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Francesco Erbani
Archeologi in rivolta
21 Febbraio 2009
Beni culturali
Le ragioni della protesta contro l’iniziativa del governo volta a cacciare gli esperti per agevolare la mercificazione dei beni culturali. La Repubblica, 20 febbraio 2009

Il ministro Sandro Bondi ama i commissari. Ne ha mandati negli scavi di Pompei e poi a Napoli e a Roma, per agevolare la costruzione delle metropolitane, intralciate, si sente dire, dagli archeologi. Ora lo stesso ministro sostiene che l’area archeologica romana sia preda di un degrado tale da convocare al suo capezzale Guido Bertolaso, responsabile della Protezione civile. Ma loro, gli archeologi delle Soprintendenze di Roma e di Ostia, che custodiscono il più illustre patrimonio del pianeta, si ribellano. Per oggi le principali associazioni di tutela (Italia Nostra, Legambiente, Comitato per la Bellezza, Assotecnici) hanno convocato un’assemblea alla Sala stampa estera. Gli archeologi potranno andarci, ma usando l’accortezza di prendere un giorno di ferie, perché se partecipassero in rappresentanza dell’ufficio, è stato loro fatto intendere, potrebbero nascerne conseguenze. Nel frattempo, mentre altre manifestazioni si annunciano, anche clamorose, prosegue sul sito www. patrimoniosos. it la raccolta di firme contro il commissariamento, ora arrivate a quattromila, fra le quali quelle di quasi tutti i soprintendenti archeologi d’Italia, compreso Piero Guzzo di Napoli e Pompei, di illustri accademici (Fausto Zevi, Giovanni Colonna, Mario Torelli) più studiosi dalla Grecia, dall’India, dalla Lituania, dagli Stati Uniti, dalla Norvegia e dall’Argentina.

Tutti si oppongono a un provvedimento, largamente annunciato, ma che ancora non c’è, e che anzi, di fronte a un muro compatto di proteste, si dice stia vacillando. Se fosse varato come si teme, si aprirebbe un nuovo fronte nel dissestato mondo dei Beni culturali, soggetto a tagli di finanziamenti e al progressivo svuotamento delle strutture di tutela, le Soprintendenze, che annoverano ormai un personale invecchiato, mai rinnovato perché i concorsi stentano, e in balìa di norme contraddittorie, affogate in incombenze burocratiche che ne fiaccano le energie e con i capi che si alternano da un ufficio all’altro, sempre con l’incubo - i più energici - di essere trasferiti.

L’arrivo di Bertolaso quale commissario dell’archeologia romana e di un vice, Marco Corsini, assessore all’urbanistica del Campidoglio, viene vissuto come un altro fulmine dopo la designazione di Mario Resca, ex amministratore delegato di McDonald’s, a direttore generale per la valorizzazione. Un altro passo, si sente dire, verso lo svuotamento delle Soprintendenze. Il ministero, soprattutto il sottosegretario Francesco Giro, sostiene che il responsabile della Protezione civile sia la persona giusta per arginare i guai di un sito affetto da patologie drammatiche. E cita il caso del Palatino, dove frequenti sarebbero gli smottamenti a causa dell’intensificarsi delle piogge. Poco si farebbe, inoltre, per valorizzare l’area, mentre resta l’incongruenza di due Soprintendenze, una statale e una comunale, che si dividono il sito - una divisione raffigurata fisicamente in un muro che il sindaco Gianni Alemanno ha in programma di demolire il 21 aprile, giorno del Natale di Roma.

Ma, ribattono gli archeologi della Soprintendenza, non c’è bisogno di scomodare chi fronteggia inondazioni e terremoti per compiere operazioni di manutenzione e restauro. E, inoltre, se il Palatino rischia di crollare - come la stessa Soprintendenza sostiene di documentare da anni - perché commissariare anche Ostia e i Fori romani? E, si aggiunge, le migliaia di pratiche di condono ancora giacenti non sono un’emergenza? Non sono un’emergenza gli abusi edilizi nell’Appia antica? E, ancora, il commissariamento non è per caso collegato alle nuove norme introdotte con il federalismo fiscale che attribuiscono al Comune di Roma maggiori competenze sui beni culturali?

Gli archeologi romani sostengono poi che l’istituzione - anche questa solo annunciata - di un comitato scientifico che supporti il commissario «svilisca e delegittimi le professionalità presenti all’interno degli uffici». Alla guida del comitato sarebbe stato designato Andrea Carandini, archeologo di fama, che ha lavorato molto proprio sul Palatino. Ma c’è un altro elemento che allarma gli archeologi: l’idea che si intravede in molte dichiarazioni di separare siti "ad alto reddito" - il Colosseo, per esempio, l’unico bene culturale che si mantenga da sé, grazie ai milioni di biglietti staccati e alle mostre - e tutto il resto, che invece è soprattutto cure, restauri e soldi spesi senza immediati ritorni.

Del braccio di ferro fra Soprintendenze e ministero è molto preoccupato Salvatore Settis, presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, che finora non è stato consultato. «Non ho visto l’ordinanza», dice il direttore della Scuola Normale, «e vorrei capire meglio: se ci si limita a sanare alcune emergenze, come il Palatino, può anche essere auspicabile un coinvolgimento della Protezione civile. Ma se il commissariamento esautorasse le due Soprintendenze, la questione sarebbe invece gravissima».

Se gli archeologi protestano, il soprintendente di Roma, Angelo Bottini, preferisce non commentare. Secondo i fautori del commissariamento, lui sarebbe favorevole all’iniziativa del ministero. Ma, alla richiesta di un commento, preferisce sottrarsi. Aggiungendo, però: «L’ordinanza ancora non c’è: se fossi contrario alle decisioni del ministero non protesterei, ma mi dimetterei».

Sull'argomento vedi anche, in eddyburg, l'articolo di Maria Pia Guermandie quelli raccolti in questa cartella

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