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Eugenio Scalfari
Al centro si vince una favola elettorale
17 Agosto 2005
Articoli del 2004
Una critica serrata ai molti che sostengono che, per vincere le elezioni, bisogna puntare ad accaparrarsi l'elettorato di centro. Da la Repubblica del 27 ottobre 2004, un editoriale non domenicale del suo fondatore

Un cannoneggiamento sistematico, un fuoco di batterie campali cui seguono raffiche di mitraglia in attesa che entrino in campo le truppe corazzate. Questa è l´impressione che si ricava dall´esame di alcuni importanti mezzi di comunicazione che da molte settimane hanno lanciato una vera e propria offensiva mediatica con un duplice e molto evidente obiettivo: delegittimare la sinistra italiana, anche quella riformista e anzi soprattutto quella riformista; spostare al centro la linea del centrosinistra martellando lo slogan che al centro si vince, nella prospettiva di farlo diventare senso comune (o luogo comune che dir si voglia).

A condurre questa operazione mediatica e politica si sono mobilitati Bruno Vespa, Giuliano Ferrara, Panorama, Il Giornale, Il riformista, e soprattutto il Corriere della Sera e 24 Ore. La sequenza del quotidiano milanese è addirittura impressionante: coinvolge Della Loggia, Ostellino e Panebianco (ai quali fa eco Battista dalle colonne della Stampa) ma poi lo stesso direttore Stefano Folli con un duplice intervento domenicale. Infine, tra tanta ressa, si fa luce Giovanni Sartori che assume in proprio lo slogan «al centro si vince» confortandolo e rafforzandolo con la sua indiscussa dottrina, sicché quelle che erano fino a quel momento legittime quanto discutibili opinioni diventano assiomi scientificamente provati. Renato Mannheimer ? valoroso esperto in sondaggi ? ci mette sopra il bollo della statistica e il cerchio è completo. La fanteria, cioè i cronisti e gli intervistatori, seguono a schiere compatte. I titolisti fanno il resto.

Personalmente non credo affatto che i direttori delle testate alle quali qui si accenna e gli articolisti delle medesime si consultino tra loro. Sono ormai nell´albo dei decani di questa professione e ne conosco bene gli usi e i costumi. Consultarsi non è d´uso, ciascuno è libero nelle proprie scelte all´interno di limiti liberamente accettati e segue quindi le proprie convinzioni in (quasi) perfetta autonomia.

Se dunque un fronte mediatico così vasto e composito batte e ribatte sullo stesso tema da giorni e suona la stessa musica, una ragione ci deve pur essere. E la ragione sta nel fatto che gli interessi di riferimento di questo settore mediatico sono largamente comuni. Il loro Dna ideologico è comune.

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