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Giorgio Nebbia
Anziani e consumi
4 Giugno 2013
Giorgio Nebbia
I primi di giugno 2013 presso l’Accademia Nazionale dei Lincei si è svolto un importante convegno sulla “società che invecchia”. ...>>>
I primi di giugno 2013 presso l’Accademia Nazionale dei Lincei si è svolto un importante convegno sulla “società che invecchia”. ...>>>
I primi di giugno 2013 presso l’Accademia Nazionale dei Lincei si è svolto un importante convegno sulla “società che invecchia”. Nella maggior parte dei paesi industrializzati il progresso è costituito, fra l’altro, dall’allungamento della vita media delle persone, anche se, nello stesso tempo, diminuisce la natalità, per cui aumenta il numero degli anziani, di coloro che hanno più di 65 anni, e diminuisce la parte della popolazione “giovane” e di quella attiva. Lo stesso fenomeno si sta verificando più o meno rapidamente anche nei parsi emergenti e in quelli poveri.
A mio modesto parere, nell’analisi della società che invecchia, troppo poca attenzione viene rivolta alle conseguenze ambientali e merceologiche del fenomeno. In Italia, per esempio, mezzo secolo fa, alla fine della seconda guerra mondiale e negli anni cinquanta e sessanta del Novecento, gli anziani erano una piccola frazione della popolazione totale e la vita media era relativamente corta. In quei tempi gli anziani spesso restavano nella famiglia con i figli, contribuivano all’economia familiare con la propria pensione e con l’aiuto nella vita domestica quotidiana. I loro bisogni di oggetti erano abbastanza limitati e così erano i loro consumi e i rifiuti della loro esistenza, e l’effetto negativo sull’ambiente.
Oggi le donne e gli uomini di oltre 65 anni, il 20 percento della popolazione italiana, oltre 10 milioni di persone, vivono molto più a lungo; in seguito ai matrimoni o agli spostamenti dei figli le famiglie degli anziani sono costituite da coppie o da singole persone che spesso si trovano in appartamenti troppo grandi, mentre le nuove famiglie dei figli hanno bisogno a loro volta di nuove case. Con l’effetto che l’aumento della vita media non fa diminuire, ma aumentare, la richiesta di abitazioni, il che è buono dal punto di vista dell’economia dell’industria edilizia e dei venditori di cemento e di infissi, ma ha effetti negativi ambientali perché fa aumentare l’occupazione dei suoli, la domanda di vie e di mezzi di trasporto; come conseguenza indiretta è aumentato il numero di autoveicoli privati, il che è stato buono per i venditori di automobili, ma ha fatto aumentare la congestione e l’inquinamento urbano.
I 10 milioni di anziani italiani sono anche loro ”consumatori” di merci e di beni materiali, ma completamente diversi da quelli della restante parte della popolazione adulta. Col passare degli anni nelle persone diminuiscono inevitabilmente le possibilità di svolgere alcune funzioni: camminare, vedere, udire, masticare. Solo di recente nella pubblicità, al fianco dell’offerta di oggetti alla moda, di auto e motociclette rombanti e veloci, ha cominciato a comparire l’offerta di scale mobili domestiche, di apparecchi acustici, di adesivi per dentiere, di creme e trattamenti per togliere le rughe, eccetera, “nuove” merci che impongono innovazioni, richiesta di nuovi materiali, occasioni di lavoro per prodotti finora in parte di importazione. L’ambiente può anche essere ostile per gli anziani la cui limitata mobilità può essere agevolata eliminando le barriere architettoniche, finora pensate soltanto per i disabili, le scalinate, superabili soltanto con fatica, interventi che offrono altre occasioni di lavoro.
Ma soprattutto gli anziani hanno bisogno di servizi e anche questi richiedono oggetti materiali. Prima di tutto hanno bisogno di servizi sanitari pensati considerando i particolari disagi degli anziani, e poi hanno bisogno di assistenza e aiuto personale per affrontare i lavori domestici e gli acquisti. Perfino la burocrazia e la diffusione dell’informatica può rappresentare un disagio per coloro che non hanno confidenza con i relativi strumenti. Servizi finora offerti, ma solo in maniera limitata, da associazioni o gruppi pubblici o privati; per chi può permetterselo esiste una offerta di assistenti familiari, le persone chiamate, con sgradevole termine, “badanti”, per lo più figure femminili, immigrate, la cui presenza comporta vari problemi economici, la comparsa di nuovi diritti dei lavoratori e doveri dei datori di lavoro, la necessità di spazi abitativi. Anche gli anziani, come tutti, hanno bisogno di alimenti, ma spesso differenti da quelli richiesti dal resto della popolazione. Queste brevi considerazioni suggeriscono la necessità, da parte dei governanti, di conoscere le necessità dei loro cittadini anziani, di considerare che il loro numero è destinato ad aumentare, e richiede mutamenti produttivi e sociali che possono avere effetti positivi, ma che possono anche avere conseguenze negative ambientali.
Le precedenti considerazioni riguardano un paese del “primo mondo” industrializzato, ma le società invecchiano rapidamente anche nei paesi del secondo mondo in via di industrializzazione e nel terzo mondo dei paesi poveri e poverissimi, qui con la disintegrazione delle comunità basate sull’agricoltura, nelle quali la presenza di anziani aveva addirittura un ruolo economico e produttivo, e la nascita di megalopoli nelle quali gli anziani sono destinati ad essere sempre più emarginati, specialmente nelle parti più povere di ciascun paese.

Credo che occorra un crescente impegno del mondo accademico, della ricerca e delle imprese, per l’analisi dei rapporti fra l’invecchiamento della popolazione e i crescenti consumi di merci, di beni materiali, di risorse naturali e i relativi effetti: positivi e negativi ambientali.
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