Mai dire la verità, specie se è ovvia. Lunedì ho scritto che se Firenze non ha una moschea, non è per colpa del destino cinico e baro, ma a causa di una irresponsabile catena di ‘no’ che non è estinta, ma si è solo ipocritamente travestita da ‘sì’. Un ‘sì’ vanificato da troppe condizioni. Le risposte non si sono fatte attendere. Prima è arrivata quella della Curia, affidata al sito del settimanale diocesano «Toscana Oggi». Vi si legge che «non risulta in nessun modo che Betori abbia espresso preclusioni in questo senso».
L’anno prima Betori aveva emesso un altro altolà: «I modi vanno misurati e verificati su proposte concrete che, a loro volta, devono tener conto anche dei connotati storici della città, piena di simboli cattolici. Dobbiamo essere aperti a altre presenze, ma rispettosi della nostra storia». Nel marzo del 2011, poi, la Nazione sintetizzava così il punto di vista di Betori: «No alla moschea, sì ai luoghi di culto».
Poi qualcosa è cambiato: l’elezione di Francesco (marzo 2013) ha reso impresentabile questa linea palesemente ostile. Ma intanto si erano persi anni cruciali.
E a giudicare dal resto della nota di Toscana Oggi la virata è più di forma che di sostanza. Si continua, infatti, a scrivere che «non mancano spazi nella città dignitosi e adeguati per un centro religioso che non può ridursi a un grande ambiente, ma richiede spazi articolati e che siano integrabili con il resto del territorio » (tradotto: no a una grande moschea). E si aggiunge che donare una chiesa sconsacrata alla comunità islamica «suonerebbe come una rinuncia del cattolicesimo alla propria stessa identità ».
Ebbene, da cristiano trovo questa posizione incomprensibile: perché l’unica identità cristiana è l’amore senza condizioni. Così come trovo inaccettabile che un pastore si nasconda dietro una cortina ipocrita di parole: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Matteo 5, 37).
Un terzo dei compagni di classe dei miei figli sono italiani musulmani dall’accento fiorentino: e nessuno ha il diritto di chieder loro alcunché. Esattamente come nessuno avrebbe avuto il diritto di chiedere alcunché ai cattolici ai tempi del terrorismo nord irlandese. Senza dire che un fantomatico esame costituzionale boccerebbe senza appello molti prelati cattolici (si pensi alla condizione femminile). Solo uno spaventato provincialismo travestito da difesa identitaria può continuare a confondere Islam e terrorismo. Ma il futuro di Firenze guarda altrove.