Sul "manifesto" si è aperta una discussione sul futuro della sinistra radicale. Cioè di quei gruppi - o partiti, o parte di gruppi o partiti - che alle ultime elezioni europee hanno raccolto quasi il 15 per cento dei voti, che si collocano alla sinistra dell'asse Prodi- Fassino- D'Alema- Rutelli, che si oppongono ai valori del "liberismo" duro o temperato, che innalzano la bandiera del pacifismo e della resistenza alla globalizzazione americana, che credono nel valore-lavoro. Cosa devono fare per dare un senso alla propria forza? Cioè: quali sono i loro problemi strategici, politici, di programma, di comunicazione di massa? Come devono fare per mettere a frutto quel 15 per cento, e per usarlo in modo da spostare a sinistra l'Italia, visto che più o meno è questo il loro obiettivo comune?
Il problema lo ha posto Alberto Asor Rosa, storica colonna della intellettualità politica di sinistra da un più o meno quarant'anni. Asor Rosa ha scritto un articolo nel quale ha sostenuto quattro tesi. La prima è che quel 15 per cento di voti non può essere lasciato allo sbando e deve essere messo al riparo dalla litigiosità, dalle incomprensioni e dai piccoli dissensi che separano i vari partiti e gruppi che lo hanno raccolto. Dunque occorre una operazione di unificazione politica. Un partito? Non corriamo troppo, vedremo. La seconda tesi di Asor Rosa è che questa unificazione politica diventa sempre più urgente nella misura in cui si sta realizzando una operazione di unificazione della sinistra moderata. Un centrosinistra serio ha bisogno di due gambe, e la gamba di sinistra deve essere robusta, e deve essere parte organica dell'alleanza. La terza tesi è che nessuna unificazione politica è possibile se prima non si compie una unificazione culturale. Cioè se non si risponde a questa domanda: "può esistere una cultura di sinistra nelle condizioni date della globalizzazione? E quale può essere questa cultura di sinistra?" Infine Asor Rosa sostiene una quarta tesi: tutto questo deve avvenire nel rispetto del bipolarismo, e cioè in uno schema di alleanze organiche e di alternanza tra i due blocchi di destra e di sinistra al governo del paese. Asor Rosa dice che se si cedesse alla tentazione di rinunciare al bipolarismo per tornare al proporzionale, la sinistra radicale perderebbe tutta la sua forza e la possibilità di incidere nel governo dell’Italia.
Su queste quattro tesi è iniziata la discussione. Molti consensi per Asor ma anche molte critiche e molti distinguo. Oliviero Diliberto, il segretario dei “comunisti italiani”, ha sposato in pieno le tesi di Asor Rosa, ponendo in questo modo la questione: è all'ordine del giorno la battaglia per sconfiggere le destre. La sinistra radicale deve partecipare in modo unitario a questa battaglia se poi vuole avere un peso adeguato nel centrosinistra che sarà chiamato ad assumere il governo del paese. Rossana Rossanda e Marco Revelli - due intellettuali molto influenti nella sinistra - hanno ragionato su un altro aspetto della questione. E cioè sull’analisi del Berlusconismo e della sua crisi. La Rossanda ha fatto osservare che ci troviamo di fronte a una singolare situazione politica: la destra è messa in difficoltà politica, e forse addirittura è sconfitta, da una iniziativa del centro moderato; mentre la sinistra e il centrosinistra restano alla finestra e fanno politologia (nel migliore dei casi) invece che politica. Naturalmente questo fatto cambia la natura e la qualità della sconfitta della destra.
Revelli - con una analisi simile - ha paventato la sconfitta di Berlusconi e la sopravvivenza del berlusconismo. E cioè ha avanzato l’ipotesi che la fine dello schema politico di questi anni (con la persona di Berlusconi al centro di tutte le reti di potere del centrodestra) non significhi la fine del berlusconismo, come ideologia capitalistica moderna (”arricchitevi e ponete l’aumento del successo e della ricchezza personale come valore centrale e interclassiste dell’Occidente”). Revelli teme che il centrosinistra si candidi ad una guida temperata del berlusconismo, che ne elimini gli eccessi e ne salvi l’anima e la sostanza.
Cosa c’entrano queste analisi con la questione posta da Asor Rosa? C’entrano, perché Rossanda e Revelli approvano la richiesta di unità avanzata da Asor, ma non ritengono che questa richiesta possa precedere una operazione di chiarezza sulle strategie della sinistra radicale, e cioè sul progetto di società deberlusconizzata e sulle vie per realizzarla (del resto lo stesso Asor Rosa aveva posto il problema, domandando: quale cultura per la sinistra di alternativa?). Qui Revelli e Rossanda si dividono, perché Revelli si pone essenzialmente il problema di creare valori nuovi dal basso (a partire dal territorio, dalle città, dalle amministrazioni, dalle reti di solidarietà) mentre Rossanda chiede soprattutto di incidere sulle istituzioni, anche sulle più alte, dunque pone la questione del governo.
Vedete bene che tutta questa discussione avviene con idee e anche con terminologie politiche così lontane da quelle della politica ufficiale, da rendere molto difficile una unificazione tra questo dibattito e quello che si svolge all’interno dell’Ulivo. Se quello di Asor era un tentativo di avvicinare le due sfere di discussione, non è riuscito.
Nel dibattito aperto da Asor Rosa è intervenuto anche Fausto Bertinotti. Il quale approva il richiamo alla necessità di ricercare una cultura della sinistra che tenga conto dei dati nuovi della globalizzazione. Contesta però ad Asor Rosa sia la sua idea di porre la sinistra radicale organicamente all’interno del centrosinistra - come una sua componente fissa e riconoscibile - sia la proposta di rendere eterno il bipolarismo. Bertinotti pensa che il bipolarismo sia una gabbia dalla quale uscire, e che la sinistra radicale non può rinunciare alla sua autonomia politica come prezzo da pagare ad una alleanza organica di centrosinistra. Bertinotti dice che il problema di come la sinistra possa partecipare eventualmente al governo, e di come possa influire sul governo, è un problema vero e attuale. Ma oggi - dice - si tratta di sciogliere questo nodo: quale è il fuoco del progetto della sinistra? E’ il governo, cioè il raggiungimento di uno strumento di potere, o invece il fuoco sta nei movimenti, e cioè nel rapporto fluttuante con un insieme di mondi, di idee e di conflitti che non è possibile “fissare” in una organizzazione, nè subordinare a interessi superiori e a ragioni di Stato?
Naturalmente per Bertinotti il fuoco sta nei movimenti. Lui pensa che l’avvicinamento, o l’ingresso, nell'area di governo, possa essere un passaggio, ma deve restare uno strumento del progetto e non diventare il progetto stesso. Per questo - sembra - il leader di Rifondazione comunista non sente come urgentissima la necessità di una unificazione politica o organizzativa di partiti e gruppi, ma sollecita invece una unificazione di programmi e idee. Propone una costituente della sinistra per l'alternativa, che sia un luogo di elaborazione e di alleanza programmatica tra gruppi, partiti, individui, pezzi di sindacati.
Dunque l’ipotesi della creazione di un partito di sinistra del 15 per cento che si affianchi all’alleanza riformista (del 30 o del 35 per cento) non è una ipotesi concreta? Probabilmente no. Molti nella sinistra iniziano a pensare che i partiti hanno ancora un ruolo e un senso nella politica moderna, ma non più il ruolo fondamentale ed esclusivo e totalizzante che avevano una volta. E che persino la politica delle alleanze (caposaldo di tutta la politica italiana da De Gasperi, a Togliatti, a Moro, a Berlinguer) che è sempre stata intesa come politica delle alleanze tra partiti, possa cambiare la sua natura. Possa diventare una politica di alleanze tra correnti di pensiero, che attraversa i partiti, senza scomporli, senza metterli in crisi, senza scinderli. Forse la “scissione” - categoria politica principe nella politica del ‘900, attorno alla quale ruota l’intera storia dei partiti politici - è ormai decaduta e morta. Chi si attarda a evocarla, esaminarla, temerla, minacciarla, perde tempo.
In vista delle elezioni, per esempio, potrebbe realizzarsi una alleanza di programma di sinistra tra uomini e gruppi di molti o tutti i partiti del centrosinistra. Che imponga all'alleanza dell’Ulivo di fissare un programma di governo molto diverso da quello del 1996. (disarmo, apertura delle frontiere, fine della flessibilità, reddito di cittadinanza, Europa sociale eccetera...). In questo modo, pur lasciando aperta la questione organizzativa, la sinistra radicale potrebbe trovare lo spazio per dire delle cose sulla via lungo la quale superare il berlusconismo, come chiede Revelli.