Un lettore mi fa notare che la mia presa di posizione contro il ritorno italiano al nucleare (Repubblica del 17 e 21/3) mal si concilia con i precedenti articoli avversi alle «due fonti alternative fondamentali, l’eolico e il fotovoltaico». Ma allora, si chiede il lettore, dovremmo tornare al Medioevo? Cercherò di dissipare questo dubbio ma per l’immediato vorrei segnalare una preoccupazione ben più incombente. E, cioè, la ripresa della campagna per un ristabilimento pieno degli incentivi da parte, tra l’altro, di gruppi mafiosi più volte finiti tre le maglie della Giustizia e di politici che hanno fatto dell’ecologia uno strumento di influenze e tangenti. Ora gli incentivi per i due settori sono stati in Italia i più alti del mondo e i più dannosi per l’ambiente e il paesaggio. Tocco solo due punti: I) l’eolico è sostenibile, pur sempre con incentivi, se il vento spira quasi sempre e spira forte. In proposito i calcoli internazionali danno un limite minimo di funzionamento che si aggira mediamente sulle 2000 ore/anno per assicurarne una convenienza relativamente economica. Su questo plafond si basano i parchi eolici degli altri Paesi, mentre da noi i venti sono assai meno impetuosi ed hanno finora dato prova di poter spirare come dolci zefiri per 1.252 ore/anno in rapporto alla potenza installata. Un vero fallimento ma non per gli installatori, i gestori e soprattutto i «facilitatori», come vengono denominati i promotori-faccendieri che spesso perfezionano fino alla virgola il dossier per le autorizzazioni, costruzioni, incentivi, tangenti sottostanti incluse e che intascano il pattuito e rivendono l’affare ad altri.
La convenienza per tutti era fin qui assicurata dalla dimensione, la più alta del mondo, degli incentivi, rimborsi, certificati verdi e quant’altro.
Tremonti, dunque, non poteva certo tagliare scuola, cultura e spesa sociale lasciando indenne quest’orto protetto. Se una critica può esser mossa, tale da richiedere una modifica, riguarda la retroattività di taluni provvedimenti che colpiscono proprio alcune industrie del fotovoltaico che avevano agito secondo le direttive già impartite. Comunque, contro la potatura eolica, si leva ora il coro delle proteste trasversali che mette assieme «volenterosi» dei diversi schieramenti politici e qualche organizzazione ecologista «embedding». II) Per il fotovoltaico il discorso è diverso. A parte il costo altissimo di questa tecnologia, va considerato il disastro paesaggistico di migliaia di ettari di terreni agricoli ricoperti da praterie di specchi fotovoltaici (altra cosa sono i pannelli solari per l’acqua calda nelle abitazioni). Per contro grandi impianti fotovoltaici possono venire istallati senza danno sui tetti di capannoni, edifici industriali, strutture pubbliche e private con coperture adatte (stazioni, autorimesse, ecc.) e quant’altro non rovini il paesaggio. La priorità della salvaguardia deve, invece, essere assicurata per i terreni agricoli che fanno parte inscindibile del patrimonio ambientale.
Vi è, inoltre, da notare che appare assurdo concentrare gli sforzi solo sulle fonti rinnovabili elettriche quando l’elettricità rappresenta il 30% del contenuto energetico delle fonti primarie (per questo anche l’uso del nucleare avrebbe un effetto assai relativo sui consumi totali che potrebbe in gran parte essere sostenuto da usi energetici efficienti) mentre l’energia termica copre il 39,4 %. (e i carburanti il 22,2). Per contro è stato calcolato che le rinnovabili termiche possono dare ben il 49% dell’energia rinnovabile (attraverso la geotermia, i pannelli solari, pompe di calore, biomasse, caldaie a condensazione), valendosi di tecnologie italiane di avanguardia, e facendo parte integrante dei progetti di riqualificazione del tessuto residenziale e dei piani di efficienza industriale. Infine offrono opportunità per centinaia di migliaia di nuovi posti.
Eppur esse non sono state neppure individuate come tipologia dall’assurdo sistema di incentivazioni messo in piedi dai nostri governi.