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Giovanni Valentini
Appia antica, è allarme il super parco dimenticato lascia spazio al cemento
12 Marzo 2009
Pagine di cronaca
“A distanza di tre anni il progetto resta negli archivi, ma le licenze edilizie premono” . La Repubblica, 12 marzo 2009

ROMA - Era il grande sogno di Antonio Cederna, firma storica dell’ambientalismo italiano e in particolare del nostro Gruppo editoriale. Il super-parco dell’Appia Antica, cioè l’ampliamento del parco archeologico e paesaggistico più famoso del mondo, fu varato il 9 settembre 2005 dalla giunta regionale, presieduta allora come oggi da Piero Marrazzo. E la proposta dell’assessore all’Ambiente, Angelo Bonelli, venne approvata successivamente anche dal Comune e dalla Provincia, guidati rispettivamente da Walter Veltroni e da Enrico Gasbarra. Ma a distanza di oltre tre anni il progetto è ancora sulla carta, nei cassetti o negli archivi della Regione Lazio. Il sogno di Cederna rischia così di svanire nel dimenticatoio del Malpaese, sotto una colata di cemento che già s’annuncia alle porte. Se la proposta finalmente non diventerà legge, in mancanza o nel vuoto di un vincolo regionale, presto le amministrazioni comunali di tutta la zona potranno autorizzare l’edificazione di oltre un milione di metri cubi: e perciò i comitati popolari del Colle della Strega, dove ne sono previsti circa settantamila per costruire due palazzoni di sei piani ciascuno, sono tornati in strada per protestare contro questa minaccia incombente.

Con l’ampliamento di 1.600 ettari, dagli attuali 3.400 a 5.000, il polmone verde dell’Appia Antica è destinato a collegare il cuore imperiale di Roma con i Castelli Romani, dalle Terme di Caracalla fino al santuario del Divino Amore a Castel di Leva. Nei nuovi confini del parco, dovrebbe rientrare dunque anche il territorio di Tor Fiscale, attiguo all’area degli Acquedotti immortalata nei dipinti di tanti artisti italiani e stranieri nel corso dei secoli. Fu proprio dalle pagine di Repubblica che a suo tempo anche l’ex sovrintendente, Adriano La Regina, aveva chiesto di tutelare le preziose testimonianze archeologiche di epoca romana e preistorica, disseminate in un variegato sistema ecologico composto da bosco, sottobosco, pascolo brado, querceti, lecceti e olmi campestri: l’habitat naturale in cui trovano riparo 37 specie di uccelli, otto di mammiferi, quattro di rettili e tre di anfibi.

Sono sei le aree interessate al progetto di ampliamento: da Porta San Sebastiano, 33 ettari del centro storico di Roma, al Campo Barbarico con i sei acquedotti più importanti degli 11 che rifornivano Roma in età imperiale, convogliando gran parte delle 13 tonnellate d’acqua al secondo distribuite in città; dalle Capannelle, dove si trova l’Ippodromo, al fosso delle Cornacchiole particolarmente ricco di vegetazione; dalla Cecchignola e dal Colle della Strega fino al santuario della Madonna del Divino Amore, luogo di culto e méta di pellegrinaggio. «È un patrimonio storico e culturale, oltre che ambientale e paesaggistico, di straordinaria importanza anche dal punto di vista turistico», sottolinea ora con preoccupazione l’ex assessore Bonelli.

Nel settembre 2005, la sua proposta fu approvata all’unanimità. E a quell’epoca lo stesso presidente Marrazzo dichiarò trionfalmente: «È un altro passo verso la costruzione di un sistema integrato di parchi e riserve che dovrebbe avvolgere Roma come una cintura verde, garantendo quell’equilibrio tra zone urbanizzate, agricole e naturali che da sempre caratterizza la città e tutta la zona dell’antica campagna romana». Ma da allora a oggi sono passati ormai più di tre anni.

Nonostante il ritardo, e il pericolo che nel frattempo si lascino scappare i buoi prima di chiudere la stalla, alla Regione Lazio confermano tuttavia l’intenzione di andare avanti. «C’è un accordo politico - assicura l’attuale assessore all’Ambiente, Filiberto Zaratti - per procedere in tempi rapidi: il Parco dell’Appia Antica resta per noi una priorità». Lui stesso non nasconde però le difficoltà e le resistenze opposte soprattutto dai Comuni di Roma e di Marino, interessati a fare cassa con le licenze edilizie: per quanto riguarda la Capitale, si tratta di 72 mila metri cubi al Colle della Strega che potrebbero anche essere “delocalizzati”, concessi cioè altrove; nel secondo caso, invece, si parla addirittura di due milioni di metri cubi e la partita diventa perciò molto grossa. Dall’approvazione in giunta al voto definitivo del Consiglio regionale, il passo quindi non sarà né breve né facile.

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