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"Anch'io sono colpevole"
17 Aprile 2004
Lettere e Interventi
Luigi Scano (Venezia), 17.04.2004

Caro Eddy, confesso che come subitanea reazione alla lettura dell’articolo “Le battaglie sulla legge” del vice-presidente nazionale dell’I.N.U. Pierluigi Properzi, pubblicato sul bollettino “Architetti” e successivamente riprodotto nel tuo sito, mi ripetei l’ingiunzione rivolta dalla sua prima guida al nostro sommo poeta: “non ti curar di lor., ma guarda e passa”. Poi, riflettendo, sospettai tale reazione di snobismo elitaristico. Persisteva la tentazione di liquidare lo scritto con l’immortale battuta “pure ‘e pullece tenene ‘a tosse”. Ma quest’ultima mi indusse a meditare che i medesimi animaletti, sovente, avevano pure la peste, o, meglio, se la portavano a spasso saltellando e punzecchiando da sorcio in sorcio e da sorcio in uomo e da uomo in uomo, e riuscivano a far ridurre anche di due terzi la popolazione europea con una sola epidemia. Vero è, mi replicavo, che questi fenomeni, per prodursi, richiedono una situazione di pessima igiene pubblica e di piuttosto riprovevole igiene privata. Ma, per l’appunto...

Così, abbandonando la sequenza di più o meno spericolate metafore, mi sono fatto convinto della necessità di replicare, il più puntualmente possibile, sinanco agli interventi dei Properzi. La qual cosa, in sovrappiù, mi compete personalmente anche in maggior misura che ad altri, stante che un bel po’ di quanto il Properzi attribuisce, tra raffiche di lividi insulti (per conoscere la reazione ai quali occorrerà pazientare sino all’ultimo periodo di questa mia, o andare direttamente a leggerselo), al dire di Vezio De Lucia, fu in realtà, al convegno promosso dai Verdi, il 3 febbraio scorso, di cui il Properzi pretende di resocontare, asserito (e, mi pareva, argomentato, ma evidentemente mi sbagliavo) da me.

A cominciare dall’invocazione della presentazione di “leggi-manifesto”, di “leggi-proclama” da parte delle forze, culturali, politiche, istituzionali, che non condividano per nulla, e che anzi osteggino radicalmente, al di la della forma (sciatta, pressapochistica, pasticciata, contraddittoria, ai limiti dell’inqualificabile) in cui vengono espressi, gli assunti essenziali (e magari anche quelli secondari) delle sedicenti proposte di legge (nella fattispecie, in materia di governo del territorio) presentate e sostenute da quella che chiamavo “una maggioranza di destra aggressivamente e spregiudicatamente innovatrice, impegnata a smantellare, celermente, la più gran parte dei valori e degli assunti che avevano costituito, nel passato, un tessuto connettivo comune e indiscusso per le più diverse, anche radicalmente diverse, posizioni politiche [...]: dall’esistenza, riconoscibilità e prevalenza, nella regolamentazione degli assetti e delle trasformazioni del territorio, di interessi pubblici, alla demanialità (in senso forte, giuridico e, oserei dire, meta-giuridico) del patrimonio immobiliare dello Stato e delle sue articolazioni, a cominciare da quello di interesse culturale e paesaggistico”.

Sostenevo pertanto che era necessario effettuare preliminarmente all’elaborazione di autentiche proposte di legge delle sorte di ricapitolazioni ed esposizioni degli assunti irrinunciabili (a partire proprio da quelli che apparissero controversi, o maggiormente tali) identificativi di ogni posizione cultural-politica, così da fare emergere, e da rendere il più largamente possibile percepibili e comprensibili, le rispettive conciliabilità o inconciliabilità, al di là del velame che può, talvolta, essere costituito dalle tecnicalità espositive tipiche (e doverose) della forma legislativa.

E, per converso, sottolineavo che una siffatta operazione, da parte, come ho appena detto, delle forze che si contrappongono (e intendono realmente contrapporsi) a quelle che formano l’attuale maggioranza di destra, era contemporaneamente richiesta e legittimata dal fatto che le sedicenti proposte di legge sino allora presentate erano, di fatto, per l’appunto “leggi-manifesto”, “leggi-proclama”: dal testo, variamente rimaneggiato rispetto a quello originario per spacciarlo quale “testo unificato”, dell’on. Lupi a quello dell’on. Mantini a quello (di gran lunga meno peggio) dell’on. Sandri, per riferirsi a quelli formulati per la prima volta nella legislatura in corso (ma una configurazione non pienamente diversa aveva anche il testo messo a punto dall’on Lorenzetti nella scorsa legislatura).

Asserivo, infatti (ma il Properzi evidentemente non mi ha udito, o non mi ha compreso), che ben altra cosa dovrebbe essere “un’ottimale legge statale, rispettosa del nuovo Titolo V della Costituzione repubblicana, in una materia a competenza legislativa concorrente (o ripartita se così si preferisce) estremamente complessa come quella denominata governo del territorio”. E soggiungevo che si sarebbe ben dovuto, a un certo punto, “ragionare sulla costruzione di un modello di leggi statali quadro, a partire dai termini in cui si produce la legislazione concorrente (o ripartita che dir si voglia) negli stati a più moderna e matura struttura federale: nella Repubblica federale tedesca, per esempio”.

Riprendendo l’argomento, il documento presentato da Italia Nostra (congiuntamente all’associazione Polis) alla Commissione ambiente della Camera, in occasione dell’audizione sulla legge per il governo del territorio, il 23 febbraio scorso (documento alla cui redazione Vezio De Lucia e io abbiamo dato un contributo che credo si possa definire importante), afferma che il “testo unificato” presentato dall’on. Lupi “più che essere un’organica e compiuta legge quadro statale nella complessa materia denominata governo del territorio – inserita tra quelle enumerate dal comma terzo del novellato articolo 117 della Costituzione tra quelle a competenza legislativa concorrente – costituisce soltanto l’enunciazione di opzioni culturali e politiche essenziali al fine di aprire un confronto nel merito”. E prosegue asserendo che “per essere un’effettiva legge-quadro, la proposta in esame dovrebbe recare:

- tutti i principi fondamentali direttamente inerenti alla materia governo del territorio che si ritengano appartenenti alla competenza decisionale quantomeno dello stato nazionale, in applicazione del principio di sussidiarietà rettamente inteso, cioè espresso secondo la lettera e lo spirito degli atti costitutivi dell’Unione europea;

- gli omologhi principi fondamentali nelle materie parimenti a competenza legislativa concorrente e aventi indissolubili e irrinunciabili rapporti con il governo del territorio o, quantomeno, la chiarificazione del coordinamento con tali ulteriori principi fondamentali;

- le disposizioni direttamente precettive attinenti alle materie, o agli argomenti, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, aventi altrettanto indissolubili e irrinunciabili rapporti con il governo del territorio, o quantomeno la chiarificazione del coordinamento con tali disposizioni”.

Insomma, per farsi velocemente capire (forse) persino da un Properzi, un’organica e compiuta legge quadro statale in materia di governo del territorio dovrebbe assomigliare, più che ai testi dianzi citati, alle “norme per una nuova disciplina della materia urbanistica” del 1967, riportate in appendice al libro del Presidente onorario dell’I.N.U., Giuseppe Campos Venuti, intitolato “Amministrare l’urbanistica”, edito da Einaudi, in Torino, nel 1967 (un aureo libretto al quale sono personalmente assai legato, giacché diede una spinta risolutiva a farmi dedicare la vita al diritto urbanistico). Ovviamente, mi riferisco alla geometria espositiva e alla ricchezza dei contenuti, non al merito dei precetti.

Sul quale merito dei precetti, di quelli dell’opera che ho appena sopra ricordato (perché no?), e di quante elaborazioni sono intercorse negli ultimi decenni, e di quelli dei più recenti testi, da qualsiasi soggetto (culturale, politico, istituzionale) prodotti, sarebbe il caso di confrontarsi (e se del caso di contrapporsi, e di scontrarsi, pure duramente) anche nel dettaglio e nei particolari, invece di continuare a recitare ormai noiose generali e generiche giaculatorie. Confido che lo si faccia, auspicabilmente in una pluralità di spazi, ma quantomeno nel tuo (sempre più prezioso) sito.

Di cui non voglio approfittare troppo, in un’unica volta, per cui mi avvio a concludere. Non senza dichiarare la preannunciata mia reazione alla scarica di insulti a Vezio De Lucia con cui il Properzi tenta di surrogare la sua incapacità di intendere e di controargomentare. Mi ero iscritto all’I.N.U. in una fase della sua storia in cui esso era un’organizzazione chiaramente portatrice di specifiche posizioni culturali (e necessariamente “politiche”, nell’accezione più alta del termine) che condividevo larghissimamente (e che mi sentivo onorato di contribuire a sviluppare e a specificare). Ho progressivamente ridotto il mio impegno (anche soltanto a presenziare alle iniziative) nella fase in cui l’istituto volle dichiarare di essere un neutrale luogo di dibattito e confronto: non mi convinceva l’idea che l’Italia avesse bisogno di un’ulteriore accademia. Ho smesso di rinnovare l’iscrizione quando mi ho constatato che lo stesso istituto era ridiventato il portatore di specifiche posizioni culturali (e sempre necessariamente “politiche”, al di là del formalismo falsificante delle etichette di schieramento): diverse, e da me per nulla condivise. In presenza di una volgare, insulsa aggressione compiuta da un esponente dei vertici dell’istituto contro uno dei più lucidi e limpidi cultori del governo del territorio del nostro Paese, non posso che formalizzare la mia piena, irreversibile dissociazione, affinché suoni anche come nauseata condanna. Prego quindi il Presidente nazionale dell’I.N.U., che mi legge in copia, di fornire questa mia, nella sua interezza, al Consiglio direttivo nazionale dell’istituto, e chiedo formalmente di considerare la stessa quale presentazione irrevocabile di dimissioni da socio effettivo.

Se si potesse cominciare a discutere sul merito, e non su Properzi nè sull'INU! Faccio mio l'invito di Scano

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