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Alberto Statera
"A salvare la nostra terra dallo scempio non sarà quelli lì, ma 'a Maronna"
23 Ottobre 2010
I tempi del cavalier B.
Dopo oltre due anni di Berlusconi&Bertolaso i cittadini di Terzigno dichiarano: “Essere civili non serve”: è la resa della democrazia repubblicana. Da la Repubblica, 23 ottobre 2010 (m.p.g.)

Terzigno, provincia di Kabul, esibisce oggi alla luce del sole, dopo la notte della follia, le sue insondabili antinomie.

Spuntano tra le macerie i resti di un tricolore bruciato per disprezzo contro uno Stato infingardo e patrigno, mentre qualcuno, come già avvenne nella notte dei fuochi e dei sassi, intona patriottico Fratelli d'Italia e stende un altro tricolore intatto dinanzi agli agenti in tenuta antisommossa. "Ma l'inno nazionale non è servito la notte scorsa a fermare i poliziotti", lamenta una pasionaria del presidio antimonnezza. Oltre una curva, quattro ceffi lanciano taniche piene di ettolitri di petrolio nei pressi di via Cantinella, il cui nome grazioso è impresso su una nera pietra lavica, a non più di cento metri da un deposito di Gpl. Poco più in là rispetto al criminale imbrattamento un gruppetto di ragazzini delle medie generosamente si affanna, ma invano, per spostare con improbabili leve i tronchi pesanti tonnellate degli alberi abbattuti sulle strade con le seghe circolari. Una delegazione di commercianti cittadini solidarizza con l'intifada della Rotonda Panoramica, nonostante alcuni di loro abbiano avuto le vetrine dei negozi spaccate e le serrande sfregiate. Gli organizzatori della sagra della sfogliatella, pur destinata al fallimento, non si lagnano per le bellicose occupazioni serali dei compaesani che li allontanano dal consumo delle loro delizie e della penuria di visitatori da fuori.

Il panorama della Rotonda cambia molte volte di metro in metro e tra il giorno e la notte. Persino negli odori. Non c'è traccia di puzza oggi nell'aria, ma un salubre odore di resina dei pini centenari abbattuti senza pietà con imprevedibile perizia. Non c'è un solo gabbiano grasso come un maiale nel cielo, solo il rombo degli elicotteri della polizia e dei carabinieri. Stasera, insieme all'arrivo del redivivo Bertolaso, che di questa temperie rivoltosa e rovinosa porta cospicue responsabilità, è annunciato l'arrivo della Madonna, nonostante l'autentico furore provocato dalle parole di Berlusconi dopo il consiglio dei ministri, all'insegna del tout va bien madama la marchesa, e dal presidente della regione Caldoro, "'o cagnolino ai piedi del padrone, lì a sbavare vicino a 'o boss come i poveri sindachelli nostri". Il sindachello di Boscoreale Gennaro Langella, che si è dimesso dal Pdl, dice ironicamente che se in dieci giorni Berlusconi risolverà un problema irresoluto da tre lustri, andrà fatto subito santo.

La Madonna della Neve in effige dinanzi ai compattatori, i camion che nella notte scaricano le schifezze di Napoli, è annunciata da Brigida Avieno, professoressa di inglese molto british e anche molto incazzata: "La Madonna della neve fermò la colata di lava nel 1906, chissà che non riesca a fermare ora lo scempio di questa terra nostra che era generosa di prodotti straordinari e che affascinò persino Goethe". Oggi Lachryma Christi e Falanghina, i vini di questa zona, li rimandano indietro, i pomodorini del pendolo, conosciuti dai grandi chef di tutto il mondo, e le crisommole, le strepitose albicocche locali, sono ormai introvabili. "Io faccio la raccolta differenziata - racconta Brigida, reduce da un viaggio di studio a Edimburgo - poi vedo che la mia immondizia la mischiano con quella di Napoli che la differenziata non la fa, in un'unica schifosa poltiglia che dai compattatori disperde percolato per le nostre strade. Perché allora la monnezza napoletana non la buttano da loro, lì nell'area di venti ettari dell'ex Italsider, invece di avvelenare la terra delle nostre radici, dove mio nonno nacque nel 1850?" "Chissà se è perché a Napoli si vota a marzo e Berlusconi non può permettersi di perdere le elezioni nel capoluogo", interviene un'altra insegnante-politologa sotto un cartello che dice: "Berlusconi infame, vergogna d'Italia, hai perso il sud!".

Come Brigida, c'erano tante donne anziane, vecchi, giovani e bambini a lanciare di tutto contro i poveri autisti dei camion della vergogna, che fuggivano terrorizzati. Come se in un delirio di odio montante per le promesse tradite dalla destra, che qui fece una mietitura straordinaria di quasi l'80 per cento dei voti garantendo che mai si sarebbe fatta la seconda discarica nella Cava di Vitiello proprio adiacente a quella di antica proprietà camorrista di Sari, si fossero saldati buoni e cattivi, ricchi e poveri, uomini e donne, vecchi e bambini, berlusconiani e antiberlusconiani, contadini e commercianti, vigili urbani e camorristi, preti e ultras degli stadi.

Eppure, questo è un popolo antropologicamente pacifico, che nei secoli ha subìto tutto senza protestare, dalla lava al dominio dei Borboni, che alla falde del Vesuvio costruirono la Reggia di Portici e le splendide ville vanvitelliane della corte. La delinquenza della droga - garantiscono - è arrivata soltanto con il Piano Napoli, dopo il terremoto del 1980, quando qui si fece l'edilizia per i napoletani del centro storico.

Ma questo popolo bonario, che rivendica la sua civiltà, portato al furore, partecipa a una violenza incontrollata, che viene dalla pancia e travalica il cervello. Senza nessuna traccia di pentimento. "E sa perché?" spiega una donna anziana del gruppo-Brigida, che confessa di aver lanciato anche lei un bullone o comunque qualcosa che la notte prima si era trovata in mano al momento dell'incedere della colonna di compattatori. "Perché per due anni abbiamo fatto comitati, fiaccolate, preghiere alla Madonna e nessuno se ne è accorto. Poi, al primo compattatore bruciato, siamo diventati un caso nazionale. Come se in questo paese dei paradossi occorresse fare i teppisti per essere ascoltati. Essere civili non serve".

I teppisti spuntano dal nulla in un attimo sui motorini, con i volti bendati e le targhe coperte, nonostante le decine di blindati di polizia e carabinieri che accerchiano tutta l'area. La collera si scarica ormai anche sui giornalisti, i cameramen, i fotografi: "Tenimmo pronte per voi 'e bombe a mano! Via di qui bastardi!". La tesi è che i media nascondono le notizie sgradite al potere, come quella di una donna incinta che avrebbe perso il figlio durante gli scontri e di alcuni manifestanti che sarebbero stati "massacrati" dalla polizia. Ma non risulta.

"Io non sono un massacratore - replica Alberto Francini, uno dei capi delle operazioni di polizia a Terzigno - e questa che vede qui intorno è per la stragrande maggioranza gente per bene che difende la propria vita e i propri beni. I violenti sono pochi professionisti che spesso lo fanno diciamo per sport, come negli stadi. Ma la situazione, vissuta da qui, sembra pericolosamente senza sbocco, se qualcuno non tira fuori una soluzione dal cilindro". Franco Matrone forse porta ai rivoltosi la notizia che esce dal cilindro. Dopo l'esposto dei sindaci, di Legambiente e del presidente del Parco del Vesuvio che chiede il sequestro cautelativo della cava per le infiltrazioni di veleno nelle falde acquifere, il procuratore di Nola ha aperto un'inchiesta. L'intifada finirà con il sequestro della cave? Scende la notte sulla Rotonda della rivolta e Bertolaso si rintana a Napoli in prefettura, dove riceve i sindaci, con le stesse promesse di due anni e mezzo fa. A Terzigno, provincia di Kabul, non ha il coraggio di salire. "Stanotte ci può dare una sola buona notizia", dice il sindaco di Trecase Gennaro Cirillo: "Che si dimette". Il carisma profuso dall'uomo del fare non abita più sotto il Vesuvio berlusconiano. La pazienza ora è finita sotto un mucchio inestinguibile di monnezza.

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