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Tomaso Montanari
Agli islamici italiani diritti senza condizioni
3 Agosto 2016
Spazio pubblico
«I no della Curia fiorentina alla realizzazione di una grande moschea». Da un NO perentorio, dopo la svolta di papa Bergoglio, la Curia approda a un SI ipocrita che tortuosamente nega un diritto costituzionale.
«I no della Curia fiorentina alla realizzazione di una grande moschea». Da un NO perentorio, dopo la svolta di papa Bergoglio, la Curia approda a un SI ipocrita che tortuosamente nega un diritto costituzionale. La Repubblica, ed. Firenze, 3 agosto 2016

Mai dire la verità, specie se è ovvia. Lunedì ho scritto che se Firenze non ha una moschea, non è per colpa del destino cinico e baro, ma a causa di una irresponsabile catena di ‘no’ che non è estinta, ma si è solo ipocritamente travestita da ‘sì’. Un ‘sì’ vanificato da troppe condizioni. Le risposte non si sono fatte attendere. Prima è arrivata quella della Curia, affidata al sito del settimanale diocesano «Toscana Oggi». Vi si legge che «non risulta in nessun modo che Betori abbia espresso preclusioni in questo senso».

A me, invece, risulta. Durante l’incontro con la stampa del dicembre 2010, l’arcivescovo disse testualmente: «Non si può pensare Firenze fuori dalle sue radici cristiane. Per fare il loro Duomo a Firenze i cattolici hanno atteso mille anni … La moschea mi piacerebbe che fosse l’esito di un cammino, e non il suo presupposto». La moschea come esito di un cammino lungo mille anni?

L’anno prima Betori aveva emesso un altro altolà: «I modi vanno misurati e verificati su proposte concrete che, a loro volta, devono tener conto anche dei connotati storici della città, piena di simboli cattolici. Dobbiamo essere aperti a altre presenze, ma rispettosi della nostra storia». Nel marzo del 2011, poi, la Nazione sintetizzava così il punto di vista di Betori: «No alla moschea, sì ai luoghi di culto».

E nella lunga intervista al vescovo si leggeva: «Che cosa dobbiamo assicurare? Un luogo di culto? Ma la moschea è soltanto un luogo di culto? … Bisogna essere chiari: la moschea non è solo uno spazio per la preghiera è anche un luogo di cultura, d’istruzione. Non si può equiparare a una chiesa. Ci sono risposte molto articolate: per venire incontro al bisogno religioso non ho bisogno di una moschea, ma di più luoghi di culto».

Poi qualcosa è cambiato: l’elezione di Francesco (marzo 2013) ha reso impresentabile questa linea palesemente ostile. Ma intanto si erano persi anni cruciali.

E a giudicare dal resto della nota di Toscana Oggi la virata è più di forma che di sostanza. Si continua, infatti, a scrivere che «non mancano spazi nella città dignitosi e adeguati per un centro religioso che non può ridursi a un grande ambiente, ma richiede spazi articolati e che siano integrabili con il resto del territorio » (tradotto: no a una grande moschea). E si aggiunge che donare una chiesa sconsacrata alla comunità islamica «suonerebbe come una rinuncia del cattolicesimo alla propria stessa identità ».

Ebbene, da cristiano trovo questa posizione incomprensibile: perché l’unica identità cristiana è l’amore senza condizioni. Così come trovo inaccettabile che un pastore si nasconda dietro una cortina ipocrita di parole: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Matteo 5, 37).

La posizione della Curia non è meno sconcertante dal punto di vista della Costituzione. La nota di
Toscana Oggi condiziona infatti la realizzazione della moschea ad «una chiara adesione di tutte le comunità religiose presenti nel Paese ai principi concernenti la persona e la società codificati nella Costituzione italiana». In perfetta sintonia l’editoriale di ieri di Paolo Ermini sul Corriere Fiorentino: la moschea si potrà fare solo quando la città «la considererà un arricchimento, non un pericolo», e solo «a condizione che i musulmani che vivono e lavorano in mezzo a noi sottoscrivano il patto di lealtà con i nostri principi costituzionali». Una posizione più da Libero che da Corriere della Sera: coerentemente accompagnata dalla censura di Ermini a papa Francesco, accusato di «confondere». Quel che Betori ed Ermini non comprendono è che la Costituzione che credono di difendere riconosce ai cittadini italiani di fede islamica diritti che non possono essere sottoposti ad alcuna condizione.

Un terzo dei compagni di classe dei miei figli sono italiani musulmani dall’accento fiorentino: e nessuno ha il diritto di chieder loro alcunché. Esattamente come nessuno avrebbe avuto il diritto di chiedere alcunché ai cattolici ai tempi del terrorismo nord irlandese. Senza dire che un fantomatico esame costituzionale boccerebbe senza appello molti prelati cattolici (si pensi alla condizione femminile). Solo uno spaventato provincialismo travestito da difesa identitaria può continuare a confondere Islam e terrorismo. Ma il futuro di Firenze guarda altrove.

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