«la creazione di un modello di accoglienza per richiedenti asilo, il sindaco di Riace Mimmo Lucano va avanti su un un’altra questione vitale: l’acqua come bene comune». Il manifesto, 17 agosto 2016 (c.m.c.)
E’ stato in marzo che il magazine Fortune ha inserito fra le cinquanta personalità più influenti del mondo, unico italiano, il sindaco di Riace per il suo impegno e lungimiranza nel costruire un modello di accoglienza per richiedenti asilo in grado di connettersi con piccole comunità calabresi a rischio di spopolamento. «La più grande opera pubblica che potevamo fare», commenta il sindaco.
Molti conoscono il modello di accoglienza di Riace (su questo giornale ne abbiamo scritto quando nacque nel lontano 1999!) , un modello che dimostra come i migranti potrebbero far rinascere le aree interne e spopolate del nostro paese.
Ma, come abbiamo proposto in altre occasioni ci vorrebbe un progetto su scala nazionale ed una nuova Riforma agraria che miri a recuperare case e terreni abbandonati ( e sono tanti non solo nel Sud), a far rivivere le botteghe artigiane, con l’inserimento lavorativo di italiani e migranti. Un progetto nazionale a cui Riace ha dato la prova che si può fare.
Di fronte alla sordità o ottusità dei governo nazionale il sindaco di Riace non si è arreso ed è andato avanti su un un’altra questione vitale : l’acqua come bene comune. Riace si sta liberando dalla dipendenza dalla Sorical, società mista con la multinazionale Veolia come socio privato, che in Calabria gestisce l’acqua pubblica e la fa pagare profumatamente ai cittadini, oltre a non investire nella manutenzione straordinaria di cui abbisognano i vecchi acquedotti della regione.
Un videro amatoriale presenta uno scroscio d’acqua violento che si abbatte su un secchio, acqua che spruzza, che deborda, che allaga tutto intorno, la scritta che accompagna le immagini dice: «Questa sorgente d’acqua ha visto la luce grazie al coraggio e perseveranza del sindaco di Riace Domenico Lucano, assistito dal geologo Aurelio Circosta, progettista e direttore dei lavori».
Non è stato facile, né tecnicamente, né dal punto di vista amministrativo. Sul piano tecnico, la falda acquifera è stata trovata in località Coltura, sinistra orografica del torrente Riace che collega l’abitato della Marina di Riace con il capoluogo comunale; dopo uno studio accurato condotto con elettrosondaggi, rilievi eseguiti nel dicembre 2015, grazie ad un lungo lavoro del geologo Circosta.
La relazione del geologo evidenzia il ritrovamento di colline argillose con una captazione della sorgente a 157 mt di profondità, mediante l’introduzione di una elettropompa sommersa è stato possibile valutare l’uscita dell’acqua di 25 litri al secondo.
Ma, come si poteva finanziare la ricerca e i lavori per il prelievo della falda, nonché la costruzione di una connessione all’ acquedotto comunale? Il ragioniere del comune di Riace mostrava al sindaco un bilancio preventivo 2016 dove non c’era un euro in più da spendere.
Con il coraggio che oggi è assolutamente necessario per gestire gli enti locali, Domenico Lucano decise di inserire in bilancio la metà del costo dell’acqua pagata alla Sorical nell’anno 2015, pari a circa 180mila euro, contando di terminare i lavori entro giugno 2016. In altri termini, il comune faceva un investimento con denaro che non aveva, ma avrebbe avuto al termine dei lavori con il risparmio sul pagamento dell’acqua nel periodo luglio/dicembre 2016.
Il sogno si è avverato. L’acqua è oggi a Riace davvero un bene comune e presto i cittadini ne vedranno chiaramente i benefici anche sul versante della spesa familiare (si stima un risparmio per famiglia di circa il 70% sulla bolletta dell’acqua).
E si tratta di un’acqua potabile, certificata, migliore di quella distribuita dalla Sorical. E’ stato possibile collegare il pozzo in località Coltura con una condotta del diametro di 200 mm e lungo 2500 mt. La potabilità dell’acqua viene rilasciata con certificato dall’Azienda sanitaria provinciale di Siderno il 24 maggio del 2016 «esito di conformità ai parametri di legge».
L’Arpacal evince la mancanza di minerali pesanti, di antiparassiti, di idrocarburi, batteri e composti organici, un aspetto positivo, segnala Circosta, da attribuire alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche del giacimento, l’acqua protetta da una coltre argillosa impermeabile che garantisce l’impossibilità alla contaminazione da agenti inquinanti e assicura la potabilità per il presente e il futuro.
Era il 2009 quando un campo di lavoro dell’Arci ragazzi provenienti da molte parti d’Italia aveva visto decine di giovani lavorare sotto il sole per costruire murales, uno di questi riguardava la casetta con fontanella e la scritta «Acqua bene comune». Nel Il paese dei Bronzi (2010) di Vincenzo Caricari, uno dei primi documentari su Riace, testimonia un consiglio comunale dove il sindaco di Riace propone di inserire nello Statuto «l’acqua è un bene pubblico e tale deve rimanere».
Altri comuni calabresi, in testa quelli della Sila e preSila, stanno seguendo la stessa strada, territori ricchi d’acqua finora malgestita (numerose le interruzioni di forniture idriche) e sfruttata da privati e politici corrotti.