Non convince l’intervento di Massimo Serafini e Mario Agostinelli pubblicato nei giorni scorsi su queste pagine a proposito degli impianti per la produzione di energia eolica in Puglia. Anche il presidente della Regione Sardegna e con lui la maggioranza di centrosinistra hanno convenuto sulla necessità di andare a vedere meglio le questioni connesse alla installazioni di tralicci eolici nel territorio. E con legge hanno deciso di sospendere, per quanto possibile, le iniziative (troppe) con effetti di sicura alterazione di quadri paesistici di rara bellezza.
Il provvedimento della Regione Autonoma, che è stato assunto insieme a quello di fermare l’assalto alle are costiere, è stato poi impugnato dal governo Berlusconi davanti alla Corte Costituzionale ( un atto che la dice lunga sugli interessi in gioco ben al di qua degli accordi del protocollo di Kyoto). La posizione di Serafini e Agostinelli, in forma di lettera a Nichi Vendola, pone quindi una questione - gli effetti pericolosi della moratoria - che potrebbe essere riferita per stretta analogia anche alla Sardegna. Il limite dell’ impostazione è quello di attribuire, pure con molte cautele, il primato alla questione energetica ponendo in secondo piano i diritti del bene comune paesaggio.Per cui nelle regioni del Mezzogiorno dove il vento soffia forte si dovrebbe costruire “un modello energetico nuovo e pulito, più giusto e sostenibile, costruito intorno alle risorse locali “.
La questione posta in questo modo sembra sottovalutare molto, nonostante le rassicurazioni di circostanza (perché siamo tutti, ci mancherebbe, per la tutela del paesaggio), l’impatto di queste torri normalmente ubicate su quote elevate, visibili a distanza con un esteso grado di compromissione non solo sul piano della percezione. Un esito ingiusto, insostenibile e appunto a danno di quelle risorse locali che sono la sola ricchezza che in un futuro non lontanissimo potranno essere essenziali per lo sviluppo del Mezzogiorno (che ha poche colpe sull’effetto serra). Sottrarre al mercato contingente le cose belle e rare che potranno servire domani è un imperativo. La solidarietà ecologica e generazionale si esprime anche su questo terreno. Al di là delle contingenze appunto. Se in Sardegna saranno realizzate anche la metà delle pale eoliche progettate dalle varie società nel nome dell’ energia pulita c’è la certezza di un danno incalcolabile (a proposito di flussi turistici, basta leggere qualche sondaggio e si capisce che paesaggi inquinati da cose del genere i turisti non ne vogliono proprio vedere!).
Si è vero, l'eolico è incentivato da massicci finanziamenti europei. E a proposito di partecipazione occorre dire che molti comuni, che non hanno un euro in cassa, vorrebbero consentire quegli impianti solo per incamerare un po’ di denaro. Anche con il dubbio che fra una decina d’anni, per l’evoluzione rapida della tecnologia, quelle pale non siano inservibili ferraglie che nessuno sarà impegnato a togliere.
Chi ha visto le conseguenze degli impianti eolici sui paesaggi sardi non potrà che diffidare delle ipotesi di mitigarne l’impatto ( accorciare le torri ? metterle più a valle ? colorarle di verde ?). La moratoria è l’unica strada per provare a considerare all’interno di un piano tutte le ragioni insieme, muovendo dal presupposto che l’energia pulita (da esportazione) non può essere a scapito dei paesaggi del nostro Mezzogiorno.