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Un'ispezione interna, disposta dal direttore generale della Rai Cattaneo per rispondere alle accuse di «agguato» alla sua persona fatte ieri dal presidente del consiglio Berlusconi contro i giornalisti del Tg3. Gli ispettori si sono presentati in redazione, al Tg 3, verso le una e mezzo. Secondo quanto si apprende dalla redazione si trattava di due ispettori dell'ufficio legale dell'azienda. E non hanno controllato soltanto il servizio "incriminato", cioè quello sul «passante» che ha apostrofato il premier all'uscita dalla deposizione al tribunale di Milano dicendogli di «rispettare le leggi, la Costituzione e fasi processare». I due uomini di Cattaneo hanno visionato anche i servizi sulla materia del processo, relativi
alle cifre sui conti correnti dei procedimenti, sarebbe stato chiesto se quei numeri erano corretti o meno.
Nel primo pomeriggio i redattori del Tg 3 si sono riuniti in assemblea in un clima molto teso e di forte intimidazione. Domani a Saxa Rubra ci sarà un'altra assemblea che riguarderà invece tutti i giornalisti dell'azienda di servizio pubblico e alla quale non è escluso che partecipi anche la presidente Lucia Annunziata, oltre ai vertici della Federazione nazionale della Stampa.
È stata proprio una lettera della presidente a scatenare, non volendo, l'ispezione decisa da Cattaneo. La Annunziata infatti dopo l'attacco di Berlusconi al Tg3 ha inviato ieri una lettera al direttore generale della tv di Stato chiedendogli di fare chiarezza su quanto denunciato dal premier ma anche di prendere posizione in difesa del servizio pubblico. Da lì Cattaneo ha deciso di rispondere con quello che sembra a tutti gli effetti un colpo a sorpresa: un'ispezione interna.
L'intento intimidatorio non è sfuggito né ai colleghi giornalisti di altre testate Rai, né agli organismi di difesa sindacale. Il comitato di redazione del Tg 1 ha inviato un comunicato di solidarietà ai colleghi del Tg 3 definendo quanto successo: «Un gravissimo atto di intimidazione, che non intendiamo subire passivamente». Il Cdr del primo canale denuncia «una vergognosa ingerenza nell'autonomia professionale del Tg3 e nelle scelte editoriali della sua direzione. È un forte
segnale di avvertimento -prosegue la nota-, che va ben oltre il fatto cui si riferisce e riguarda tutti i giornalisti del servizio
pubblico».
«Un attacco gravissimo alla libertà e all'autonomia dell'informazione», «una risposta vergognosa del vertice aziendale dopo il vergognoso silenzio» è invece la definizione del sindacato dei giornalisti della tv pubblica Usigrai e del Cdr del Tg3 nel comunicato congiunto con cui si è data la notizia dell'avvenuta ispezione.
Per il sindacato si tratta di «un'azione che mina alla radice l'autonomia dell'informazione Rai, mira ad intimidire i giornalisti del servizio pubblico, intacca i diritti costituzionali garantiti dall'articolo 21. È un attacco di gravità analoga all'emendamento contro i giornalisti votato ieri dalla Commissione Giustizia della Camera», dice ancora il comunicato congiunto.
«Per la prima volta -si legge ancora nella nota-, dichiaratamente e senza più veli, l'azienda entra nel merito dei servizi
giornalistici, del sommario del telegiornale, della successione delle notizie, di come vengono confezionate. Giudica, chiede spiegazioni. Ora più che mai -si coclude il comunicato- la nostra indipendenza è in pericolo».
Nel frattempo il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri dice che lascia «al presidente e al direttore
generale della Rai dipanare la matassa». Così ha affermato uscendo dall'archivio centrale dello Stato dove è intervenuto
alla presentazione di un nuovo francobollo in merito alla richiesta della Casa delle libertà di convocare in Commissione
di vigilanza il direttore del Tg3 Antonio Di Bella. «Non intervengo su aspetti di questa natura - ha detto Gasparri
riferendosi al servizio del Tg3 sul contestatore di Berlusconi fuori dall'aula del tribunale di Milano - c'è un dibattito in
corso. Certamente quegli aspetti hanno sollecitato una discussione, evidentemente erano discutibili».
Indignati i commenti di molti esponenti dell'opposizione. «La libertà di informazione non è un optional nelle mani della presidenza del consiglio dei ministri. È gravissimo che, dopo le accuse rivolte da Berlusconi al Tg3 dai microfoni della radio il vertice Rai stia mettendo sotto processo i giornalisti del Tg», affermano in una dichiarazione congiunta i due capigruppo della Margherita alla Camera e al Senato Pierluigi Castagnetti e Willer Bordon. «Siamo certi - aggiungono Castagnetti e Bordon - che il presidente della commissione di Vigilanza Petruccioli si attiverà perchè la commissione impedisca comportamenti del vertice Rai in aperto contrasto con il rispetto della libertà di informazione. Per parte nostra rappresenteremo la gravità di questo episodio ai presidenti delle due Camere».
Mentre secondo Oliviero Diliberto segretario dei Comunisti italiani: «si tratta di una vergognosa vendetta di
Berlusconi che pretendeva, in occasione della sua comparsa al tribunale di Milano, l'oscuramento di ciò che in realtà è
accaduto, con una presentazione edulcorata ed ingannevole».
E per Vincenzo Vita dei Ds: «La provocazione di ieri sull'arresto dei giornalisti, apparentemente rientrata e l'ispezione da stato di polizia che sta avvenendo in queste ore nella redazione del Tg3 testimoniano che la libertà di
informazione in Italia è in serio pericolo». «Si è nella fase due del conflitto di interessi. Dalla tutela della concentrazione di Mediaset, dalla conquista della Rai si sta passando all'intimidazione di chi opera nel settore. È indispensabile -conclude Vita- che si costituisca un vastissimo fronte democratico per tutelare lo stato di diritto».
L'ex ministro della Margherita Rosy Bindi, esprimendo solidarietà a direzione e giornalisti del Tg3, chiama in causa la Annunziata: «È il momento per una donna e una professionista della statura di Lucia Annunziata di far vedere cosa
significa essere un presidente di garanzia rispetto all'autonomia dei giornalisti Rai, il pluralismo e la completezza dell'informazione, il rifiuto della censura preventiva e dei condizionamenti impropri del potere politico».
Per Antonio Di Pietro l'ispezione e l'arresto per la diffamazione a mezzo stampa non sono altro che «prove tecniche di regime». secondo il presidente di Italia dei Valori si tratta di «un modo per tappare la bocca a tutti coloro che possono riferire fatti pregiudiziali per il nostro premier. è un attacco gravissimo alla libertà e all'autonomia dell'informazione».