo Stretto. E questo solo perché si parla senza conoscere la realtà. Un po’ triste per un Paese moderno».