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Robert Pogrebin
A teatro per capire l'urbanistica
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Un dibattito e una commedia, per discutere senza seriosità di argomenti seri. Come si conviene. Dal New York Times, 22 febbraio 2005 (f.b.)

Titolo originale: In a Theater, Seeking Insights on Urban Planning – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Robert Moses e Le Corbusier non erano quello che si dice anime gentili, ma entrambi erano urbanisti di enorme statura. Le Corbusier, l’architetto, voleva riorganizzare Parigi per superblocchi. Moses, commissario ai parchi e urbanista per metà del secolo scorso, ha realizzato la maggior parte delle autostrade urbane e parchi di New York City. Ad ogni modo, entrambi i personaggi ora compaiono sul palco dell’Ohio Theater di Wooster Street a SoHo, nella frizzante commedia Boozy: vita, morte e successiva denigrazione di Le Corbusier e, più importante ancora, di Robert Moses. Dopo lo spettacolo di domenica sera, un gruppo di esperti, insieme all’autore del testo, ha discusso l’eredità di queste due figure e i problemi che solleva per la New York di oggi.David Evans Morris ha dichiarato che coi suoi collaboratori alla commedia (che si rappresenta da martedi fino al 5 marzo) era interessato ad esplorare “Come si realizzano le opere pubbliche in una democrazia”. Robert A. Caro lo sottolineava nella sua biografia di Moses, The Power Broker, del 1974: “ogni grande opera pubblica è stata realizzata in qualche tipo di regime autocratico”, come ci ricorda Morris.È un’idea che sembra risuonare nel dibattito su Groud Zero, prosegue Morris, di cui sinora solo la stazione PATH progettata da Santiago Calatrava è un pezzo di architettura apprezzato. In quanto progetto della Port Authority, la stazione non è stata sottoposta ai numerosi decision makers interessati al sito. “La democrazia non c’è entrata per niente” osserva Morris “e la stazione è bellissima”.Il clima urbanistico di oggi – dal sito del World Trade Center al proposto stadio Jets nel West Side – richiederebbe un’altro spettacolo teatrale, ha osservato Deborah Gans, autrice di The Le Corbusier Guide.”Dovrebbe essere un seguito, dove Danny Libeskind ha una parte che va oltre la comparsa”, dice, riferendosi a Daniel Libeskind, autore del progetto generale per Ground Zero. Aggiunge che questa nuova commedia dovrebbe includere tra i personaggi anche Bloomy (il sindaco Michael R. Bloomberg) oltre a Boozy (Le Corbusier).”È una battaglia olimpica” ha continuato, ragionando ad alta voce. “Moses freme, perché salta fuori che New York è di nuovo vuota. Ci sono strade e ferrovie che ne vogliono di più. C’è un grande vuoto postmoderno da riempire”.Anche l’architetto Rem Koolhaas avrebbe una parte, ha continuato Gans, precisando che le cose dovrebbero essere “extra grandi, extra grandi”, e il “popolo verde” dovrebbe partecipare con ragionamenti ecologici.Al dibattito, organizzato dalla rivista The Architect’s Newspaper, hanno partecipato David Grahame Shane, esperto di progettazione urbana, e Geoff Lynch dello studio H3 Hardy Collaboration.

Messa in scena dalla compagnia teatrale Les Freres Corbusier, la commedia è stata allestita da Juliet Chia e Alex Timbers, insieme a Morris, e scritta da Adam Scully. Diretta da Timbers, comprende musiche originali di Douglas J. Cohen e propone personaggi come il Governatore Nelson A. Rockefeller, il capo della propaganda nazista Joseph Goebbels, il sindaco Fiorello H. La Guardia e il presidente Franklin D. Roosevelt. Nella recensione per il New York Times, Charles Isherwood ha scritto: “Lo spettacolo è certamente utile come vivace, anche se molto libera, presentazione della carriera di figure leggendarie nella storia di New York City, ma dal punto di vista teatrale appare impacciata dalla monotonia di un tono comico autoreferenziale”.Shane se la prende col ritratto proposto di Jane Jacobs, che aveva scritto sull’importanza per l’urbanistica di mantenere la vita di strada, raffigurata come stridula arpia che lancia un croissant addosso a Le Corbusier (il suo fidanzatino, nella commedia) e organizza le casalinghe contro Moses. “Credo che siate stati davvero crudeli con Jane Jacobs, e senza alcun motivo” ha osservato Shane.”Ho visto che eravate perfettamente al corrente delle sue teorie” ha aggiunto, ma “lei è stata straordinaria nel mobilitare” le persone.Allo stesso tempo, ha osservato Shane said, la commedia mette in discussione alcuni temi di progettazione urbana. “Sono un acceso sostenitore della emergence theory” ha detto “ma ora mi fate dubitare di me stesso”. Nella commedia l’emergenza viene definita “componenti semplici si auto-organizzano a creare sistemi complessi e funzionanti, privi di qualunque controllo dall’alto”.Morris ha risposto che, insieme ai colleghi, aveva giocato con la Jacobs “soprattutto perché sentivamo che avesse chiaramente vinto”.”Ma, ha vinto?” replica Shane. “Questo è il vero problema”.

Fino a un certo punto, ha ricordato Morris, gli autori volevano giocare controcorrente, esaltando Moses, che è noto soprattutto per i suoi spietati sventramenti dei quartieri, e svilendo un po’ la Jacobs, ora tanto amata per aver sostenuto l’importanza di conservare il carattere locale. “Così, trasformiamo lui in un supereroe, e lei in un essere diabolico”.A parte questi colpi di scena teatrali, comunque, Morris ricorda che Moses non fu un personaggio semplice. “Quello che ha fatto ora lo diamo per scontato, ma nessun altro è stato in grado di realizzare tante cose, dopo di lui” dice.Shane ha osservato che il giudizio finale sull’eredità di Moses a New York dipende da “quanto si è verdi”.”Abbiamo imparato – Jane Jacobs a parte – che ogni cosa ha un costo: non possiam respirare l’aria, l’acqua è inquinata. È un dibattito molto, molto compl9cato, in definitiva”.Per quanto riguarda Le Corbusier, Shane ha osservato “Corb odiava New York, e voi in realtà non ne avete parlato”.La signora Gans ha aggiunto: “Si trattava di amore-odio. Era geloso della città, aveva qualche tipo di brama. Voleva l’argenteria”. E ha concluso che a Le Corbusier “questa commedia sarebbe davvero piaciuta”.”In fondo, era un teatrante ciarlatano. Le Corbusier è un nome da palcoscenico. Si è autocostruito la propria identità dopo la prima guerra mondiale. Aveva un prop – una bicicletta – e un cappello a bombetta”.

Nota: per chi fosse interessato, è disponibile anche un testo biografico/agiografico in italiano su Robert Moses, nel mio stagnate sito. Qui il link al testo originale della recensione sul sito del New York Times(f.b.)

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